All along the watchtower
Quella nei confronti di Mafia III è stata un’attesa lunga e, per certi versi, snervante. Il bellissimo free roaming di 2K, per quanto non sempre alle vette dell’interesse dei giocatori, si è conquistato una fetta di pubblico più che ampia, giustificata non tanto da particolari innovazioni ludiche (anzi, in questo spesso Mafia era manchevole rispetto alla ben più rifinita concorrenza), quanto piuttosto dalla sua trama e dalla sua atmosfera. Un’atmosfera che, diciamolo subito, oggi si è in gran parte persa e che ha costituito una specie di “tradimento” quando, confrontandoci con Mafia III ed il suo protagonista, ci siamo sentiti quasi delusi. Si è infatti perso il setting italo-americano tanto caro ad un certo cinema di genere, nonché quella collocazione temporale che piazzava Mafia nel bel mezzo del topos del classico gangster movie stile Quei Bravi Ragazzi. Per un fan l’effetto è quasi disturbante, tanto che si potrebbe avere l’impressione che l’idillio e la tradizione del brand Mafia si siano persi. Ma è effettivamente così? Tutt’altro, ed anzi dopo un momentaneo senso di spaesamento ci siamo convinti che le cose stanno procedendo più che bene. Non saremo omertosi e siamo pronti a dirvi il perché!
Con il testimone passato da 2k Czech all’esordiente team californiano di Hangar 13, il primo e più evidente cambiamento di Mafia III è, come detto, nella sua atmosfera. Siamo lontani da quello stile da gangster movie tipico dei racconti italo-americani e siamo invece passati, piuttosto, ad un’atmosfera più moderna di una New Orleans ormai alle soglie degli anni ’70 con un protagonista che, almeno nell’aspetto, ha ben poco da spartire con i personaggi dei precedenti titoli, caratterizzandosi come un tipo sì tutto d’un pezzo, ma con un fare decisamente più sbrigativo e spicciolo. Abbandonato il gessato, il nostro nuovo protagonista preferisce una camicia con i risvolti ed un paio di anfibi, creando così una frattura evidente con il passato della serie, con quello che è uno stile che non ci si aspetterebbe dal gioco. A ben vedere non potrebbe essere differentemente, perché il nostro nuovo gang-star, Lincoln Clay, è un reduce del Vietnam in quella che è un’America (e in particolare una New Orleans) che nonostante le premesse è ben poco felice di aver spedito i suoi ragazzi a combattere Charlie dall’altra parte del mondo. A questo sentimento politico storicamente forte e avverso nei confronti dei reduci, si aggiunge poi l’estrazione razziale di Lincoln, un ragazzo di colore in una città che nel ’68 (anno in cui il gioco è ambientato) viveva con estremo fervore la discriminazione razziale. La vita di Lincoln, insomma, è da sempre difficile. Il nostro è un cane solitario che ha trovato una famiglia dapprima nell’esercito e nei suoi commilitoni, e poi nelle gang di strada del quartiere nero di New Orleans. Ma la vita è difficile e quella che era una calma apparente verrà ben presto minata dalla tragedia perché la banda di Lincoln, i suoi compagni, verranno brutalmente trucidati dalla concorrente mafia italo-americana. Comincia allora il cammino di vendetta, la rivalsa territoriale e, infine, la guerra, che si scatenerà nelle strade di New Orleans tra musica jazz, bayou e riti vodoo. Una violenta ascesa al potere di Lincoln, fatta di scontri a fuoco e di situazioni forse potenzialmente più disinvolte rispetto al passato ma ancora pregne del carattere “mafioso” che ci si aspetterebbe dal brand.
Lincoln è un soldato, un soldato che ha vissuto una guerra particolarmente violenta e insensata, e questo mood si ripercuote evidentemente sul gameplay che non è semplicemente votato all’azione, ma piuttosto alla violenza. Una violenza che quasi mai sceglie di scatenarsi a testa bassa, ma che anzi propone al giocatore strategie spesso sottili che, ovviamente, porteranno comunque allo stesso risultato. Nella demo offerta in quel di Colonia si è dunque assistito ad alcune delle possibilità ludiche del gioco che, salvo le doverose sparatorie, si traducono anche nella ricerca di informazioni, nell’eliminazione di personaggi scomodi e, come intuibile, nella gestione della locale malavita organizzata. Clay, con il suo ruvido carisma, avrà infatti la possibilità di arruolare sotto di sé diversi luogotenenti, ognuno dei quali portavoce di un diverso ramo della criminalità. Cassandra, agile ed elegante con i suoi haitiani, Burk sbrigativo e violento con i suoi irlandesi e la guest star Vito Scaletta, protagonista di Mafia II, e qui portavoce del clan degli italiani. Non sappiamo ancora quanto questi personaggi influiranno sugli eventi della trama e quanto sul gameplay, ma quel che è certo è che essi godranno di alcune abilità uniche che si riveleranno particolarmente utili nel corso delle varie sessioni di gioco. Cassandra, ad esempio, è in grado di inviarci sul posto copiosi rinforzi a darci man forte nel corso degli scontri a fuoco, mentre Burk si dimostrerà invece fondamentale per mettere a tacere la polizia e le sue investigazioni, grazie ai suoi agganci ed alle sue doti di corruzione. Al buon Vito, invece, il compito di supportarci dalla distanza, grazie alle sue capacità di tiratore formidabile, coprendoci le spalle con il suo fucile di precisione. Il bello è che i luogotenenti vanno in qualche modo coccolati, pena il loro tradimento e la scesa in campo come “competitor” nella scalata al potere su New Orleans. In questo frangente entra in campo la gestione delle risorse economiche, su cui invero si sa ancora molto poco, ma che – come ci è stato lasciato intuire – dovrebbe prevedere la possibilità di acquistare (legalmente o meno) molte strutture di New Orleans come bar e locali, decidendo eventualmente se affidare o meno la loro gestione ai nostri luogotenenti.
