I Fratelli Sisters: non serve la polvere da sparo per fare un buon western
Il regista francese Jaques Audiard ci porta nell’Oregon del 1851, con I fratelli Sisters (dal 2 maggio nelle sale), il suo primo film in lingua inglese (dopo successi come Il profeta e Deephan) – nonché adattamento cinematografico di Arrivano i Sisters, romanzo di Patrick deWitt.
Quella che ci racconta è la storia dei fratelli Eli (John C. Reilly; che peraltro acquistò subito i diritti del film) e Charlie Sisters (Joaquin Phoenix), cacciatori di taglie, sicari e soprattutto pistoleri infallibili preceduti ormai dalla propria fama, alle prese con una missione datagli dal Commodoro: rintracciare e uccidere il chimico Hermann Kermit Warm (Riz Ahmed), dopo ovviamente avergli estorto una particolare formula per trovare l’oro. Sulle tracce dell’uomo c’è già John Morris (Jake Gyllenhaal), che ha il compito di controllarlo e monitorare le sue azioni prima dell’arrivo di Eli e Charlie.
Un cast d’eccezione dunque, che risulta assolutamente perfetto per lo scopo che si prefigge, ed ottiene, i Fratelli Sisters di Audiard, ovvero quello di essere western atipico, in cui si spara poco (ma bene!) e ci si concentra sull’introspezione dei personaggi e sul loro percorso evolutivo.
In un mondo spietato e feroce come quello del Far West, che ci ha da sempre abituato a protagonisti con lo sguardo truce, cowboy con una mano sul revolver e l’altra sul bicchiere di whiskey, c’è invece spazio per molta umanità, quella spesso celata sotto la polvere da sparo e quella sollevata dagli zoccoli dei cavalli, mostrandoci – a tal proposito – addirittura il tenero rapporto che può instaurarsi tra un pistolero e il suo fido destriero.
Se fino a ieri il genere western poneva in risalto la violenza, a volte anche fine a se stessa, con I fratelli Sisters questa viene bollata, pur offrendoci paradossalmente scene molto crude, a tratti nauseanti, che hanno lo scopo di catapultarci in un mondo barbaro caratterizzato dalla caducità della vita, ma anche di tenerci incollati allo schermo con trovate d’impatto, dandoci colpi di elettroshock improvviso nei momenti in cui il film tende a calare d’intensità.
Va da sé infatti che un’opera del genere non faccia dell’azione adrenalinica il proprio punto di forza; non è – come accennato già in apertura – un western in cui le pistole sparano di continuo, ma viaggia quasi dalle parti de L’assassinio di Jesse James, dove però la caratterizzazione dei personaggi era dovuta più alle grandi performance di Brad Pitt (non per nulla Coppa Volpi a Venezia in quell’occasione) e di Casey Affleck, che non a una scrittura formidabile. Ne I fratelli Sisters invece il lavoro degli sceneggiatori Thomas Bidegain e lo stesso Jacques Audiard è impeccabile e non lasciano nulla al caso. Col passare dei minuti piccoli tasselli vanno a delineare la psicologia dei pistoleri, dipingendo un quadro che ci parla di famiglia, di democrazia e di valori, concezioni solitamente distanti dalle opere di genere.
Il personaggio che ci sorprende più di tutti è quello di Eli, con un John C. Reilly in grado di prendersi la scena a più riprese, nonostante la spietata concorrenza di due mostri sacri come Phoenix e Gyllenhaal e un altro attore incredibile come Riz Ahmed. Eli ci sembra a volte un gigante buono, un uomo di una spiccata sensibilità, costretto a vestire dei panni che non sente affatto suoi, e facendolo pure decisamente bene pur di stare al fianco di suo fratello Charlie e di proteggerlo. Charlie, di contro, sembra tagliato per quel tipo di lavoro ma scopriremo strada facendo che anche la sua personalità è ben più complessa di quanto immaginiamo, e che dei grossi traumi possono far uscire il nostro lato oscuro e far sì che prenda il sopravvento su quello più candido.
Non è tutto oro, ma quasi
Questo mirabile affresco si avvale poi dell’eccellente tocco di colore dato dalle scenografie di Michel Barthélémy, che ci regala panorami mozzafiato durante le cavalcate tra radure e terreni scoscesi, in cui non mancheranno varie disavventure per i nostri protagonisti, mentre il doppio Premio Oscar Alexandre Desplat si cimenta in una soundtrack avvolgente, sebbene distante dalle classiche sonorità del genere.
In questa ambientazione si scatena una tripla caccia. Innanzitutto quella della ricerca dell’oro, considerato il mezzo per una vita migliore, ed anche quando lo si cerca una causa più nobile non è facile resistere al suo seducente fascino; e poi c’è la caccia degli uni contro gli altri. Chi c’è fugge e c’è chi insegue nell’intrigante western di Audiard, e in una realtà come questa cacciatori e prede possono scambiarsi di ruolo in un attimo o stravolgere gli obiettivi.
Infine la caccia al proprio Io, ad un indole spesso celata dal sangue e dalle pallottole e riposta dietro un muro di convenzioni e scelte obbligate.
Tutto questo, ne I Fratelli Sisters, cresce piano piano galoppando verso un finale che, tramite semplici gesti, sospiri ed espressioni del viso riesce a far arrivare un messaggio di serenità e dell’importanza dei valori primari, a prescindere da tutto.