Per la letteratura giapponese, il Genji Monogatari ha avuto un ruolo simile a quello della Divina Commedia per la letteratura italiana
Lo abbiamo citato più volte in articoli precedenti ed è giunto il momento di parlarvi meglio dell’opera che ha letteralmente determinato la produzione letteraria giapponese. Il Genji Monogatari è praticamente alla base di qualsiasi opera di narrativa giapponese venuta successivamente. Ancora ai giorni nostri oggetto di nuove traduzioni dal giapponese antico, è considerato uno dei capolavori non solo della sua epoca ma di tutti i tempi, per via dei contenuti estremamente sfaccettati e dalle numerose interpretazioni, oltre alle sue peculiarità che ne fanno un paradigma per tutti i monogatari e non solo.
Il periodo Heian e i monogatari
Dal VIII secolo al XII secolo in Giappone ha avuto luogo una vera e propria fioritura delle arti tradizionali, praticamente tutte improntate sui precetti del Buddhismo giunti dalla Cina e assimilati in primis dal ceto aristocratico. Presso la corte imperiale la letteratura divenne parte integrante della quotidianità dei nobili, gli unici a poterne usufruire, oltre ai monaci, e perciò anche gli unici autori delle maggiori opere antiche giunte fino a noi.
Rispetto all’epoca immediatamente precedente, ovvero il periodo Nara, il periodo Heian si distinse per la nascita dell’alfabeto kana. Se fino a quel momento le opere venivano scritte esclusivamente in cinese, con l’interruzione dei viaggi diplomatici da e verso la Cina la scrittura giapponese si è sviluppata enormemente, soprattutto per mani femminili: al tempo, per quanto istruite, alle donne non era consentito l’utilizzo del cinese, riservato solo agli uomini.
Eppure, il monogatari, la forma letteraria che si diffonde più velocemente durante questo periodo, era prerogativa principalmente femminile. Un monogatari consiste in un racconto in prosa, in cui si narrano soprattutto storie di finzione e possono essere contenute poesie con le quali si aggiunge pathos alla scena e alle emozioni dei personaggi. Il Genji Monogatari è la massima rappresentazione di questo tipo di letteratura e della narrativa giapponese e negli ambienti di corte, nei quali viveva anche la sua autrice, ottenne un interesse ancora oggi vivissimo.
L’autrice del Genji Monogatari: Murasaki Shikibu
Abbiamo detto poc’anzi che il cinese non poteva essere usato dalle donne, tuttavia l’autrice del Genji Monogatari, diversamente dal solito, venne cresciuta ed educata dal padre e imparò i caratteri cinesi molto in fretta. Divenne quindi esperta di letteratura classica, tanto che lei stessa riporta nel suo diario le parole di rammarico del genitore che avrebbe desiderato che fosse un maschio (come accade anche al padre dei protagonisti di Torikaebaya Monogatari).
Murasaki aveva una personalità forte, che traspare dalla sua scrittura e dagli aneddoti raccolti nel suo diario. Introdotta a corte per volere dell’influente politico Fujiwara no Michinaga, Murasaki venne affiancata alla figlia Shoshi, nuova concubina dell’Imperatore, in funzione di dama di compagnia e insegnante. Tuttavia è probabile che Murasaki fosse stata invitata a corte soprattutto per rivaleggiare con la dama di compagnia della Prima Imperatrice.
Forse Sei Shonagon, autrice del Makura no Soshi (altra opera importantissima del periodo) e dama di compagnia della Prima Imperatrice Teishi, era invisa a Murasaki solo a causa del servizio che prestavano per le rispettive mogli dell’Imperatore ma è anche possibile che il Genji Monogatari sia stato scritto in risposta all’opera della rivale e che per questo non andasse d’accordo con la rivale, come si evince sempre dal suo diario.
A parte la sua vita di corte a fianco di Shoshi e le altre dame, che a tratti probabilmente annoiava Murasaki, la scrittrice amava immergersi in solitaria nelle storie che leggeva e scriveva, infondendo tutto il suo animo nei personaggi, specialmente quelli femminili.
Trama del Genji Monogatari
Si potrebbe dire, in effetti, che le vere protagoniste del Genji Monogatari siano proprio le donne con cui il protagonista viene a contatto nell’arco della sua esistenza. In ben 54 capitoli, infatti, Genji lo Splendente si avvicina a numerose dame di corte e non solo, incapaci di resistere al suo fascino quasi ultraterreno.
Il Principe Genji è figlio dell’Imperatore e della sua concubina favorita, Kiritsubo, che muore in seguito al parto e dopo aver subito le vessazioni della dama Kokiden, la prima sposa del sovrano, che l’aveva costretta ad abbandonare il palazzo. Come è intuibile, nel periodo Heian agli uomini era permesso di avere più di una moglie e anche diverse amanti e infatti Genji incarnerà bene questo ideale di uomo di corte, alla quale torna una volta cresciuto.
