Frank Miller ha rivoluzionato il mondo del fumetto grazie a opere capitali, è riuscito a mettere in luce le ingiustizie del mondo il noir e il pulp
Tagliente, micidiale, crepuscolare, quasi caravaggesco, lo stile di Frank Miller è unico e graffiante, volto a scarnificare il tessuto sociale e morale del nostro mondo per mettere a nudo la corruzione e la violenza dell’ epoca in cui ci sentiamo smarriti. Regista, sceneggiatore, fumettista e disegnatore, Frank Miller ha una carriera eccezionale e si è sempre distinto in tutti i campi lavorando sia per la DC o per Marvel Comics, per cui ha ideato la pazzesca Elektra. Guadagnò parte della sua fama curando le pubblicazioni sul personaggio di Daredevil, in veste di sceneggiatore e disegnatore; memorabile la storia Daredevil- Amore e Guerra in collaborazione con Bill Sienkiewicz.
Non è semplice consigliare solo cinque fumetti per iniziare il caotico viaggio nell’universo milleriano, ma alcune opere sono davvero imprescindibili. Fumetti che nascono sia all’interno delle grandi serie blasonate o autonomamente, dove Frank Miller forse riesce a restituire al lettore la sua stessa anima dannata e in bilico tra l’inferno e il paradiso. Opere che non solo hanno fatto la storia del fumetto ma sono ancora oggi nel nostro immaginario grazie a diverse trasposizioni cinematografiche, dove Miller è intervenuto come sceneggiatore, tutte di grande successo. Dei veri cult. Inutile continuare, diamo il via a questa roulette russa di proiettili milleriani
Robocop, il cyberpunk postumano di Frank Miller
Nel 2019 l’editore Saldapress fece uscire un’edizione definitiva del materiale milleriano a tema Robocop a cura di Steven Grant, inclusi gli script originali del fim, ai disegni illustratori monumentali come Juan Josè Rip e Korkut Oztekin. Il volume ripercorre le vicende che fanno da seguito al primo film del franchise Robocop (1987), una storia cinica e iperviolenta ambientata in una Detroit futura e distopica dove la morte e la tirannia sono gli elementi chiave per interpretare le furibonde vicende del cyber poliziotto Alex Murphy. Un film che oltre ad essere un’avvincente narrazione hard boiled e noir è una delle prime opere cinematografiche del cyberpunk, corrente estetico-letteraria nata dopo la pubblicazione del romanzo Neuromancer di William Gibson.
Con stili viscerali e sanguigni i disegnatori supportano la narrazione dissacrante di Frank Miller che vuole distruggere e ridisegnare un mondo tecno-urbano dove la speranza è soltanto una delle innumerevoli variabili dell’equazione fallace della vita. Il poliziotto cibernetico non è il superamento dei limiti vitali e naturali, bensì viene visto come una molesta entità o al massimo come un hyper-oggetto da sfruttare fino all’usura totale. Il postumanesimo elaborato da Miller non è una visione positivista dove l’umanità raggiunge dei traguardi, bensì è la perdita stessa di quell’umanità che la Detroit di Miller ha disperatamente bisogno. Robocop è pura fantascienza che abdica al suo ruolo di conservatrice di ideali di progresso e si spoglia di qualsivoglia retorica per raccontare un futuro annichilente. La storia infatti è un continuo susseguirsi di tradimenti, proiettili, illegalità e ingiustizie. Quanto dolore è permesso spargere all’uomo per ottenere un briciolo di giustizia?
Frank Miller e la sua Sin City
A Basin City, conosciuta meglio come la città del peccato Sin City, tutto fa schifo. Dai liquori alle persone, per non parlare delle bettole che frequenta il protagonista Marv. Proprio tra un boccale di birra e l’altro in un bar così malfamato da sembrare l’inferno a qualsiasi carcerato il nostro anti-eroe (malato, inguardabile, sanguinario) conosce una donna-angelo dal corpo sublime. Goldie. Grazie a un intervento divino Marv riesce a passare una notte di fuoco con l’incantevole signorina per poi svegliarsi con i postumi della sbornia e con la distruttiva presa di coscienza di dormire con un cadavere. Qualcuno nel sonno aveva ucciso Goldie senza lasciare traccia, senza inscenare un delitto violento. Una tattica per mettere Marv alle strette e farlo incriminare?
Nemmeno il tempo di elaborare la perdita della sua nuova fiamma e già i poliziotti irrompono nella sua camera per mandarlo sulla sedia elettrica. Marv invece manda al tappeto i poliziotti e si lancia dalla finestra. Con il volto rigato dal sangue e tormentato da una costellazione di schegge Marv progetta di lastricare le strade di Sin City con il sangue di coloro che lo hanno incastrato, di coloro che gli hanno tolto l’unica donna che era stata gentile con lui in tutta la vita. Sin City è un fumetto magistrale, sceneggiato e disegnato da Miller con un uso perfetto del bianco e del nero, opera fondamentale di un neo-noir visivo da cui è stato tratto anche un film cult nel 2005 diretto da Rodriguez. Sin City è politicamente scorretto, sleale, viscido, un arazzo pulp e tetro del nostro mondo fagocitato dalle ansie e ipocondrie delle grandi metropoli corrotte dal potere.
