Al Roma film festival è arrivato uno dei più grandi e rivoluzionari artisti della storia del fumetto: Frank Miller
Abbiamo avuto modo di poter parlare dal vivo con lo storico padrino di Batman, insieme a Silenn Thomas, regista del documentario che ne ripercorre la splendente carriera: Frank Miller – American Genious.
Com’è partito il progetto? Come vi siete incontrati? Come avete scelto gli argomenti da trattare?
Silenn Thomas: Ci siamo incontrati sul set di 300. Lavoravo come produttrice, ho incontrato Frank e lui, da quel giorno, ha sempre voluto collaborare con me e per questo siamo arrivati qui.
Il tema di questo documentario? Beh, da piccola non leggevo comics, non è mai stato un mondo capace di catturarmi, ma molti colleghi mi avevano fatto notare come non ci fosse un documentario su di lui e così mi sono chiesta “Perché non farlo?!”.
Sono andata da Frank e mi ha detto “Facciamolo, ma solo se lo ci sei te”
Abbiamo realizzato una storia interessante che serviva sia per i fan che per chi non lo conosceva. È un documentario che, una volta terminato, volevo vedere io stessa. Ho scoperto un mondo incredibile, pieno di elementi affascinanti e ricchissimo di storia.
Frank come è stato raccontarsi attraverso questo documentario?
Ho avuto una guida straordinaria, perché Silenn ha strutturato il progetto e ha organizzato tutto quanto in maniera autonoma, comprese le persone che hanno partecipato, lei ha scelto gli elementi e si può dire che è alla fine è tutto un suo progetto. Di conseguenza lavorarci è stato estremamente facile.
Il documentario ci fa capire che le prime cose veramente importanti che hanno portato il successo a Frank Miller sono stati i lavori su Batman, staccandosi dalla Marvel e poi mettendosi in proprio. Come funziona in questo mondo il copywright? Poteva portare via un personaggio pesante come quello DC e lavorarci autonomamente?
Frank Miller: Funziona così. Quando, per esempio, ho iniziato a lavorare su Sin City, il risultato è stata una mia esclusiva, ma su personaggi come Batman e Superman il lavoro è per conto dell’editore che ne detiene i diritti e che ti dice “Frank vediamo cosa riesci a fare con questo nostro giocattolo”.
Silenn Thomas: Io ho un passato di cinema, non di fumetti, ma ho imparato tanto. Frank ha iniziato a lavorare a 19 anni con la Marvel, da giovanissimo, e succede come in tutti i campi, ti danno delle opportunità che via via ti permettono di farti un nome, come nel caso di Frank Miller. In questo caso è stato possibile rendere la gente consapevole delle sue capacità. Frank scriveva le storie nel mondo dei fumetti e ciò gli ha permesso di raggiungere un livello di libertà tale da essere proprietario del proprio lavoro. È un viaggio che vale per qualsiasi artista.
Come sarebbe stato il continuo di All Star Batman e Robin (lavoro mai terminato)?
Frank Miller: Quando ho iniziato a lavorare su questi personaggi, che esistevano da moltissimo, ho cercato di guardarli come se fossero stati creati da poco. Per avere una visione non condizionata per chiedersi perché un pazzo dovrebbe assumere l’aspetto di Joker? Cosa si proverebbe ad essere l’uomo più intelligente del mondo e vestirsi da pipistrello e andare a caccia dei criminali?
Ho cercato di creare un Batman sconsiderato, più forte di chiunque, senza paura. Aveva bisogna, però, di qualcosa nella sua vita che lo riportasse alla realtà e per questo ha avuto la fortuna di trovare questo ragazzo e di assumere un po’ il ruolo di padre, diventando il l’eroe responsabile che conosciamo oggi.
Cosa ne pensa del percorso cinematografico di Batman? Recentemente è uscito il trailer dell’ultimo film di Matt Reeves.
