Chi è Gazzelle, il cantautore romano che parla ai cuori infranti
Al secolo Flavio Bruno Pardini, Gazzelle è ormai a tutti gli effetti icona e alfiere di quello che lui ha definito scherzando un sexy pop, un’indie commerciale ma mai banale che punta dritto verso una determinata fascia di pubblico, ascoltatori giovani e spesso disillusi e delusi dall’amore, croce e delizia delle nostre vite.
Amore, solitudine, depressione sono i temi trattati dai testi di Gazzelle, che con uno stile unico riesce a rendere sopportabile lo strazio di chi soffre per una storia finita o sentimenti non corrisposti, parlando al cuore spezzato dei giovani e dei giovanissimi, pur essendo ormai un trentenne cresciuto in quegli anni novanta e duemila che ci sembrano distanti dai tempi in cui viviamo ma ai quali l’artista romano di Rione Monti si rifà, in testi, look e persino nel nome d’arte.
“Gazzelle” infatti non è altro che una storpiatura del nome di un celebre modello di scarpe in voga un bel po’ di anni fa, ma ancora simbolo di una cultura underground e di un certo look casual. Nei suoi concerti, in eventi pubblici o più semplicemente nelle foto pubblicate sui suoi canali social ha invece spesso manifestato un interesse a tutto tondo per la musica e per la cultura pop, spaziando da maglie dei Nirvana a quelle dei Rancid, fino a uno stile a volte british, altre punk e altre ancora estremamente vintage, perché in fondo Gazzelle non è un cantante indie come gli altri, e la sua musica vuole arrivare a tutti.
Te lo ricordi lo zucchero filato?
“Gazzelle è di Roma. Occhiali da sole, occhiaie da solo. Zenzero e zucchero filato. Amori squarciati a metà, con la felpa sporca della sera prima. Sexy Pop”. Così si presenta il cantautore al grande pubblico al momento del lancio di Quella te (2016), singolo che anticipa Superbattito, un album che sarà una lietissima scoperta nel panorama cantautoriale romano e ben presto in quello nazionale, lanciando Gazzelle al fianco di fenomeni già consolidati come i TheGiornalisti, Calcutta e soprattutto I Cani, ai quali l’artista non hai nascosto di ispirarsi.
L’album pubblicato da Maciste Dischi contiene tracce come Non sei tu, Zucchero filato, Nmrpm, tutte canzoni che sbancano immediatamente perché caratteristiche di uno stile unico, che si avvicina a quelli dei citati predecessori, prendendone però al contempo le distanze e risultando diverso, originale e ricco di quella componente agrodolce piena di quel – come direbbe Grignani – piacere/dispiacere di cui ho imparato anche io a godere.
Nel 2018 sulla strada dell’indie pop sono ormai impresse le impronte di Gazzelle, che continua a catturare il suo pubblico con Sayonara e Stelle filanti, due singoli che finiscono nell’EP Plastica e che anticipano di poco altre tre tracce apprezzatissime, ovvero Nero, Meglio così e Martelli,
Ormai è lanciato e il suo secondo album, Punk, non fa che consolidare il suo successo dandoci una conferma, l’ennesima, del suo stile peculiare.
Nel 2020, in piena pandemia, pubblica il singolo Ora che ti guardo bene, seguito poi da Destri, mentre a novembre arriva un’altra grande traccia: Lacri-ma. La modalità del testo di quest’ultima è incredibile e innovativo, sebbene deducibile già dal titolo. L’ultima sillaba di ogni verso diventa la prima di quella successiva, quindi del verso sottostante. Per essere chiari:
Mentre ti scende una lacri-ma,
(ma)non sai da dove vie-ne
(ne)rissimi gli occhi si sporca-no(n)
è come pensavi te“.
Il testo è ovviamente malinconico e triste, e su Youtube e suoi canali social dell’artista è un tripudio di complimenti, come accade anche pochi giorni dopo con Scusa, un lamento ancor più doloroso tra musica e parole.
In sostanza, Gazzelle riesce a dar voce ai dolori dei giovani e alle loro sofferenze, facendoli sentire meno soli, e come uno di loro, in grado finalmente di comprenderli. Merito anche di uno stile che negli anni non è mutato, nemmeno col successo, restando quelle delle prime canzoni, di Quella te o di Nmrpm, testi semplici ma per nulla scontati, senza quell’eccentricità un po’ forzata di Calcutta o i riferimenti colti e letterali di Niccolò Contessa. Non ci sono né le svastiche in centro a Bologna, né Vera Nabokov o David Forster Wallace, ma racconti di quotidianità vissuta da tutti, di cene di Natale in famiglia, di ricordi, di “pezzi di cuore a terra, pezzi di porta”.