Batman, il Cavaliere Oscuro di Frank Miller
Il Batman di Miller prende vita in una realtà parallela e distorta dove il corteo dei supereroi DC è ormai invecchiato e Bruce Wayne non indossa il suo costume da più di dieci anni. Gotham è una città-cimitero che riassapora raramente i fasti in cui il Cavaliere Oscuro difendeva i cittadini, il commissario Gordon è sul punto di ritirarsi in pensione mentre una gang di criminali, i Mutanti, imperversa tra le strade della metropoli abbandonata da Bruce Wayne ormai mezzo alcolizzato e depresso. Come se non bastasse il criminale Due Facce, un tempo in cura psichiatrica, viene rilasciato su consiglio medico per poi tornare a progettare un piano per distruggere qualsiasi cosa.
Gotham è scossa da questa miriade di pericoli e invoca con spirito patriottico il ritorno di Batman mentre un’altra frangia del popolo è cinicamente convinta che lo stesso Cavaliere Oscuro possa essere una minaccia. Ma Bruce Wayne torna in pista. Il Joker stesso resuscita dal suo stato semi-comatoso e ammirando la sua nemesi in televisione si rianima per continuare a seminare follia e terrore a Gotham. Il Cavaliere Oscuro di Frank Miller è una storia anticlimatica che destruttura la figura degli eroi e dei buoni che in pieno stile milleriano mette in evidenze le bassezze dell’animo umano, è un fumetto che si sorregge sui dubbi, le debolezze e le sconfitte di quelle figure monolitiche e titaniche che ci avevano conquistato in passato. Tant’è che Neil Gaiman lo definì il “primo grande graphic novel supereroistico americano” e lo stesso scrittore di American Gods descrisse Batman come “una creatura oscura tanto quanto il mondo che sta combattendo”.
300 e l’epica spartana
Frank Miller realizzò per la Dark Horse Comics una rilettura epico-pulp dell’evento storico della battaglia delle Termopili che contrappose un manipolo di 300 opliti spartani (e alleati tespiesi) all’immensa armata straniera del Re dei Re Serse, sovrano dell’impero Persiano e di tutto il mondo conosciuto. Sceneggiato e disegnato dallo stesso Frank Miller con la potenza cromatica di Lynn Varley, il tratto struggente e disperato di Miller di unisce perfettamente all’esplosione dei colori di Varley e producono un miasma di sangue, follia e forza combattiva per una neo-epica fumettistica.
Il fumetto di Miller fu il soggetto del film 300 del 2007 che ancora dopo 14 anni è un cult iconico grazie ai meme, le frasi famose e le parodie e i vari omaggi. Un’opera truculenta e fantasiosa dove esotismo e surrealismo guerriero si fondono in una Grecia antica immaginifica e virulenta dove la spada e la lancia sono gli unici dèi in un mondo abbandonato dalla stessa speranza scoperta da Pandora sull’orlo dell’apocalisse. Gli spartani di Frank Miller sono ultra-uomini, figure indomite che mandano nell’Ade un numero infinito di persiani, tra cui il corpo specializzato degli Immortali. Miller ha anche canonizzato un certo tipo di immaginario per quanto riguarda il villain, infatti Miller (consciamente o meno) applica il queer coding ritraendo Serse come un personaggio fascinoso pieno di piercing e comportamenti promiscui che mettono in dubbio una “sessualità eteronormativa”. Cosa particolare visto che l’omosessualità in Grecia era un fatto ben comune.
Ronin
Probabilmente Ronin è una delle opere più sottovalutate di Frank Miller eppure è una di quelle che merita più successo. Bisogna anche ricordare l’amore di Miller per la storia orientale, passione coltivata pian piano anche con la lettura di manga (influssi molto evidenti in Elektra) e con il curare i disegni di una miniserie su Wolverine ambientata in Giappone.
Il ronin è un samurai senza padrone e, per gli occhi della cultura nipponica, una figura senza onore perché non può mettere la sua spada al servizio di un signore o di una causa onorevole. Miller invece rielabora i tropi del mondo feudale giapponese ai mondi futuribili del cyberpunk creando un sontuoso pastiche estetico-narrativo di rarissima potenza, usando inoltre un tratto sovraccaricato tipico dello storytelling cyberpunk codificato dal manifesto letterario di Gibson e Bruce Sterling. Infatti le vicende stesse inseguono un samurai senza padrone che ricorda uno spettro tormentato e che infesta le strade di una New York apocalittica e psichedelica. Con colori sporchi, fumosi e dirompenti la storia di Ronin è in bilico tra fantascienza e tavole che ricordano il ritmo del mondo cinematografico. La trama è molto semplice, demoni, gang, intelligenze artificiali. Tutto questo contro la spada di un uomo che non ha niente da perdere.