Il lungo viaggio della Lampada
Nell’immaginario collettivo ormai il Genio della Lampada è associato al classico Disney del 1992, Aladdin. Per buona parte di noi sono la voce di Gigi Proietti e le movenze di Robin Williams la prima cosa che ci viene in mente pensando a questa figura mitologica. Anche in questi giorni, con il remake live-action nelle sale, risulta difficile dimenticare quel Genio dalla pelle blu, quel modo di fare istrionico che difficilmente verrà mai soppiantato.
Eppure il vero Genio è qualcosa di totalmente diverso da quello a cui siamo abituati. La sua figura universalmente conosciuta risulta molto distante da quella del mito a cui siamo abituati, e vale la pena di riscoprirla prima di buttarci nelle strade caotiche di Agrabah ancora una volta. Una storia che potrebbe lasciare molti di voi a bocca aperta, svelando alcuni aspetti difficili da credere.
Quando i Jinn dominavano la Terra
L’immaginario del Genio della Lampada deriva da quello molto antico, risalente a culti pre-islamici nell’area della penisola arabica, dei Jinn.
Difficile spiegare in termini contemporanei chi o cosa fossero i Jinn. Il primo concetto da comprendere è che non si trattava di divinità, pur essendo adorate come tali. Si trattava di spiriti e incarnazioni della natura, dotati di grandi poteri e di un vasto controllo delle forze che componevano la realtà. La loro figura era presente non solo nei culti “pagani” precedenti all’Islam, ma anche in diverse religioni che avevano trovato una propria diffusione in Arabia, come lo zoroastrismo, il cristianesimo e il giudaismo.
I Jinn venivano venerati per vari scopi, venendo visti sia come entità positive che maligne. Un Jinn poteva da un lato ispirare i poeti e gli indovini, dall’altro colpire con malattie e infermità mentale le persone. Apparivano con forme di animali o umanoidi a seconda dei casi, in grado sia di esaudire le preghiere dei mortali che di distruggerli a seconda del loro umore.
Difficile dire quale fosse l’origine del loro culto, forse qualche derivazione delle divinità del ceppo indo-iranico, modificate dallo scorrere del tempo e dall’isolamento fornito dal deserto ai popoli che lo abitavano.
La diffusione dell’Islam cambiò tutto. I Jinn persero i propri adoratori e divennero entità astratte, per lo più maligne e inclini all’inganno e ai tranelli. Pur essendo citati nel Corano, essi non sembrano mantenere un ruolo tanto teologico quanto tradizionale, venendo considerati parte della creazione, esseri nati dal fuoco che avrebbero abitato il mondo prima che Dio creasse Adamo.
Il messaggio del Profeta si sarebbe rivolto anche ai Jinn, ma alcuni di loro avrebbero rifiutato di accoglierlo. Altri, per contro, si sarebbero convertiti, mettendosi a disposizione degli esseri umani. Da questo momento in poi i Jinn divennero parte della leggenda e del mito, non più oggetto di venerazione ma semplici comprimari in una storia ben più grande.
Il racconto di Sherazad
I Jinn divennero parte del folklore e della tradizione orale, protagonisti di racconti in cui erano molto spesso avversari da ingannare e sconfiggere, alla stregua dei demoni. Senza dubbio il racconto più celebre a famoso per quanto concerne lo Jinn è quello raccontato ne Le Mille e Una Notte. La bella Sherazade, moglie del re di Persia, narra a suo marito le vicende di Aladino, un giovane scapestrato figlio di un sarto che finisce per controllare con uno ma ben due Jinn.
Non molti lo sanno, ma la storia di Aladino si ambienta nell’odierna Cina, l’antico Catai. Il giovane viene contattato da un mago di una terra lontana, il quale si spaccia per il fratello del suo defunto padre. Con questo inganno lo convince a entrare in una grotta al posto suo, affidandogli una missione per recuperare una lampada. Per farlo gli affida anche un anello di bronzo, in modo da riuscire ad arrivare fino alla stanza dove è custodito l’oggetto desiderato dal mago.
Tradito dal negromante, il giovane si troverà chiuso nella grotta e riuscirà a tornare a casa solo grazie all’anello, nel quale è custodito un genio che lo servirà, portandolo in salvo. Una volta ricongiuntosi con la madre Aladino scoprirà che anche la vecchia lampada desiderata dallo stregone cela al suo interno un jinn, il quale lo aiuterà nella sua scalata sociale. L’entità magica gli garantirà prima il benessere, poi la ricchezza necessaria per sposare la figlia dell’Imperatore del Catai esaudendo di volta in volta i suoi desideri.
Il racconto di Aladino è senza dubbio uno dei più popolari contenuti ne Le Mille e una Notte. Il suo successo fu enorme, e portò nel tempo a diverse versioni della storia di Aladino e dei suoi Jinn.
Una volta giunto a contatto col bacino del Mediterraneo, il nome delle due entità contenute nell’anello e nella lampada verrà mutato in genio, scegliendo il termine latino “genio”, ovvero lo stesso degli spiriti tutelari delle abitazioni romane.
Dalla letteratura al cinema
Il primo grande successo della figura del Genio e la sua conseguente popolarità si deve certo al racconto de Le Mille e una Notte. Mei secoli la figura del Jinn legato a un oggetto magico inizia a prendere sempre più piede non sono nella letteratura, ma anche nei fumetti, nel cinema e nella televisione.
Sono numerosi le volte in cui un Genio diventa protagonista di vicende e racconti. I Jinn, nella loro veste più antica, compaiono per esempio nella Trilogia di Bartimeus, opera dell’inglese Jonathan Stroud, saga fantasy ambientata in un mondo parallelo dove i maghi dominano il mondo.
Ma è grazie alla celluloide e alle frequenze televisive che il Genio ha ottenuto maggiore successo. Per citare un esempio classico potremmo ricordare Strega per amore (I Dream of Jeannie). Qui Barbara Eden interpreta una bella Jinn intrappolata in una bottiglia, legata a un capitano della NASA.
Benché al cinema sia stata la Disney a imporre la propria figura del Genio, non bisogna dimenticare i precedenti cinematografici alla base di questo successo. Tra tutti il più importante è la pellicola del 1940 “Il ladro di Bagdad“, senza dubbio base di molto materiale per le future produzioni.
Qui il re Ahmad governa la città di Bagdad ereditata da poco dal padre. Il suo visir Jaffar lo convincerà con l’inganno a travestirsi da mendicante per conoscere il mondo fuori dal palazzo, per poi farlo imprigionare. Il malvagio consigliere approfitterà della cosa per ottenere il potere. Tuttavia Ahmad ribalterà la situazione con l’aiuto del ladro Abu e di un Genio, da lui intrappolato in una bottiglia, che gli concede tre desideri.
La storia presenta numerose analogie con il classico Disney del 1992. Tra queste abbiamo anche uno dei primi riferimenti ai canonici tre desideri concessi al padrone del Genio. Gli stessi che torneranno in produzioni come “Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta“, lungometraggio delle Ducktales. E ancora in Aladdin, sia nella sua versione classica che in quella odierna, dove è Will Smith a dare corpo al Genio della Lampada.