Durante la Gamescom di Colonia, abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con Michele Caletti, programmatore ricerca e sviluppo di Milestone, il quale ci ha parlato un po’ di Gravel, nuovo racing game di stampo arcade, che rappresenta una sorta di cambiamento rispetto ai canoni dello studio di sviluppo. Caletti ha risposto molto cordialmente a tutte le nostre domande.
Come mai questo cambio di approccio al racing game, operato con Gravel, dopo una carriera completamente improntata su un certo stile? È stata più un’esigenza creativa, o magari di marketing?
Non è stato un cambiamento globale dello studio, ma abbiamo voluto realizzare questo titolo per lanciare un franchise in questa direzione. Poi comunque anche all’interno di Milestone ci sono persone che amano i simulativi, gli arcade o altro.
C’è sicuramente un buco per questo tipo di gioco nel mercato e ci siamo detti che poteva essere una bella opportunità per uscire dal nostro solito seminato e trovare, magari, una fetta di utenti interessata a questo tipologia di gioco. Quindi per rispondere alla tua domanda, un po’ tutte e due le cose.
Nonostante tutto abbiamo notato che rimane comunque un certo DNA tipico di Milestone. Non avete voluto strafare con l’arcade, perché – ad esempio – non avete rinunciato a mettere le marce, non avete messo le classiche statistiche come velocità, stabilità ecc, ma c’è qualche riferimento reale alle prestazioni del motore
Sì, diciamo che la percezione moderna del concetto di arcade non è più la macchina che fa 2 km di drift; si è evoluto. Le persone vogliono un tipo di guida che non sia completamente finto ma che abbia un fondamento fisico e tuttavia una forte accessibilità. Le macchine sono vere, quindi è corretto rappresentarle con le loro caratteristiche reali, ed il bilanciamento è rispettato. La parte arcade sta nel fatto che ti ritrovi a fare delle cose palesemente impossibili, tipo saltare un treno in Alaska, o cose come molto difficili con facilità, come driftare nel percorso in Australia, curva dopo curva, non sbagliandone nemmeno una e senza troppi problemi, però sì, c’è un fondamento fisico e realistico pur se l’abbiamo impacchettato in un sistema accessibile a tutti.
Come mai non avete incluso le moto?
Per dare un taglio ed un focus al gioco. Noi ovviamente siamo esperti nel fare le moto, ma avremmo rischiato di creare una maionese impazzita. Quindi abbiamo pensato di concentrarci su una cosa e poi, semmai, valutare. Ci saranno dei DLC che espanderanno un po’ il range, ma senza esagerare.
Anche il fatto di non voler mescolare le categorie di veicolo va in questa direzione.
Questa è una cosa che stiamo considerando, pensando e sperimentando. Però il punto è che se una macchina è palesemente meglio di un’altra è come se non ci fosse scelta, quindi è inutile darla. Diventa frustrante se poi vai a prendere la categoria sbagliata.
È il vostro secondo titolo in cui usate l’Unreal Engine 4. Siete riusciti a sfruttarlo meglio ora?
Sicuramente va meglio, ma ci stiamo lavorando ancora, e sarà così fino alla release, perché c’è tutta una serie di cose che possiamo migliorare.
È più difficile creare un gioco come questo, in cui non ti puoi affidare alla planimetria delle macchine, oppure è più facile rispetto alla simulazione?
Sono due approcci diversi. Quando fa un MotoGP la difficoltà sta nel cercare l’attinenza con la realtà, in modo maniacale. La staccata della San Donato deve essere quella, deve essere giusta. Se non lo fai così la gente arriva, naturalmente, coi forconi. Invece qui la difficoltà sta nello scegliere cosa sia opportuno fare nell’infinito ventaglio di possibilità di cui si dispone.
Il rischio è di metter su un gioco che non ha un focus ma è un’accozzaglia di idee. Devi cercare gli ambienti giusti, le location adatte, il tipo adeguato di gara, far funzionare la fisica delle macchine per quel tipo di gara. Infatti il gioco è stato lavorato e rimandato per avere più tempo di capire in che direzione andare.
Immagino la difficoltà si sia spostata più che altro sullo sterrato. Abbiamo tantissimi tipi di terreni che si devono sposare con altrettante numerose condizioni ambientali.
Sì, anche se non è del tutto nuovo perché pure nei giochi di rally che abbiamo fatto c’erano tante combinazioni di terreni. Qui la parte di design non nasce per caso: bisogna pensare alla conformazione del terreno, poi quali punti di interesse far vedere, come far sposare il connubio tra la guida e i terreni, poi gli split della pista. Tutto deve sembrare naturale ma gradevole.
Oltre a tutto questo vorrei aggiungere che anche in online ci sono tante cose da scoprire. Tutte le località si possono correre in qualsiasi ora del giorno e con diversi climi, ed è qualcosa su cui nella carriera giocheremo parecchio. C’è tanta carne al fuoco e siamo determinati nel riuscire a fare del nostro meglio, perché sentiamo anche la responsabilità dell’eredità di una serie di giochi arcade e c’è una bella richiesta per questo genere. Come con Ride avevamo avuto una grande risposta, con molta gente che ci ha scritto richiedendo a gran voce Ride 3, o altri DLC, così qui ci sono persone che gradualmente sono sempre più interessate al titolo perché stanno capendo che è un gioco in qualche modo unico, ora, nel panorama videoludico.
Abbiamo notato che il gioco è previsto per tutte le piattaforme. Pensate di ottimizzarlo anche per PS Pro e Xbox One X?
Assolutamente sì. Stiamo valutando i bilanciamenti, la risoluzione, gli effetti… Insomma, su quale combinazione e su cosa spingere meglio, ma andremo di sicuro in quella direzione.