Arriva finalmente nelle sale italiane Un giorno di pioggia a New York, il nuovo film di Woody Allen
L’ultimo lavoro di Woody Allen, Un giorno di pioggia a New York, prosegue un percorso ideale iniziato nel 2016 con Café Society e continuato, l’anno successivo, con La Ruota delle Meraviglie. “Trilogia” collegata non dal punto di vista narrativo, ma che presenta numerose affinità sia come temi trattati, sia come stile, condividendo lo stesso direttore della fotografia, il maestro italiano Vittorio Storaro, storico collaboratore di Francis Ford Coppola e Bernardo Bertolucci.
La storia è quella di Gatsby (Timothée Chalamet), un giovane proveniente da famiglia benestante, appassionato di vecchi film e giochi d’azzardo, e della sua compagna Ashleigh (Elle Fanning), una studentessa un po’ ingenua dell’Arizona. I due pianificano un weekend romantico a New York, ma l’idea romantica che Gatsby aveva in mente per il fine settimana va presto in fumo a causa degli innumerevoli contrattempi che la Grande Mela non risparmia ai due protagonisti.
Woody Allen non si sposta da New York e continua il discorso legato ai due film precedenti sulla natura nostalgica della propria città, evidenziata, anche per contrasto, dalla fotografia di Storaro, il quale prosegue un lavoro profondo e affascinante sulle potenzialità del digitale.
Se i film precedenti erano ambientati nel passato, qui ritroviamo solamente il protagonista, Gatsby, immerso in esso, attore di nuova generazione (così come anche le co-protagoniste, Elle Fanning e Selena Gomez) che in questa pellicola rappresenta il senso malinconico, strettamente newyorchese, del jazz, del cinema noir e del gioco d’azzardo. Gatsby, infatti, oltre a condividere il nome con l’omonimo protagonista del romanzo di Fitzgerald, sembra vivere in una realtà separata dagli altri.
Non a caso, il gioco di luci e colori è realizzato in modo da dare una patina di vecchia pellicola al film, e l’attenzione per scenografie, set ricostruiti e scorci newyorkesi reali è tutta focalizzata per restituire questo effetto. L’intento del regista e del direttore della fotografia è, infatti, quello di richiamare la vecchia Hollywood utilizzando i mezzi contemporanei. E, su questo, l’operazione è riuscita in tutta la linea.
In Un giorno di pioggia a New York, Woody Allen assembla una composizione di scene quasi sempre composte da unici piani sequenza. Una pratica comune nel lavoro passato del regista, il quale, grazie all’uso mezzo digitale, sembra sentirsi ancora più a suo agio nello sfruttarne le potenzialità. Un’evoluzione tecnica che, quindi, evolve il linguaggio di Allen e non lo limita in alcun modo.
Può sembrare però, di tanto in tanto, che il piano sequenza metta in difficoltà gli attori, durante le lunghe scene ininterrotte. Soprattutto nel caso del protagonista, interpretato da Timothée Chalamet, a volte si ha la sensazione di assistere alla performance di un attore che aspetta solamente il suo turno per dire la battuta, senza essere organicamente immerso nella recitazione. Ma è una sottigliezza, forse voluta per dare un certo senso di spaesamento, che non inficia più di tanto il buon livello di recitazione generale.
La sceneggiatura di Allen riprende i classici topoi narrativi dell’autore, a cui ormai siamo abituati da decenni, costruendo una commedia romantica basata sugli incastri, gli equivoci e intrecci drammaturgici, e raccontando una storia in maniera fin troppo simile a come già visto nel meraviglioso Midnight in Paris, Oscar alla miglior sceneggiatura.
Le risoluzioni delle varie linee narrative finiscono così per essere prevedibili già nei primi atti del racconto. Se è vero che Allen non ha mai stupito per la grande originalità, almeno nell’ultima parte della sua carriera, qui ci ritroviamo di fronte a un lavoro che fa un passo leggermente indietro rispetto alle due opere precedenti.
Se Café Society e La Ruota delle Meraviglie vivevano di temi e concetti visivi forti (la mondanità di eco felliniano nel primo, l’icona della ruota panoramica e i riferimenti al mélo in Technicolor nel secondo), in Un giorno di pioggia a New York non ritroviamo una forte concentrazione su un tema portante, se non il già esposto – abbondantemente bene in passato – tema sulla nostalgia.
Anche la sempre eccellente fotografia di Storaro è più pacata, rimanendo una componente più marginale rispetto a quanto successo nei giochi di luce e di contrasto de La Ruota delle Meraviglie, in grado di rafforzare efficacemente il tema del racconto. Assolutamente non trascurabile, però, la solita grandiosa ironia del regista e sceneggiatore, in grado di regalare sempre un sorriso, non tralasciando una toccante scena in cui la madre di Gatsby si confessa al figlio, prima del finale.
In conclusione, il nuovo film di Woody Allen è una bella e classica commedia romantica. Classica sia nel senso encomiastico del termine, per la pregevole messa in scena, sia in senso critico, per il suo omaggio nostalgico alla New York di un tempo che lascia però una sensazione di passo indietro rispetto alle opere precedenti, più inquadrate in forti temi visivi e narrativi e munite di storie leggermente più originali.
In uscita in sala in Italia il 28 novembre 2019.