Ma torniamo all’azione, che è stata poi il fulcro di quanto mostrato a Colonia. Se il gameplay in sé ricorda moltissimo i TPS dallo stile più “sciolto” come Uncharted, senza dimenticare il tipico sistema di coperture che ha fatto scuola dai tempi di Gears of War, ma che qui non si perde semplicemente in un tripudio di pallottole, ma lascia piuttosto al giocatore la possibilità di esplorare diverse opzioni di approccio, cosicché la missione, pur arrivando sempre alla stessa conclusione, si adatti a quello che è lo stile del giocatore, stimolandolo attraverso la proposizione di una moltitudine di elementi che sublimino le sue scelte tattiche. Non è chiaro se questa diversificazione sarà sempre disponibile o se, per dirne una, sarà strutturata come per i colpi di GTA, ossia in alcuni selezionati momenti di gioco. Quel che si è visto a Colonia, in ogni caso, è decisamente apprezzabile. Tanto per dirne una: avete bisogno di entrare in una villa per fare la pelle ad uno dei vostri tanti concorrenti? Potreste scegliere di entrare dalla porta principale ad armi spianate, o magari di entrare dal retro facendo fuori le guardie silenziosamente sgozzandole una ad una. E se magari la rete fognaria potesse venirvi in soccorso? Che ne dite di aggirare l’ostacolo con un motoscafo entrando nella villa dal sottosuolo e accedendovi dal primo canale di scolo disponibile? Le opzioni sono molteplici, ed in questo sistema vanno ad incastrarsi anche una serie di obiettivi assolutamente fondamentali utili alla preparazione del piano. Che succede, ad esempio, se non si conosce la posizione del nostro obiettivo? Si potrebbe magari catturare un luogotenente avversario ed interrogarlo con violenza o magari darlo in pasto ai coccodrilli per scatenare una guerra aperta. Mafia, insomma, resta pur sempre Mafia, ma con qualche tocco di classe in più ed uno stile tutto nuovo che se da un lato lascia spiazzati, pian piano cattura e stupisce.
Il merito è anche delle capacità tecniche del team che, pur essendo all’esordio, si dimostra subito all’altezza del compito. L’azione è fisica e realistica, contornata da suoni di che sono, sin da ora, estasianti nel loro ruvido realismo, e sono perfettamente calati nell’azione, partecipando al tutto con rumori come rinculi, urla, e quant’altro i immagina si possa sentire nel bel mezzo di una sparatoria. Fiore all’occhiello di questo “gunplay” decisamente ben costruito sono, infine, le animazioni, la cui cura sembra francamente invidiabile soprattutto considerando l’esordio del team di sviluppo. Colpite un nemico, ed esso reagirà e cadrà al suolo in base al punto d’impatto del proiettile, certo non è un’innovazione, ma diamine il lavoro è praticamente perfetto!
Come intuirete, benché la filosofia del brand resti immutata, la prima e fondamentale differenza nel setting rende, al primo impatto, Mafia III un gioco completamente inedito nella serie 2K e, per certi versi, quasi anomalo. Eppure questo non deve scoraggiare, né spaventare. Anche la decisione di creare un personaggio di colore collocandolo nel bel mezzo dell’apartheid è una scelta lodevole, che apre la prospettiva a moltissime possibilità narrative che, speriamo, non vengano troppo svilite dalle restanti situazioni narrative. Si tratta infatti di una “differente storia di mafia” che, per trovare un parallelismo, può essere paragonata a Scarface, non tanto per il protagonista o per la trama in sé, ma per quell’atteggiamento generale che lo discostò, rispetto al resto del cinema di genere, dai canoni imposti da opere come Il Padrino o Quei Bravi Ragazzi. Ecco, Mafia III è lo Scarface della serie, che ammodernando protagonisti, luoghi e l’estetica generale resta fondamentalmente un gangster movie duro e crudo. Ora non ci resta che sperare che le aspettative riposte in quanto visto sino ad ora restino solide e che Mafia III arrivi sul mercato il più presto possibile!