Guillermo del Toro ci porta nella sua wunderkammer dell’orrore, direttamente sulla piattaforma di Netflix
uillermo del Toro, ad oggi, è l’unico che davvero potrebbe possedere e presentare il proprio Cabinet of Curiosities. Espressione associabile al tedesco wunderkammer, la camera delle meraviglie del cineasta messicano è l’esempio perfetto di cosa significa avere un’anima da collezionista e voler condividere le proprie scoperte con il mondo. Oggetti peculiari, strumenti per creare torture o illusioni a seconda del proprio utilizzo. Una schiera di manufatti e gioiellini da conservare gelosamente al resto del mondo, almeno finché non si decide di propria volontà di aprire le porte del “gabinetto” e far dare una sbirciatina ad un pubblico che attende di essere stupito e ammaliato.
La Cabinet of Curiosities di del Toro, inoltre, non poteva che prevedere un insieme di misteri appartenenti a nient’altro se non il mondo della paura, del sovrannaturale, di un aldilà che spesso torna per tormentare i vivi o un mondo degli inferi che trova la maniera di rivoltarsi con fervore sulla terra. Una stanza che, in più, non poteva che essere riempita da un orrore tramutato in storie; una serie in capitoli per un prodotto antologico che è quello che va presentandosi sulla piattaforma di Netflix, a propria volta contenitore di fantasticherie e magie tra cinematografia e serialità.
Una produzione che fa quasi da preambolo per un Guillermo del Toro che sempre sulla finestra digitale approderà col suo film d’animazione Pinocchio, offrendo un antipasto composto da otto stuzzichini, tutti dalla durata di mezz’ora in su, con cui intanto intrattenere e far aumentare l’appetito degli spettatori. Un presentatore, l’autore di racconti terrifici come La spina del Diavolo o Il labirinto del fauno, che accoglie ad ogni inizio episodio il pubblico, citando i temi della puntata che andranno ad osservare e mostrandone ogni volta i collegamenti tra realtà e regno del terrore. Il trattamento che solo un vero e proprio maestro può riservare, lasciando spazio a artisti e colleghi di potersi dilettare con un genere a lui caro, procedendo sotto la propria supervisione.
Un’ospitalità che non si allontana dal ricordo di un altro regista insormontabile, che a sua volta mostrava la propria cabina delle curiosità, sempre in chiave horror. Ma se dal 1955 al 1962 Alfred Hitchcock si concentrava su trame spaventose che avevano una valenza ogni qualvolta thriller, con Cabinet of Curiosities è il prisma del sovrannaturale a dominare. L’universo delle creature irreali che da sempre affascinano Del Toro e che hanno fatto la fortuna del suo cinema. Quei mostri che ha elogiato più volte e a cui spesso si è appellato per parlare dell’umanità, mostrandone i confini e le differenze spesso sottili e labili.
Ogni episodio di Cabinet of Curiosities ha perciò un proprio risvolto paranormale, orrorifico, dedito al genere nella maniera più artificiosa possibile proprio perché improntato per riportare le “cose dell’altro mondo” all’interno di una realtà che viene sorpresa e stravolta dalle forze potenti del male. Che siano topi maledetti, quadri raffiguranti l’inferno o corpi alieni venuti ad abitare quelli degli umani. Il fascino di Guillermo del Toro per ciò che inquieta e spaventa mescola atmosfere e racconti alla Lovecraft con riflessioni filosofiche sulla vita in rapporto all’entrata in contatto con elementi extra-ordinari, improntati su una paura che, se non uccide, rimarrà sempre addosso ai personaggi, col desiderio di fare altrettanto con gli spettatori.
Un artista che da sempre dedica il proprio lavoro alle curiosità più strambe e stravaganti dell’horror, desiderando di sconvolgere e insieme far appassionare. Un passo ulteriore nell’anima di uno degli autori più definiti del panorama contemporaneo, la cui personalità è talmente vasta e grande da poter accogliere al proprio interno tutti i vari cosmi che le vorticano attorno, mettendo in piedi un vero e proprio spettacolo degli orrori, da poter vedere e esaminare quando e dove vogliamo, semplicemente aprendo la piattaforma.