Ora o mai più: con Guilty Gear Strive Arc System Works si gioca la carta finale per affermare la serie sul mercato a livello globale
Gulty Gear Strive è l’ultimo tassello di un percorso di rivoluzione che Arc System Works opera già da qualche anno sul fronte del picchiaduro. Una rivoluzione finalizzata da un lato ad avvicinare nuova utenza verso un genere da sempre considerato di nicchia come questo, dall’altro a cambiare qualche equilibrio del mercato, riducendo il monopolio di Street Fighter, e in parte anche di Mortal Kombat che nella frangia occidentale degli appassionati è sempre molto forte.
Tutto è cominciato con Dragon Ball FighterZ e le sue combo automatiche. Ma oltre la superficie in fin dei conti rimaneva un titolo proibitivo a livelli molto alti a causa di un ritmo velocissimo, sequenze di attacchi infinite e utilizzo non così immediato dei personaggi assistenti.
In seguito Granblue Fantasy Versus si dimostrò ancora più palese nell’intento di divenire accessibile ai neofiti, riducendo il core del gioco ai fondamentali. Purtroppo a causa di un netcode non efficace e probabilmente poca affezione da parte dei fan verso il brand di Granblue, fu presto abbandonato. Quello che però sembrava un gioco dalla formula estemporanea, un esperimento una tantum all’interno di una scuderia di giochi di combattimento super sofisticati come sono quelli di Arc System, divenne inaspettatamente l’embrione di una nuova filosofia per la nota casa giapponese, qualcosa da estendere al brand più importante in assoluto uscito dai loro studi: Guilty Gear.
E arriviamo quindi a Strive, che come avrete capito, fa tabula rasa della complessità raggiunta capitolo dopo capitolo, fino a Xrd-Revelator 2, per creare qualcosa di più “user friendly”, qualcosa di non più elitario e riservato solo a quanti hanno raggiunto la manualità necessaria con la saga, forgiata da anni e anni di nuove iterazioni della formula che aggiungevano sempre qualche nuovo strato di complessità al sistema di combattimento. Ma attenzione, Strive non banalizza questo concetto, le meccaniche del combat system rimangono profonde, ma divengono più accessibili. Abbiamo quindi un gioco più basato sul gioco neutrale, sulle normal, un ritmo leggermente più lento (ma comunque sopra la media della maggior parte dei picchiaduro). Dash aerei, doppi salti e movimenti a mezz’aria sono sempre possibili, ma il confronto aereo è drasticamente ridotto.
In Strive l’importante non è tanto prolungare il danno con lunghissime combo, le quali non sono nemmeno contemplate del gioco, ma semplicemente entrare sull’avversario con precisione e tempismo. Anche in questo caso si è trovato il modo di rendere ancora più evidente per i neofiti quando l’attacco è entrato sul nemico, con vari rallenty dell’azione in seguito a contrattacchi andati a segno. In quel caso c’è da massimizzare il danno, che sarà piuttosto alto anche con stringhe piuttosto corte che per altro, nelle loro forme più basilari si eseguono principalmente con Slash e High Slash con tutti i personaggi. Il pressing all’angolo, da sempre vero problema per chi si trova a subire, perché molto difficile uscirne, è stato risolto in maniera a dir poco geniale: chi chiude all’angolo ha il vantaggio di far rimbalzare l’avversario su un muro invisibile e quindi arrecare più danni, ma questo dopo una serie di colpi si rompe facendo cambiare scenario e riportando il gioco al centro dello schema, dando quindi una nuova chance di vittoria a chi si trovava in posizione di svantaggio. Anche il Burst è una meccanica che allo stesso modo permette di uscire dalle grinfie del nemico in ogni momento scagliandolo lontano. Ovviamente però non è sempre disponibile.
Strive vede anche il ritorno del Roman Cancel, premendo tre tasti di attacco insieme è possibile sia cancellare un attacco per eseguirne un altro, che eventualmente rallentare momentaneamente il nemico, sebbene sia una tecnica già vista in Guilty Gear, qui diventa duttile e versatile come non mai. Grazie ad essa possiamo tranquillamente affermare che Guilty Gear Strive pur apparentemente più limitato nel moveset, permette un approccio creativo senza pari al combattimento, dando la possibilità di combinare mosse e super mosse in maniera varia e potenzialmente infinita usando come “collante” tra le varie seuenze, proprio il Roman Cancel. Se tutto questo non basta, c’è molto per accontentare anche i super pro, visto che esistono in ogni caso tecniche super avanzate che possono valorizzare l’esecuzione sopraffina tipica degli espertoni di bat’em up a incontri, come il dash durante la Roman Cancel che permette di spostasi leggermente di posizione all’interno della mossa cancellata aprendo così le porte a tutta una nuova esclusiva serie di combo ulta avanzate. Ma si tratta di finezze che non determinano necessariamente né il ritmo, né l’esito della partita, come magari avveniva in passato, Un paio di singole semplicissime normal ben piazzate possono rivelarsi infatti ben più decisive di qualsiasi altra tattica in Strive.
