Tutto più grande, più profondo, più divertente. Forse un po’ troppo?

Nuovo anno, nuovo film del Marvel Cinematic Universe ad approdare nelle sale. Stavolta, ad aprire le danze di questo 2017, precedendo di poco più di un paio mesi l’ancor più atteso (Peter Quill, non ce ne volere) Spider-Man: Homecoming, tocca alla banda di sgangherati protettori del cosmo, altrimenti detta dei Guardiani della Galassia. Il loro film d’esordio nel 2014 ha costituito, per moltissimi, un valido esempio di cinecomic fatto “come si deve”, ovvero sfruttando appieno le potenzialità di una licenza non troppo rigida ed esaltando il lato spensierato e avventuroso di un team di personaggi davvero fuori di testa (benché si tratti, a guardar bene, di una squadra di Avengers spaziali). Ad ogni modo, il sequel era atteso al varco, da quei moltissimi e da altri ancora, per avere la conferma che non si fosse trattato di un caso fortuito, che esistesse davvero una formula vincente indovinata da James Gunn e tanto spesso mira di esperimenti di replica.

Laddove i fratelli Russo, con i secondi due Captain America, Winter Soldier e Civil War, hanno mostrato di saper mantenere saldamente la propria rotta (che gli è valsa, con la defezione di Joss Whedon, la direzione dei prossimi due Avengers: Infinity War), fatta di inseguimenti, trame pseudo-thriller e tanti, tantissimi cazzotti, l’ironia psichedelica dei Guardiani è stata imitata, con risultati altalenanti, da molti film di supereroi successivi: Deadpool, Suicide Squad, ma anche lo stesso cugino casalingo, il Doctor Strange. Ora che è di nuovo il turno di Star-Lord & Co., la sensazione sarà di nuovo la stessa? Nello spazio fatto di Kree, pianeti viventi e gemme dell’infinito, ci sentiremo di nuovo a casa tra un salto quantico e una risata? Insomma, questo Vol. 2 è all’altezza del suo predecessore, pompato da tre anni di aspettative e film concorrenti, spuntati come funghi?

Beh, iniziamo col dire che Guardiani della Galassia Vol. 2 avrebbe tranquillamente potuto chiamarsi Guardiani della Galassia al quadrato, e il motivo è presto detto: impossibile non notare che in questa seconda pellicola tutti gli elementi che hanno decretato il successo del brand, sono di nuovo presenti, in maggiore quantità e aumentati di intensità. Squadra che vince, a quanto pare, non sfugge alla ferrea regola del more of the same.

guardiani della galassia vol. 2

La prima novità, però, e purtroppo non completamente positiva, è che in questo sequel si parla molto ma molto di più. Seguendo le dis-avventure degli scavezzacollo più irriverenti del cosmo, da un lato ci vengono poste le basi per un possibile futuro più “spaziale” del sempre più enorme mondo cinematografico architettato dalla Casa delle Idee (anche Thor: Ragnarok ha preso questa piega, nel caso non ci aveste fatto caso), dall’altro si approfondisce la conoscenza dei vari personaggi, narrando o almeno accennando le origini di ognuno di essi. È pur vero che ciò potrebbe avvicinare qualche nuova leva verso i fumetti Marvel di origine, e lungi da noi denigrare tale possibile “scambio inter-mediatico”, ma è anche vero che se si eccede con il racconto indiretto, soprattutto al cinema, il ritmo rischia di calare un po’ troppo nelle fasi di respiro. E non sempre una gag riesce a risollevare il dinamismo dei dialoghi.

Durante le due ore abbondanti del film, comunque, scopriamo di più sul passato e sulla indole di Rocket, sul complicato rapporto tra Gamora e Nebula, sulle origini di Peter Quill, sulla deceduta famiglia di Drax e qualcosa anche sull’albero più amato del grande schermo, perfettamente riassunto nella sua unica e indecifrabile battuta, ormai tormentone: “Io sono Groot“. La squadra dei Guardiani, com’era mostrato dai vari trailer, va inoltre allargandosi, tirando a bordo personaggi secondari potenzialmente interessanti. Se la cosa sia temporanea o meno, lo scopriremo nei prossimi film, ma intanto potete leggervi il nostro speciale appositamente dedicato alle new entry.

guardiani della galassia vol. 2

Dal punto di vista visivo, i progressi della CGI hanno reso ormai possibile la trasposizione al cinema di qualsivoglia idea partorita nel corso di decenni e decenni di fumetti, così che anche questo Guardiani della galassia Vol. 2 si rivela puntualmente un autentico godimento per le pupille: l’opening iniziale (dopo il prologo), i salti nello spazio, i pianeti da esplorare, le fattezze degli alieni e le scene di combattimento sono fantascientificamente belli, soddisfacenti, forieri di un potenziale immaginifico concretizzatosi con grazia esplosiva.

