“Shall we begin?”
Tre parole. Tanto basta per poter riassumere una puntata di Game of Thrones che, a conti fatti, risulta essere un grande prologo per tutto quello che avverrà nel corso di questa settima e (ahinoi) penultima stagione del colossal realizzato da HBO. Nonostante il dover ancora attendere, arrivati a questo punto della trama, sia diventato estenuante, la domanda che ci poniamo è un’altra. L’episodio funziona? E la risposta, con nostra somma sorpresa, è un tiepido “nì”.
Rivedere i protagonisti di una serie che stiamo tanto apprezzando, gustarci i loro tipici affondi verbali e scambi di battute salaci è bellissimo. Ma per farlo, per permettere a tutti i protagonisti della vicenda di godere del proprio momento di gloria, qualcosa va sacrificato. E sfortuna vuole che questo sacrificio sia la trama.
Come spesso accade nella puntata di inizio stagione di questa serie, ci vengono presentati i diversi punti di vista dei personaggi e le loro momentanee preoccupazioni, cercando di riprendere le fila della narrazione interrotta più di un anno fa. L’inverno è arrivato a Westeros: il Re della Notte marcia verso la Barriera col suo esercito di non-morti, ma i suoi abitanti sono pronti? O la guerra che incombe tra loro porterà alla fine degli uomini?
Piccola premessa: trattandosi della recensione dell’episodio pilota, comprensiva di analisi di quanto visto e conseguenti aspettative sul resto della stagione, per forza di cose l’articolo conterrà qualche SPOILER. Se, pertanto, non avete ancora visto la puntata in esame, siete avvertiti.
A Clash of Queens
Sarebbe impossibile non notare come all’interno di Game Of Thrones, nel corso di tutte le stagioni passate, sia stato ripreso un punto fondamentale dei libri di George R. R. Martin. Le nobili dame di Westeros sono spesso il motore delle vicende. Al gioco del trono hanno costantemente partecipato e tirato le fila le donne. Se qualcuno poteva avere ancora dubbi su questa interpretazione, il finale della scorsa stagione era stato un segnale inequivocabile. Sansa Stark a Nord, Cersei Lannister a Sud, Daenerys Targaryen a Est e Arya Stark come scheggia impazzita, sono il fulcro della prima puntata di questa settima stagione e, ancora una volta, protagoniste della partita che si sta venendo a creare.
A dispetto del nome “Dragonstone”, che evoca l’epico arrivo della Madre dei Draghi nella sua dimora avita, l’episodio inizia con un personaggio che tutti noi pensavamo essere passato a miglior vita. Walder Frey, di cui avevamo ammirato lo splendido sorriso da orecchio a orecchio che Arya gli aveva disegnato sulla gola con un pugnale. E invece sembra in ottima salute: ha riunito la propria famiglia per un banchetto, offrendo loro da bere del vino speciale. Un flashback? No, per niente. In meno di quattro minuti dall’inizio della puntata l’intero casato dei Frey viene sterminato da un veleno messo all’interno del vino, per poi rivelare la verità che molti di noi avevano già intuito: Arya Stark ha assunto le sembianze del vecchio Walder, ingannandone la famiglia e portando, nei fatti, all’estinzione della sua linea di sangue.
La scena, per quanto ben fatta e gradevole grazie all’innata antipatia che è in grado di causare l’intera casata dei Frey e all’ottima recitazione di Masie Williams, sempre più calata nel ruolo della cinica assassina assetata di vendetta, sembra abbastanza fine a se stessa. Non fa proseguire la trama e non aggiunge niente a quanto non sia già stato visto nella scorsa stagione (in fondo con la morte del patriarca e dei suoi primogeniti la stirpe dei Frey era già finita). Eppure piace, si fa guardare e causa reazioni degne di un tifo da stadio. Un modo come un altro per strizzare l’occhio ai fan e dire loro “Bentornati a Westeros”. Il personaggio di Arya mantiene un ruolo abbastanza marginale nel corso di questa puntata, tuttavia sembra mostrare alcuni aspetti nuovi rispetto al passato. Sembra abbia imparato ad essere più scaltra, scegliendo attentamente come e quando uccidere ma, soprattutto, sembra ora dotata di maggiore sensibilità, riuscendo persino a mangiare in mezzo a un gruppo di soldati dei Lannister. Che poi riveli loro apertamente l’obiettivo di uccidere Cersei, sono dettagli.
Proprio da questo punto di vista, abbiamo una delle prime (poche) sorprese della puntata. Coerentemente col suo essere ormai un “lone wolf”, Arya sceglie di dirigersi ad Approdo del Re, dove hanno perso la vita suo padre e il suo mentore, per uccidere la donna che considera causa delle sue sventure, preferendo il tenebroso sentiero della vendetta al ritorno nel branco. In effetti era lecito pensare (e sperare) che Arya decidesse di fare ritorno a Grande Inverno, cosa che invece non avverrà, almeno per ora. Quanto al piano di uccidere Cersei, difficilmente pensiamo possa andare a buon fine. Quello che preannuncia è un confronto tra due donne fondamentali della saga, che non hanno mai avuto modo di misurarsi tra loro. Confronto da cui, al momento attuale, sembra poter uscire viva solo una delle due.
