Un Mash up al fulmicotone
I primi minuti di Furi per me sono stati paragonabili ai primi minuti di Demon’s soul. Non che i due giochi abbiano alcunché in comune, ma l’esperienza e la sorpresa sono piuttosto simili. Avviando il gioco sulla Switch, la prima cosa a cui ho pensato, esattamente come per il titolo From Software, è che la grafica non era minimante al pari di quanto visto in altri titoli. Poi la prima cutscene ha mostrato un pezzettino di storia e, di nuovo come in passato, è stato evidente che era tutto puramente un pretesto. Infine è iniziato il primo combattimento e, come per il primo capitolo della serie Soul, la sfida è stata elettrizzante e dannatamente difficile.
Ma procediamo con ordine e partiamo dalle basi di questo titolo sviluppato da The Game Bakers, piccolo studio indipendente con dimora in Francia.
Furi si apre con un’enigmatica cutscene nella quale vediamo il nostro protagonista agganciato ad un marchingegno che ha l’unico scopo di torturarlo per l’eternità. Ovviamente come da copione, un tizio vestito da coniglio libera il nostro eroe e, dopo avergli consegnato un’arma e una spada, lo invita a conquistarsi la sua libertà uccidendo gli aguzzini che lo hanno tenuto in cattività fino ad ora. Sin dalle primissime scene sono evidenti due cose: Furi gioca su una direzione artistica basata sui colori acidi e tinte molto forti, facendo il verso a quello stile estremamente saturo che si ritrova nei giochi revival/neon anni ’80; il titolo di the Game Baker è figlio di una produzione minore nella quale mancano completamente dettagli sia nella modellazione che nell’effettistica.
A farla da campione è il gameplay con una struttura difficilmente paragonabile a qualsiasi altro titolo in commercio fino ad ora: il gioco si basa su una serie di boss battle nelle quali l’utente dovrà vedersela con attacchi che mischiano l’hack ‘n’ slash puro e duro con una serie di sequenze prettamente “bullet hell” in un frullato senza soluzione di continuità, in grado di mettere a dura prova la concentrazione e i nervi del giocatore.
Le meccaniche di combattimento sono piuttosto semplici, ma richiedono tempismo e strategia per superare l’inferno che i diversi boss ci porranno davanti. Con lo stick sinistro controlleremo i movimenti del nostro protagonista, mentre con quello destro faremo fuoco con la nostra arma in linea con i titoli dual stick. Tenendo premuto ZR si carica il colpo, lanciando una sfera di luce che crea maggior danno. I tasti, invece, sono adibiti alla parte hack ‘n’ slash: Y per attaccare con la spada, A per parare, B per schivare. Su questa configurazione di base si innesta la componente tempismo: infatti, con l’avanzare della nostra ricerca di libertà e della difficoltà ad essa connessa, sarà necessario imparare a caricare l’attacco con la spada tenendo premuto Y e usare con riflessi felini A e B per evitare di essere spazzati via dai colpi dei nostri nemici. Il sistema di combattimento e la progressione ad esso connessa finisce qua. Non ci sono, infatti, skill da sbloccare, armi addizionali, armature o potenziamenti che cambiano il gameplay o rendono più forte il nostro personaggio. Chi evolve siamo esclusivamente noi. L’unico modo per sopravvivere in Furi è entrare in armonia con il sistema di combattimento, imparare i segreti a menadito (letteralmente) e diventare esperti dei tempi di reazione del nostro eroe senza nome.
Se il 50% del palcoscenico è del nostro protagonista, l’altro 50% va di diritto ai diversi Boss che incontreremo lungo il nostro percorso. Dobbiamo dire sin da subito che i ragazzi di The Game Bakers si sono impegnati per garantire una certa varietà nelle 10 battaglie disponibili durante tutta la campagna. Di solito, una volta sconfitto un boss, una cutscene viene presentata a schermo per poi condurci quasi direttamente alla boss battle successiva. Come da tradizione ogni battaglia ha una serie di step nei quali gli attacchi del nostro avversario si fanno sempre più serrati e letali. Il ritmo è quasi sempre concitato ed imparare a memoria i colpi di ognuno dei boss è praticamente obbligatorio, se si vuole arrivare alla fine del percorso e scoprire come va a finire la vicenda del nostro spadaccino senza nome. La varietà è assicurata anche da un character design di tutto rispetto che aggiunge una nota di colore alle battaglie, soprattutto se si tiene conto che dietro alle sembianze dei nostri avversari c’è la matita di Takashi Okazaki, il creatore del manga cult Afro Samurai.
Furi è un titolo che ci ha piacevolmente sorpreso, soprattutto per una produzione indie che ha avuto il coraggio di osare e sperimentare un audace approccio che mescola componenti da diversi generi. D’altro canto, seppur il titolo di The Game Bakers riesca a trovare un equilibrio in questo caos, ci sono delle sbavature che vanno a segnare l’esperienza di gioco profondamente, impedendogli di consacrarsi come un vero e proprio capolavoro. Non tutte le boss battle, infatti, mantengono gli standard a cui il gioco aspira, basandosi su combinazioni, attacchi e strategie che rendono la vittoria alquanto fortuita (e frustrante la sconfitta). In aggiunta a questo la mancanza di un sistema di progressione e una storia di spessore che diano una motivazione concreta ad andare avanti, lasciano il giocatore in balia della propria iniziativa ed esclusivamente della volontà di migliorare le proprie capacità, motivazione che può facilmente scemare lungo le 4 ore di gioco.
Verdetto:
Concludendo, questo viaggio dell’eroe attraverso la sua personalissima sfilza di battaglie al fulmicotone non è pane per tutti. Se avete amato la sofferenza degli hack ‘n’ slash cult di genere, la velocità dei bullet hell degli anni ’90 e la reattività dei dual stick, allora Furi è una miniera d’oro nonostante le sue pecche. Se, invece, siete tra quelli che cercano sulla loro console Nintendo un divertimento che faccia da contraltare allo stress di tutti i giorni, tenetevi lontani da Furi perché potrebbe distruggere i vostri nervi e non solo.