Bloodborne è il nostro gioco del mese
Era inevitabile. Scritto dall’hype e sulla fiducia verso un autore incredibile. Ad un mese di distanza siamo ancora qui a parlare di Bloodborne, ad intrecciare certezze e supposizioni su una storia capace di rapirci. Perché un pezzo di noi si è smarrito nei vicoli di Yharnam, perso in quella angusta città il nostro spirito di videogiocatore, è annegato in un mare di sangue. Travolto da una indicibile bellezza, ne è riemerso completamente diverso. Bloodborne, e più in generale i Souls, in qualche modo resettano tutto ciò che pensiamo sui videogiochi, ci rendono partecipi di un’esperienza collettiva unica. Ecco perché qualcosa di noi è rimasto a Yharnam. Abbiamo perso quella sicurezza nel sentirsi incredibilmente bravi nei videogame e quasi siamo ritornati indietro nel tempo, quando da bambini quei salti e quei mostri in due dimensioni ci sembravano ostacoli troppo difficili da superare. Per questo il nostro gioco del mese di marzo non poteva che essere Bloodborne. Motivare una scelta così lapalissiana è paradossalmente più difficile di dar voce ad un conflitto interiore. La cupa bellezza di Bloodborne è impossibile da descrivere, si manifesta attraverso scorci paesaggistici e di gameplay che ti segnano. Lungi da noi mettere Bloodborne su un piedistallo, nella nostra review siamo stati critici quanto basta. Siamo ancora in parte delusi per i difetti che il gioco si porta dietro e per tutta una serie di miglioramenti attesi che non sono stati apportati. Ma sapete qual è la verità? È che va bene così. Non si tratta di accontentarsi, quanto piuttosto di avere la piena coscienza di ciò che si ha tra le mani: un capolavoro.