Rimanendo in una posizione distante dal ruolo che gli spetterebbe, Genji riesce comunque a condurre una vita da libertino distinguendosi per grazia e lealtà (rimane infatti molto legato a tutte le sue mogli), mentre cercare di colmare il vuoto lasciato nel suo cuore dalla morte della madre. Questa specie di complesso di Edipo lo porterà a desiderare la nuova concubina dell’Imperatore, Fujitsubo, giovane ed estremamente somigliante alla defunta madre, a gettarsi tra le braccia di Rokujo (dama che sarà ossessionata dal suo amore) ma anche a voler plasmare di propria mano la sua donna ideale.
Sarà la piccola Murasaki, nipote di Fujitsubo trovata in una regione lontana dalla capitale, la prescelta a questo scopo. Lei diventerà forse la donna più amata in assoluto da Genji, che nel frattempo ha avuto anche diversi figli. Tuttavia dovrà riconoscere come suo anche il Principe Kaoru, frutto del tradimento della sua sposa e protagonista degli ultimi capitoli dell’opera.
Alcune delle peculiarità del Genji Monogatari come prima opera di narrativa giapponese
Nonostante sia in prevalenza un’opera di narrativa giapponese, come detto, lungo i vari capitoli ci sono tantissime poesie a inframmezzare le scene per sottolineare i sentimenti dei personaggi e i loro pensieri sulla situazione che stanno vivendo, specialmente quando si trovano insieme: non potendo mostrarsi a nessuno, le donne spesso stavano nascoste dietro tende, paraventi e ventagli, dunque erano le parole a diventare il mezzo con cui farsi conoscere, apprezzare e dimostrare la propria istruzione. Il Genji Monogatari è, infatti, anche colmo di citazioni di altre opere, esplicite e non, e quando vengono usate dai personaggi sono funzionali anche a dar loro una dimensione privata e intima più profonda, rendendo ciascun personaggio memorabile, per quanto poco possa durare la sua comparsa.
Come abbiamo già detto, sono soprattutto le figure femminili a spiccare, tanto che alcune di loro danno anche il titolo ai capitoli in cui compaiono (La dama della Paulonia, ovvero la madre di Genji, oppure La spoglia della cicala, cioè Utsusemi, una delle prime donne cui si avvicina Genji). Ognuna di loro ha una sua complessità e vive a modo suo le varie sfaccettature dell’amore, dalla gioia provata durante gli incontri con Genji alla disperazione e gelosia quando questi le abbandona.
Non conta dunque l’aspetto di queste donne, su cui Murasaki Shikibu non si sofferma, poiché la loro bellezza è insita nel loro comportamento e nelle loro azioni e dunque diversa per ciascuna di loro. Semmai vengono descritti i loro abiti, ai quali si prestava particolare attenzione perché fossero in linea con i dettami dell’epoca e del periodo dell’anno in cui andavano indossati. Così veniva valutato il buon gusto e il fascino complessivo di donne e uomini, ma nel caso dei personaggi femminili serviva anche a conferire più erotismo all’assenza di una fisicità ben precisa, appunto nascosta e raggiungibile solo seguendo l’etichetta.
Perché leggere il Genji Monogatari
Fin qua è possibile vi sia sembrato tutto molto complicato. D’altronde parliamo di un’opera di narrativa giapponese risalente all’anno 1000, un malloppo dai contenuti così ampi che, naturalmente, sono impossibili da riassumere in questo articolo. Tuttavia, se si ama la lettura, la letteratura e tutto ciò che si è sviluppato attorno a essa (pensieri e concetti filosofici e non, canoni estetici, regole, ecc.), così come tutti abbiamo letto almeno parzialmente la Divina Commedia, dovremmo leggere anche il Genji Monogatari come primo approccio fondamentale alla narrativa giapponese.
La valenza storica e culturale di quest’opera narrativa giapponese è praticamente incalcolabile. Ancora oggi influenza come non mai non solo la letteratura contemporanea ma anche la pop culture. Il Genji Monogatari ha ricevuto diversi adattamenti anime e manga (una delle più famose trasposizioni a fumetti è quella di Waki Yamato, intitolata Non farò sogni effimeri) e i temi presenti in alcuni capitoli sono perfino diventati spettacoli del teatro No; inoltre, si sprecano i commentari e le critiche di tipo filologico o sulla società del tempo, come i saggi di Ivan Morris o Daniele Sestili.
Riferimenti al Genji Monogatari e altri famosi racconti del periodo Heian si trovano facilmente nei manga e anime che amiamo di più e pure nei videogiochi (pensiamo a Murasaki Shikibu in Fate/Grand Order oppure Genji di Overwatch, per citarne due emblematici). Se desiderate approfondire le vostre conoscenze fumettistiche nipponiche, al di là delle semplici note a piè di pagina, non dovreste più ignorare quest’opera: un capitolo alla settimana vi accompagnerebbe per tutto un anno alla scoperta di un mondo completamente diverso, quasi onirico. Senza contare con quanta profondità vi permetterà di guardare alla società giapponese antica e contemporanea. E magari scoprirete valenze e riflessioni assimilabili ad alcuni dei punti cardine della cultura occidentale, che vi faranno sembrare i nostri Paesi meno lontani di quello che sembrano.