Quando l’ho visto ho pensato che quella mostrata fosse una bella Batmobile. Pattinson ha l’aspetto di un Batman efficace, mentre lei sembra una bella Catwoman e ho le aspettative di un qualsiasi fan. Spero sia un bel film.
C’è un grosso dibattito su eventuali adattamenti di Batman: Il cavaliere oscuro, secondo lei quale sarebbe la versione adatta?
Mi piacerebbe guardare attori sconosciuti provare la loro versione. Trovare qualcuno capace di portare qualcosa di nuovo nell’interpretazione di Batman. Quando ho fatto il cavaliere oscuro io pensavo all’estetica e alla voce di Clint Eastwood anche se il corpo era di Arnold Schwarzenegger.
I fumetti devono farsi carico di questioni politiche oggigiorno?
Lo facciamo a prescindere. Senza pensare al perché o al come. Ogni generazione di fumettisti ha affrontato temi politici. Dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda, fino a oggi. Che ci piaccia o no è così che facciamo, e credo che sia meglio adoperare la nostra intelligenza e i nostri principi per fare questo genere di lavori.
Negli Stati Uniti, ultimamente, sono stati creati molti personaggi femminili, cosa ne pensa di queste figure nel fumetto?
È bene che sia così, la mia parte l’ho fatta e ora è bello che altri stiano continuando così. Io da piccolo leggevo Superboy e anche lì molti personaggi erano femminili, idem in Superman e Batman, molti personaggi protagonisti ora sono femminili ed è un bene.
Quando vado ai festival fumettistici vedo tantissime donne in più, soprattutto grazie all’influenza giapponese. C’è voluto del tempo, ma anche questo mondo, finalmente, si è evoluto.
Alla fine del documentario si vede per la prima volta che lei si reca a Salonicco, ha qualche aneddoto? Molti neonazisti in Grecia hanno adoperato 300 come punto di riferimento, ne era al corrente?
Io sono stato in Grecia diverse volte, in particolare mi ricordo di un viaggio meraviglioso. Stavo studiando la storia e l’arte greca e mi appassionavo molto a questo argomenti, ma anche alle persone e al cibo. Ci fu un momento a Salonicco, durante uno scavo in cui stavano cercando la tomba di Alessandro Magno e vedere qualsiasi sua vestigia per me fu straordinario, perché è una figura che mi ha sempre appassionato. È assurdo pensare che in Grecia sia impossibile piantare un fiore senza trovare un reperto importante.
Volete un consiglio? Andate in Grecia, anche le rocce parlano!
Riguardo i nazisti, non lo sapevo, mi dispiace perché volevo solo lodare gli eroi di Sparta, se qualche idiota li adopera con folli finalità politiche non è affar mio.
Secondo lei quali sono le caratteristiche che rendono i fumetti immortali? È ancora interessato alla carriera da regista?
Parto dall’ultima domanda rispondendo: “Assolutamente sì”. Mettiamola così, conoscete qualcuno che ama guidare belle macchine? Secondo voi rifiuterà l’occasione di mettersi alla guida di una Ferrari? Io non rifiuterei mai, anche perché il cinema è il media più potente che ci sia e lavorarci è sempre gratificante.
Riguardo la sopravvivenza dei fumetti, deve sapere che sono morti almeno 5 volte e durante la mia vita almeno 2, non lo dice Frank Miller, ma è un dato oggettivo. Questo perché I fumettisti sono molto tragici e melodrammatici, vedono la fine del mondo ovunque. La prima crisi ci fu negli anni ‘50 quando iniziò la censura sui fumetti che venivano bruciati in pubblico, pensando che potessero incentivare la criminalità giovanile. Poi negli anni ‘60 c’è stata la crisi economica dei fumetti. In entrambi i casi sono stati i fan a salvare questo mondo, perché il sistema di distribuzione prese delle tinte molto particolari. Le persone “hippie”, all’epoca, solite vendere l’erba iniziarono poi a mettere in commercio i fumetti e riuscendo ad arrivare a tutto il pubblico. È stato assurdo, ma solo perché siamo difficili da schiacciare.