Come si uccide un dio?
Quando uscì il primo Monster Hunter, per i giocatori fu come un fulmine a ciel sereno. Le meccaniche di crafting, unite alla caccia spietata a mostri terribili e apparentemente imbattibili furono un connubio magico, che specialmente in Giappone vide la nascita di un autentico blockbuster. Capace da solo persino di spingere le vendite di una console. Il successo fu in lungo e in largo emulato e fu d’ispirazione per molti altri titoli anche se nessuno di essi riuscì a ingraziarsi il pubblico come fu per God Eater. Anime, manga, e videogames: God Eater è diventato in pochi anni un fenomeno multimediale, l’unico capace di emulare il successo del titolo Capcom e di trovare anche una sua personalissima dimensione.
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E così invitati a Milano Bandai Namco per l’RPG Tour 2016 abbiamo avuto l’occasione di provare God Eater Resurrection, porting per PS4 del titolo originale della serie che farà da apripista al brand in Europa. L’evento è stata anche l’occasione per conoscere e intervistare Yosuke Tomizawa, Producer del gioco, che ci ha raccontato della lavorazione del gioco e del futuro della serie in tutto il mondo. Per quel che riguarda noi, l’appuntamento è fissato per il 30 agosto, giorno in cui arriveranno sugli scaffali non uno, ma ben due titoli: God Eater Resurrection e God Eater 2 Rage Burst, sequel inedito che si posizionerà a tre anni dagli eventi del primo gioco. Il bello è che acquistando il secondo si riceverà gratuitamente il primo, il che considerati i tempi che corrono non è affatto male.
Killing Monsters
Ambientato in un mondo che ha già vissuto la sua fine, God Eater racconta della guerra tra l’uomo e gli dei… o presunti tali. Sulla terra si sono infatti manifestate delle mostruose entità, gli Aragami, delle creature gargantuesche che hanno messo in scacco l’intero pianeta grazie alla loro potenza e la loro stazza. Per fronteggiare “gli dei”, gli uomini hanno dunque formato la Fenrir, un’agenzia governativa composta da un’elite di guerrieri dotati di eccezionali abilità il cui compito è quello di dare la caccia ai mostri, nel tentativo di riportare la pace sul pianeta. Questa è in soldoni la trama che fa da sfondo alle vicende di God Eater. Una trama semplice e schietta, che tuttavia trova un senso molto più profondo nei numerosissimi media in cui il gioco è sfociato negli anni che hanno alle spalle un consolidato cast di personaggi, già beniamini di buona parte del Sol Levante. Proprio le vicende che fanno da sfondo alla storia sono, in realtà, una delle principali differenze tra God Eater ed il titolo Capcom poiché qui la storia ricopre un ruolo molto meno marginale rispetto a quanto non accada in Monster Hunter.
Ludicamente parlando, God Eater segue quello che è lo “schema” alla base del suo ispiratore, il già citatissimo Monster Hunter. Al giocatore il compito di costruirsi da zero il proprio beniamino, sia in termini estetici che di armamentario, scegliendo da una rastrelliera digitale veramente ben fornita. Lo scopo è quello di andare a “caccia di mostri”, in solitaria o con tre amici online (sostituiti dalla IA qualora intraprendiate la caccia da soli) in ambienti spesso oscuri e decadenti. Come detto infatti il gioco è ambientato in un mondo che è ormai prossimo alla fine, in un non meglio definito futuro, il che ha anche permesso agli sviluppatori di escogitare tutta una serie di armi e abilità che di realistico hanno ben poco, e che sfociano spesso in una certa esagerazione. Ed eccoci alla seconda differenza con Monster Hunter. Mentre il beniamino Capcom si prodigava in un sistema più squisitamente ruolistico (specie per il crafting) con tutta la profondità che ne conseguiva, God Eater sceglie un approccio più diretto e caciarone, spesso caotico ma comunque appagante. Esibirsi in abilità improbabili mentre la nostra spada si trasforma in un cannone alla pressione di un tasto, rende God Eater un titolo dall’invidiabile dinamismo. Gli scontri sono frenetici, spesso ordinatamente caotici, e si focalizzano sull’apparente disparità tra il party e i mostri, spesso di proporzioni veramente imponenti e dotati di una considerevole forza bruta.
Pad alla mano l’esperienza è veramente divertente e veloce. Il gameplay è concentrato prettamente sull’azione, con l’esplorazione degli scenari relegata ad una componente comunque molto minore. Il gioco sceglie volutamente di concentrarsi sullo scontro, e sui benefici che la vittoria porterà al giocatore in termini di loot e level up. God Eater è insomma un titolo che non richiede una dedizione assoluta, ma che si prende invece la briga di offrire un divertimento puro, rapido ed alla portata di tutti ma comunque capace di offrire delle buone sfide. Certo, abbiamo potuto provare appena un livello nel corso della nostra demo, ma il risultato è innegabilmente buono, specie perché il combattimento (che come avrete capito è il fulcro del gioco) riesce a divertire con ben poche sbavature. Se sarà l’Europa il nuovo territorio di conquista degli Aragami è ancora presto per dirlo, ma per ora aspettiamo il 30 agosto con una certa positività.