I dialoghi, equilibrati, rispecchiano il carattere e le fragilità di tutti i personaggi, buoni e cattivi, ovviamente infarcendo ogni linea di una in-sana dose di ironia. Non diremmo che ve ne sia troppa, ma forse è tanto diffusa che un pochino, quando il film tenta di racimolare un po’ di pathos, ne risulta deboluccio. Non è impossibile coniugare risate e lacrime, tutt’altro, ma bisogna saperle alternare con grande tempismo. E qui arriviamo a una delle cose che ci hanno fatto storcere il naso. Dovendo rendere il film adatto a un pubblico più ampio possibile, ogni singola scena di tensione (sia essa dovuta all’azione, romantica, drammatica o erotica) è immediatamente seguita da una gag, una battuta o una scenetta divertente. Per carità, sappiano bene quanto il tono dei Guardiani della Galassia sia scanzonato e autoironico verso il genere super-eroistico, ma aspettarsi un obbligatorio comic relief dopo ogni singolo picco di tensione, e puntualmente trovarlo, ci ha infastidito non poco. Un po’ come andare a vedere un film horror e riuscire ad anticipare tutte le apparizioni del mostro di turno.

guardiani della galassia vol. 2

Concludiamo però con qualche nota positiva. Innanzitutto il cast, nutritissimo, è gestito con grande sapienza. Ogni personaggio, dal più importante al più transitorio, dal super-salace Rocket Raccoon al tenerissimo Baby Groot, da Kurt Russell a Sylvester Stallone… Tutti hanno il giusto spazio e il proprio discreto ritaglio di gloria. Merito anche degli attori, confermati e nuovi, che hanno saputo mettere in scena con abilità un mix elettrico di azione, comicità e altri sentimenti. Certo, come già accennato le chiacchiere tendono spesso ad eccedere un po’ e con tutte le risate che si fanno le emozioni dello spettro serio-triste faticano un po’ a uscire fuori, ma questo attiene alla direzione del film e non scalfisce l’ottima prova degli interpreti, guardiani in primis.

E poi c’è la colonna sonora, perfetto mix tra scelte ricercate e canzoni pop, il tutto ovviamente in salsa ‘80s, riconfermatasi, dopo quella già splendida del primo capitolo, una gioia per le orecchie. Non è un caso che dal primo film dei Guardiani si sia tanto spesso fatto ricordo, con film e trailer, a canzoni di almeno 25-30 anni per condire pellicole d’azione spericolata (Suicide Squad e Thor: Ragnarok, stiamo di nuovo parlando di voi). Il coronamento di tale direzione artistica sono gli stessi titoli di coda, splendidamente ricalcati sullo stile degli LP di band anni ’80 e contenenti ben cinque scene aggiuntive. Non lasciatevi prendere dall’emozione, però, perché solo una, al massimo due di esse sono davvero significative per i prossimi film.

guardiani della galassia vol. 2

Verdetto

Non ve lo nascondiamo: Guardiani della Galassia Vol. 2 non ci ha convinto come il suo primo capitolo, che a suo tempo era stato una vera sorpresa. Aumentare a dismisura l’ironia e l’approfondimento, tramite racconto indiretto, del background dei personaggi ha causato qualche cortocircuito nel ritmo della pellicola, non ancora squilibrata ma certamente meno dinamica di quel che ci si sarebbe potuti aspettare. Le gag rendono il film sempre godibile e molto leggero, ma depotenziano il pathos, convogliato anche alla fine con discreta fatica. Certo, dall’altra parte c’è la solita e imitatissima direzione artistico-musicale da applausi, più un uso sapiente e quanto mai colorato degli effetti speciali. Inoltre la gestione del cast da film corale è puntuale ed efficace e gli attori restituiscono tutti una prova convincente. Quindi il film si salva, abbondantemente, ma l’avremmo amato se ci avesse sorpreso un po’ di più.

A cura di Felice Garofalo e Andrea Giovalè