Parlando di casa Lannister, ci troviamo di fronte a una Cersei che sembra ormai diventata una copia più spregiudicata e mentalmente meno stabile del padre. Nonostante i tentativi di Jaime di riportarla alla ragione, di farle capire come ormai, con la morte del loro ultimo figlio, non ci sia più nulla per cui lottare e nessuna stirpe da salvaguardare, la regina degli Andali e dei Primi Uomini sembra intenzionata a non mollare la presa sul trono. E, per farlo, sceglie di allearsi con Euron Greyjoy per poter sfruttare la Flotta di Ferro.
L’incontro tra il Re delle Isole di Ferro e la Regina dei Sette Regni si gioca tutto su una serie di piccole provocazioni tra il primo e Jaime, che cerca disperatamente di ricordare alla sorella quanto poco sia affidabile il potenziale alleato. La scena, anche in questo caso, sembra non avere un fine, pur mostrandosi piena di mordente. Lo scambio di battute tra il “King Slayer” ed Euron fa sghignazzare più di una volta, ma è impossibile non domandarsi per quale diavolo di motivo mostrare un colloquio tra due sovrani che si conclude con un nulla di fatto. Il prezzo per l’alleanza tra i Lannister e le Isole di Ferro, peraltro, sarà il matrimonio tra Cersei ed Euron, cose che la regina per il momento rifiuta. Anche il meno smaliziato degli spettatori sapeva bene che si sarebbe arrivati a questo punto, così come non poteva non saperlo Cersei. Quindi sorge spontanea la domanda: ci troviamo di fronte a un plot hole o a un piano studiato dalla nuova regina dei Sette Regni?
Le grandi manovre politiche proseguono anche al Nord, dove Jon Snow e Sansa iniziano ad avere i primi screzi, ampiamente prevedibili già dal finale della precedente stagione. Se tutti sono concordi nella necessità di combattere contro gli Estranei, in marcia verso la Barriera, meno concordia c’è nel modo in cui tutto ciò debba avvenire. Jon è intransigente sulla necessità che ogni persona, uomo o donna, in grado di reggere un’arma, sia addestrata per poter affrontare la minaccia incombente. Il dissenso interno a questa scelta, regala a Lyanna Mormont un nuovo momento di gloria (come se fosse necessario rimarcare il carisma del personaggio). Momento che gli spettatori non possono fare a meno di godersi, ovvio. Jon dispone inoltre che i Bruti comandati da Tormund inizino a presidiare le fortificazioni sulla Barriera e che i castelli degli Umber e dei Karstark vengano nuovamente presidiati, affidandoli, nonostante il parere contrario di Sansa, agli eredi rimasti delle due famiglie.
L’episodio ci preannuncia, con grande probabilità, quello che sarà un leitmotiv della serie, ovvero le differenze caratteriali e decisionali di Sansa e Jon, che si tramuteranno presto in divergenze. Sansa ritiene Jon un bravo governante, in lui vede ottime capacità di leadership, ma non sembra approvare i suoi metodi. Sansa falco e Jon colomba, dunque? La cosa sembra essere confermata anche dalla presenza di Ditocorto, intento a sobillare la maggiore delle figlie di Ned Stark. Il modo di agire di Sansa e Jon sembra tuttavia coerente con le loro diverse storie personali. La prima è stata sistematicamente sottoposta ad angherie e umiliazioni di ogni genere da quando ha lasciato Grande Inverno al seguito del padre. Ha visto il modo di governare di Cersei, ha appreso l’arte del sotterfugio da Lord Baelish, è guidata da un odio feroce verso tutto ciò che le ricorda i suoi giorni come sposa di Ramsay Bolton, comprese le casate traditrici.
Jon Snow, al contrario, apparentemente sembra aver imparato poco dal tradimento subito dai confratelli alla Barriera. Il nuovo Re del Nord non è disposto a punire chi non gli ha recato direttamente un’offesa e sceglie di legare a sé gli eredi degli Umber e dei Karstark tramite la clemenza. Probabilmente, il terrore di quanto visto ad Hardhome è ancora troppo forte in lui per poterlo spingere a essere meno morbido verso i propri alleati. Sembra, anzi, intenzionato a portare avanti gli stessi progetti che aveva alla Barriera per la difesa del proprio regno: rinforzare le difese con tutti i mezzi disponibili, anche a costo di dover andare contro il parere di alcuni suoi alfieri. Come detto, le posizioni dei due “fratelli” appaiono inconciliabili, specie considerato che il nuovo Lord della Valle, Ditocorto, sembra ancora ben intenzionato a portare Sansa dalla propria parte.
Dragonstone… finally.