Al netto di qualche piccolo problema che probabilmente verrà risolto a breve grazie ai prossimi aggiornamenti e che affliggono tutti i piacchiaduro all’esordio, come scompensi nell’equilibrio di forza tra i vari personaggi (non eccessivi in realtà) e nel range di certi loro attacchi, è davvero difficile trovare un difetto nella formula di Strive, soprattutto se si considera l’estrema eterogenia dei personaggi, tutti davvero molto diversificati tra loro e potenzialmente efficaci, sviluppati attorno a stili di gioco molto personali.
Graficamente il gioco è semplicemente il più bel picchiaduro mai fatto, che pur essendo realizzato tramite modelli 3D affina a livelli estasianti quell’estetica bidimensionale senza età che caratterizzava giochi come Street Fighter Third Strike o King of Fighter XIII, rappresentandone di fatto il vero erede da questo punto di vista, nonché la diretta evoluzione. Non si tratta di sole scelte di character design ma anche di cura del dettaglio, di capacità di trasmettere fisicità, di valorizzare impatti, collisioni e ogni singola e più microscopica animazione, con effettistica complessa e indovinata. Un vero spettacolo senza pari capace di dare un feedback concreto ed esaltante dell’azione.
Giocare online a Strive è altrettanto sorprendente grazie al rollback netcode che permette di competere in maniera fluida anche quando la connessione non è delle migliori, con perdite ridotte al minimo. Certo abbiamo giocato con giapponesi perdendo 6 o 7 frame ma tutto considerato la partita era fluidissima se si considerano le performance medie enormemente peggiori di un qualsiasi altro picchiaduro quando si connettono giocatori tra tali distanze.
Non siamo riusciti a giocare centinaia di partite per capire esattamente quanto è costante la qualità della connessione, ma di esperienze brutte non ne abbiamo avute, quindi presumiamo che difficilmente cambieremo idea sulla lunga distanza. Sul fronte contenuti il giudizio non è eccellente come per il resto e l’offerta risulta abbastanza standard e senza grandi guizzi. Al di là dell’ennesimo redesign delle lobby online e della trovata della torre che divide su più piani i giocatori in base alla propria abilità, le modalità e le opzioni di gioco tanto online quanto offline risultano piuttosto “scontate”. Arc System ha recentemente affermato che a causa di problemi di sviluppo alcune modalità solo state tagliate e verranno integrate più avanti.
C’è però qualcosa che merita un plauso in tal senso e nello specifico parliamo della modalità Missioni e della modalità Storia. La prima va a compensare un tutorial un po’ sempliciotto con più di cento allenamenti specifici che vanno a sviscerare ogni singola meccanica di gioco con relative spiegazioni e applicazioni. Una vera manna per quanti vogliono scoprire quanto ci sia oltre la superficie di questo splendido gioco. La seconda, per quanto come da tradizione si tratta di una modalità prettamente “contemplativa” senza gameplay (inaugurata prima con Sign e poi con Xrd Revelator), è semplicemente magnifica, molto meno statica che in passato, e va a continuare la complessa lore di Guilty Gear con una qualità di scrittura, regia e stile che fanno impallidire le produzioni animate giapponesi in computer grafica odierne.
Insomma, da qualunque parte lo si guardi, Guilty Gear Strive è una bomba nucleare nel panorama dei picchiaduro odierni. Solo il tempo, il metagame, i futuri aggiornamenti del titolo, e soprattutto l’apprezzamento della fanbase, determineranno realmente l’impatto di quanto fatto da Arc System per riportare in auge in maniera brillante e fresca Guilty Gear. Detto questo le promesse di un gioco accessibile a tutti ma allo stesso tempo sofisticato e interessante, sono state senza dubbio rispettate e il risultato è qualcosa di divertentissimo da giocare su più livelli. A ciò aggiungiamo un comparto tecnico e sonoro (bellissimi i temi rock cantati dei vari combattenti) fantastici che riportano alla mente davvero l’epoca d’oro di SNK, Capcom, della stessa Arc System, con i loro giochi dall’estetica eccessiva e meravigliosa, sprite giganteschi e quella grande attenzione a dare un feedback estetico e tattile coinvolgente. L’epoca in cui il gameplay era sul serio “easy to learn hard to master”, basato su fondamenta semplici ma solide, sullo scontro diretto, lasciando da parte mille sotto meccaniche di cui non c’era bisogno per creare profondità di gioco. Questo è Guilty Gear Strive. Il miglior passato e il miglior presente del genere che si uniscono. Cosa volete di più?!