Un cinghiale in accappatoio
All’ultimo Lucca Comics & Games è stato presentato il nuovo fumetto di Barbara Barbieri e Stefano Bonfanti, ovvero il team di “Dentiblù“. Questa volta, l’inarrestabile vena parodistica dei due autori ha travolto una saga entrata di diritto (nel bene e nel male) nell’immaginario videoludico degli ultimi anni: Assassin’s Creed. In Grassassin’s Pig (titolo che già ti fa soffocare dal ridere mentre lo leggi) il nostro cinghiale dalla dentatura azzurra e dalla parlata inimitabile ci ricorda che niente, ma proprio niente, è al sicuro dalla sua furia burlesca.
La storia parla di Zannablù (che non ha certo bisogno di presentazioni), questa volta alla prese con il lavoro di lavapiatti in una rinomata trattoria fiorentina, incaricato da una misteriosa compagnia, l’Hambsterko, di scoprire il segreto di una spezia capace di rendere appetitoso qualunque piatto. Sfruttando il Malanimus, una macchina in grado di far rivivere a chi la usa i ricordi dei propri antenati, il nostro eroe dovrà ripercorrere le vite dei suoi predecessori, da Ozio Auditonto ad Hamtair, per svelare un mistero che attraversa i secoli fino ai giorni nostri.
Difficile rimanere delusi Dentiblù. Quando leggi un loro albo, sai sempre cosa aspettarti e raramente rimani deluso, all’interno di un impianto narrativo collaudato e migliorato nel tempo. In questa occasione risulta azzeccatissima la contestualizzazione dell’opera di partenza, accompagnata dalle solite battute, gag e dialoghi che ondeggiano tra il comico e il demenziale senza mai cadere nella banalità. L’ambientazione iniziale (la Firenze rinascimentale e di oggi) permette di inserire qualcosa di inedito tra queste pagine: una caricatura riuscitissima della contemporaneità, dove emerge una rappresentazione ironica e umoristica del capoluogo toscano. Rispetto ai vecchi lavori si nota un evidente miglioramento, oltre che nella trama-cornice che lega tra sé le varie scenette, nell’impostazione della pagina, nelle singole vignette e nella lunghezza dei testi dentro i balloon.
Lo stile del tratto presenta un’ulteriore evoluzione, pur senza discostarsi da quello abituale, basato di più sulle forme cartoon, che non sfuggono ad un occhio attento. In particolare, risulta evidente la cura del disegno e la regia sapiente delle tavole. Segno di come questo fumetto, pur rimanendo se stesso e senza tentare nulla di troppo complicato, sia riuscito a correggersi via via raggiungendo un risultato invidiabile, che lo eleva un paio di spanne sopra l’oceano delle parodie che allagano il panorama italiano. Un’ulteriore prova di questa competenza è lo spazio dato al menestrello che introduce le sequenze della narrazione, che stupisce per la qualità metrica delle strofe e per il suo perfetto inserimento nella diegesi.