Fino a questo momento possiamo dire di trovarci di fronte a una puntata introduttiva, quasi “programmatica” di quanto succederà a Westeros nei prossimi sei episodi. A cambiare un po’ le carte in tavola ci pensa Samwell Tarly, appena giunto a Vecchia Città e ancora intento a svuotare vasi da notte e servire il cibo agli altri Maestri. Sam vuole disperatamente portare avanti il compito affidatogli da Jon, ma si trova di fronte all’ostracismo degli altri Maestri, i quali non sono disposti in alcun modo a dargli credito quando parla dell’arrivo degli Estranei. Samwell si trova costretto a prendere l’iniziativa, rubando di nascosto i libri dalla biblioteca pur di apprendere come fermare il Re della Notte e la sua armata. A questo punto è proprio la scena con protagonista il rampollo dei Tarly che abbiamo la novità più rilevante in fatto di trama.
Sam scopre che il più grande giacimento di ossidiana dell’intera Westeros si trova a Roccia del Drago. Nulla di nuovo (già Stannis Baratheon aveva reso nota la cosa), solo che, attualmente, l’isola è occupata da Daenerys, pronta a lanciare la propria offensiva per conquistare i Sette Regni. A questo punto il confronto tra lei e Jon sembra farsi concreto e inevitabile. Finalmente, dopo tantissimo tempo, il Ghiaccio incontrerà il Fuoco. Possiamo solo immagine come la scelta di trattare con uno dei peggiori nemici della casa Stark verrà accolta dagli alfieri del Re del Nord e da Sansa. Oltre a questo, dobbiamo considerare che l’unico depositario delle origini segrete del Bastardo di Grande Inverno è di nuovo a sud della Barriera, e potrebbe rivelare la cosa, seppure con le migliori intenzioni. Qualora Bran dovesse rivelare le origini Targaryen di Jon e la cosa dovesse diffondersi (ricordiamoci che Ditocorto è ancora a portata di orecchio), come potrebbero reagire le casate del Nord? Insomma, i potenziali sviluppi in questa breve scena di Samwell Tarly sono enormi.
L’inverno è arrivato?
A fronte di quello che sembra essere l’unico plot twist suggerito dall’intera puntata dobbiamo perciò chiederci se sia stato un episodio positivo. La risposta, come accennato, non è semplice. Da fan, vedere questo episodio è stato bellissimo e divertente, ci siamo goduti alcune battute e momenti che possono rivelarsi memorabili, anche se poco utili nell’economia della serie. Ma, a mente fredda, può una puntata che non fa progredire la trama, in una serie come Game of Thrones, considerarsi positiva? La risposta, dispiace dirlo, è no.
In passato è stato possibile godersi episodi in cui niente di nuovo veniva aggiunto e che si reggevano unicamente sull’immenso carisma dei personaggi e sull’abilità dei loro interpreti. Ma questo avveniva stagioni fa, quando ancora era difficile subodorare un finale per Game of Thrones, complice l’esasperante lentezza dello scrittore della saga originale, ormai abbondantemente superata dalla serie televisiva. Come tutte le cose belle della vita, anche Game of Thrones deve finire. Considerato che l’ultima stagione avrà solo sei episodi e che questa ne vanterà solo sette, non possiamo fare a meno di chiederci se il tempo sia un lusso da concedere agli sceneggiatori. Possiamo ancora permetterci di perdere puntate a favore di scenette allettanti che vedono un personaggio odioso venire zittito? Ovviamente no.
A dodici episodi dalla fine, il dinamico due composto da Weiss e Benioff farebbe bene a ricordarsi che l’Inverno è arrivato e il gran finale incombe, e dovrebbero cercare di fare tesoro di ogni singolo episodio rimasto. Restiamo tuttavia fiduciosi del fatto che, a fronte di questa puntata sacrificata per permettere agli spettatori di riprendere confidenza con Westeros e i suoi abitanti, le prossime permetteranno di completare il mosaico di una trama ormai pronta al gran finale.
Cosa ci è piaciuto?
Lo stile ormai consolidato di Game of Thrones, i dialoghi vivaci, il carisma dei personaggi e le premesse di una stagione che potrebbe contenere molta più azione delle precedenti.
Cosa non ci è piaciuto?
Che siano solo premesse: le pedine erano sulla scacchiera da un po’ di tempo. Speravamo di poterle vedere muoversi in questo primo episodio della serie. Con solo tredici puntate disponibili prima della fine, era lecito sperare in qualcosa di più. I dialoghi sono brillanti, le scene divertenti e gli interpreti in forma smagliante, ma tutto ci è sembrato un po’ troppo fine a se stesso.
Continueremo a guardarlo?
Certo che sì. Ci credereste se affermassimo il contrario? Pur con tutti i difetti del caso, non potremmo mai pensare che questa puntata sia una costante degli ultimi, preziosi episodi di Game of Thrones. Siamo più propensi a credere che sia stato un sacrificio, non del tutto necessario a dire il vero, per poter permettere agli spettatori di riassaporare l’aria di Westeros prima di giungere al gran finale della serie.