Un Dovahkiin di dubbio gusto
Ogni volta che sentiamo nominare Skyrim in redazione abbiamo tutti un brivido, in parte legato alle numerose ore passate a vagare per quel mondo di gioco così aperto e che permetteva di urlare in faccia a tutti nel modo più tamarro mai visto, ma anche perché parliamo di un gioco uscito ormai nel lontano 2011 e che Bethesda ci ha riproposto in ogni salsa possibile. Questo almeno prima che ufficializzasse l’arrivo di Skyrim VR, annunciata insieme a Fallout 4 VR e DOOM VFR, che ci porterà a riprendere letteralmente in mano il nostro elmo virtuale attraverso un casco reale, per tornare in un mondo di draghi, fratellanze, frecce nelle ginocchia e tanto altro.
La demo proposta da Bethesda alla Gamescom si basava sulla versione PlayStation VR e, per l’occasione, era giocabile con la coppia di Move, garantendo almeno sulla carta un livello di interazione maggiore rispetto al semplice utilizzo del Dualshock 4. Come evidenzieremo a breve, però, lo scotto da pagare potrebbe non essere gradito a tutti, in virtù di un sistema parecchio macchinoso che rende la peregrinazione nel mondo di gioco scomoda, noiosa e soprattutto a prova di primate.
Partiamo dalle basi: i Move in linea teorica simulano il movimento delle nostre mani, con quella destra tendenzialmente deputata all’uso delle armi bianche mentre la sinistra generalmente utilizzata per il lancio di magie o dell’arco. Non disponendo di eventuali stick analogici, il movimento del nostro personaggio viene simulato: ogni volta che vorremo muoverci, infatti, basterà premere il pulsante centrale del Move sinistro per aprire un cursore, il quale potrà essere spostato nell’area di gioco e una volta scelta la nostra mossa, basterà premerlo nuovamente per materializzarci nel posto desiderato. Tranquilli, non siete gli unici ad aver alzato un sopracciglio in segno di perplessità, ma almeno noi avevamo un casco in testa. L’idea di muoversi nelle enormi vallate di Skyrim in completa libertà si schianta con ferocia contro questo sistema di controllo pensato per aggirare l’annosa questione del motion sickness, i cui limiti sono talmente evidenti che la mappatura dei controlli ha previsto questa eventualità: premendo i tasti X e cerchio sul Move destro, infatti, potremo girarci parzialmente a sinistra o a destra, cosa che si rivela anche un atto di benevolenza che eviterà al giocatore di incorrere in incidenti domestici di un certo rilievo a causa della cavetteria. Insomma, l’idea non riesce a sembrarci intelligente e la sua applicazione è scomoda, abbastanza da farci anche preoccupare un po’ sulla prossima versione per realtà virtuale di Doom.
Allarmismi a parte, però, esiste un escamotage per rendere la situazione un po’ più accettabile, ovvero il buon vecchio Dualshock 4: il pad sarà infatti supportato e permetterà di utilizzare i controlli tradizionali del gioco, fermo restando che ciò vorrà dire anche rinunciare ad un livello di immersione che doveva essere il punto di forza dell’offerta e che non esiste anche in virtù del mancato supporto del Navigation Controller su PS4.
Un altro problema dell’utilizzo dei Move sembra inoltre essere un evidente calo della difficoltà del gioco: la nostra prova era infatti incentrata nel primo dungeon della main quest, una zona che agli inizi dell’avventura è in grado di dare del filo da torcere. Nonostante il nostro basso livello, fissato a 10, siamo comunque riusciti a passare indenni ogni sezione, dall’assalto dei briganti iniziali agli scontri con i non-morti, passando per una battaglia con un ragno gigante. Pur non essendoci cimentati in test di vario tipo, la nostra ipotesi è che il gioco sia volutamente più semplice per ovviare ai limiti del sistema di controllo: basti pensare ad esempio all’impossibilità di abbassarsi, cosa che non ci è riuscita nemmeno facendolo fisicamente, gettando alle ortiche quel poco di meccaniche stealth del gioco. Oppure, parlando dei combattimenti, da annotare le eventuali difficoltà nel combattere contro nemici multipli che portano l’I.A. alla soglia dello stato vegetativo, con personaggi che attaccano uno alla volta e che spesso vanno a segno perché il teletrasporto è lungi dall’essere confortevole normalmente, figuriamoci in situazioni concitate.
Il timore che non fosse possibile morire resta dunque in piedi, coadiuvato in modo inquietante anche dalla fallace rilevazione in real time dei movimenti, non sempre precisa e che ci ha portato, per comodità, ad usare l’incantesimo di fuoco e tramutarci virtualmente in dei lanciafiamme umani, visto che era possibile spammare magie come se non ci fosse un domani.
A chiudere questa situazione già di per sé triste, ci pensa poi il comparto tecnico: Skyrim è forse uno dei titoli più brutti che ci sia capitato di vedere su PlayStation VR, immerso in un pozzo di aliasing che rende ogni texture granulosa e sgradevole da vedere. Certo, Skyrim è un titolo enorme e i limiti tecnici del visore Sony sono una realtà conclamata, tuttavia non riusciamo davvero a capacitarci del fatto che il gioco abbia un aspetto così arretrato, che sembra essere un downgrade della versione PS3, il che oggi è tutto dire.
Tirando le somme, il nostro incontro con Skyrim VR è decisamente dimenticabile e con l’uscita del gioco dietro l’angolo, fissata al 17 novembre di quest’anno, le nostre preoccupazioni sulla qualità dell’opera finale sono sempre più ingombranti, al punto da farci rigiocare alla Special Edition pubblicata qualche mese fa per ricordarci di come le vallate di Skyrim, senza caschi, non erano comunque affatto male.