Guè Pequeno vs Mr. Fini: l’ultimo album dell’artista milanese, raccontato in un’intervista su Rai Play
Tra i king del rap italiano, possiamo dire con pochi timori di smentita, che ci sia Guè Pequeno. Giunto ormai alla soglia dei 40 anni, il rapper è uscito con il suo sesto album, Mr. Fini e, a differenza di alcuni suoi colleghi i quali una volta diventati importanti scelgono di pubblicare un disco con il proprio nome, Guè Pequeno cerca e trova una via di mezzo, donando un’aura più cool al contesto, scegliendo il titolo di Mr. Fini (ovvero il suo cognome).
Per l’occasione Rai Play ci propone un’intervista di circa 20 minuti al cantante milanese, che sviscera dettagli di pre e post produzione e ciò che significa per lui questo nuovo album.
Da Miami al Sud America, passando per l’Italia
Tante influenze dance all, reggae, per un album che cavalca quel tipo di sound e atmosfere, pescando in tutti i luoghi che hanno caratterizzato la vita di Guè Pequeno. Come sempre ci sono i Caraibi, ci ricorda il rapper, ma la sua non è una ricercata esterofilia quanto un modo di mescolare tutte quelle influenze stilistiche e geografiche che l’hanno reso l’artista e l’uomo che è ora, non cercando di scimmiottare i rapper americani, come fanno molti dei suoi colleghi, soprattutto le nuove leve e nuove generazioni, copiandone il sound e il linguaggio sfiorando il macchiettistico, ma sfruttando la sua conoscenza del mondo per personalizzare il tutto all’italiana e soprattutto alla Guè.
In Mr. Fini Gue Pequeno inserisce tutto questo e molto altro, sfruttando collaborazioni importanti con numerosi artisti scelti – a detta sua – mettendo una mano sul cuore e un’altra sul portafogli.
In questa lista, in cui tra i tanti figurano Sfera, Geolier, Marracash e Mahmood, c’è spazio anche per una star come Carmen Consoli, di cui Guè utilizza il beat de L’ultimo bacio, dopo un’idea di Pietro Milano dei 2ndRoof, per la sua Il tipo. Qui proseguono le influenze multigenere, poiché anche il brano in sé si ispira a Il Divo di Sorrentino ed è pervaso da un’aura misteriosa sebbene sempre molto rap. Per una traccia del genere Guè Pequeno sapeva bene di non poter fare taroccate con i sample, né risuonarlo, ma ha dovuto chiedere direttamente alla Consoli, che ha risposto presente, probabilmente per via della caratura del personaggio, di quello che è ormai diventato Guè Pequeno ma anche per i piani di lettura e la componente poetica de Il Tipo e di tutto l’album Mr. Fini.
Proprio della mancanza della componente poetica nel rap attuale parla Guè nel suo monologo su Rai Play, dal momento che siamo ormai pervasi da pezzi banali e monotematici, sebbene possano avere magari un buon beat.
“A me non impressiona il fatto che tu abbia tanti vestiti o tanti soldi, o gli orologi che spesso sono finti, come quello fai, mentre mi impressiona il piano poetico del testo”. Come per i film – prosegue Guè – se guardi un film di Nicolas Winding Refn in cui c’è Ryan Gosling che fa una strage, lo fa con una poetica, con una forma e con dei colori che esprimono l’arte, e tutto un contesto ben diverso da quello che potrebbe esserci in un film con Van Damme, ad esempio.
Un album classico
Come in tutte le cose, purtroppo, ultimamente la soglia d’attenzione dello spettatore è diminuita e dunque c’è la tendenza generale a fare pezzi brevi, ma a Guè Pequeno non interessa metter su hit digitali e passeggere, quanto invece realizzare un album classico ed ecco perché tutte le tracce di Mr. Fini si attestano intorno ai 3 minuti e mezzo.
Del resto, questo album ha anche una natura piuttosto dark, che si rifà molto più al Guè “oscuro” che non a quello più street. Non più quindi una miscellanea, come ad esempio in Bravo ragazzo, in cui potevano trovare Rose nere e subito dopo La mia ragazza è gangsta; in Mr. Fini, persino brani come Medellin, sembrano possedere un’aura dark.
Nel complesso un lavoro che l’artista definisce anche molto cinematografico, nel raccontare la parabola di un protagonista, dalla prima canzone che – come sottolinea in un’intervista al Corriere della Sera – ci mostra un personaggio in stile Ray Liotta di Goodfellas, sino all’ultima che ce ne mostra la paranoia. Con un gatto real hero dei videoclip, sempre presente, poiché da “Don Vito ne Il Padrino, fino addirittura al cartone animato dell’ispettore Gadget”, il gatto è simbolo di potere gangsta.
È un Guè Pequeno più maturo e più consapevole, dunque, quello che emerge da Mr. Fini, che lavora senza voler accontentare nessuno se non se stesso e gli aficionados, che sa bene lo ascolteranno a prescindere da tutto.