Il Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov prende vita su Apple TV in tutta la sua complessità, per ricordarci l’importanza della conoscenza, della memoria e dell’umanità
La portata letteraria di un’operazione come Fondazione non deve spaventare gli spettatori. Il materiale è vasto e intricato, ma nonostante possa intimorire l’approccio usato verso il Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, in verità il lavoro svolto dai creatori Josh Friedman e David S. Goyer si dimostra ai suoi primi episodi denso eppure di facile comprensione.
Gli universi sono tanti, i personaggi e i salti nello spazio e nel tempo anche, ma è la chiarezza espositiva che gli ideatori della serie Fondazione hanno voluto applicare a permettere un coinvolgimento maggiore da parte del pubblico, per condurlo in una galassia di cui si potrebbe rimanere impauriti vista la sua evidente complessità, cercando perciò di limarla il più possibile da rendere così il viaggio verso l’ignoto quanto più decifrabile e lasciandoci ammirare lo sforzo produttivo di Apple TV, che punta tutto sui meandri della fantascienza e della sua ricerca costante.
Quella di un luogo in cui ripararsi, pianeti da dover lasciare per poter continuare a respirare a dispetto di catastrofi che vorrebbero sopravviverci stracciando via qualsiasi organismo. È l’inseguimento perpetuo dell’essere umano di un posto sicuro in cui continuare a condurre la propria esistenza, proiettato verso l’esplorazione di dimensioni vergini eppure sempre cosciente che la sola vera componente a tenerci in vita è la presenza dell’uno per l’altro.
I calcoli matematici e umani della psicostoria
È infatti la razza vivente quella che sta rischiando il collasso in un’oscurità che potrebbe durare per trilioni di anni. Periodi bui che gli Imperatori detentori della pace in Fondazione non vogliono neanche immaginare, lasciando profezie e calcoli allo studio della psicostoria, quella che rivela l’imminente fine del mondo come lo hanno conosciuto i personaggi.
Teoria approfondita dal dottore Hari Seldon (Jared Harris), il cui prospetto basato su numeri e algoritmi è quello di una vicina dipartita degli esseri tutti che avverrebbe nel giro dei prossimi cinque secoli. Un vero e proprio disegno – di quelli superiori, intessuti da divinità occulte e sempre celate agli occhi degli umani – di cui a farne parte è la giovane Gaal (Lou Llobell), il cui talento nella matematica contribuirebbe all’accorciamento dell’oscurità predetta.
L’obiettivo dei personaggi di Fondazione è porre un seme per una ricostruzione inevitabile, ma almeno avvantaggiata, e ancor più l’opportunità per lo spettatore di intraprendere questo colossale viaggio tra le stelle consapevole della difficoltà che tale obiettivo potrebbe comportare, accettandone comunque tutti i rischi.
Il pubblico vuole dunque far parte di una missione per cercare di preservare la conoscenza minima e fondamentale da cui poter far ripartire l’umanità dopo il suo momento di stallo. Cercare di impedire di fare del tempo il carnefice di un numero incalcolabile di persone e, ancor più, della loro memoria, centro essenziale dello scopo e dell’animo delle opere di Asimov, che la serie radica al proprio interno per fare in modo di creare un universo sci-fi in grado di colpire l’occhio e l’immaginario.
Gli ambienti e le architetture di Fondazione
Fondazione è pura opulenza fantascientifica. È ciò a cui aspiriamo quando vogliamo toccare con mano le meraviglie dello spazio. È l’epicità che solamente un orizzonte talmente grande può contenere, rivelandoci ad ogni scorcio una bellezza rimasta celata e pronta ad illuminare per la sua magnificenza e brutalità. È l’ambientazione che circonda i personaggi, è il mare su cui Gaal saluta la sua famiglia e i flash colorati che vediamo riflessi nel suo sguardo quando si sposta dalla sua vecchia casa a quello che sarà il suo futuro, quello di tutti.
È la reggia degli Imperatori, l’Affresco delle anime che padroneggia nelle loro camere e le tinte saturate che ne esaltano le rappresentazioni. È architettura, struttura. È l’universo che sta per crollare e che deve per questo venir mostrato al massimo, prima di vederlo ridotto in cenere. È un’immensità contenuta nelle puntate di una serie che se desidera la semplicità per il proprio racconto, esige la più impegnativa delle fatiche per erigere un cosmo incontrastabile.
E, in queste regge astrali in cui sentirsi minuscoli a confronto, i protagonisti di Fondazione cercano di preservare il loro presente perché abbia ancora il proprio senso nel futuro. Cercano di mantenere il buono, di conservare il bello. Rimembrare sarà il compito di quel manipolo di eroi che sapranno trovare uno spiraglio per accorciare l’oscurità del domani.
Che è poi tutto quello che Friedman e Goyer fanno con la loro serie: tengono in mente il passato (dai libri di Asimov al panorama fantascientifico), lo utilizzano per plasmare il loro lavoro e sperano possa avere rilevanza per qualcun altro. Per gli spettatori, che non sono altro che uomini. Tutto in nome della loro conoscenza, tutto in nome dell’umanità.
Fondazione è su Apple TV.