Il western secondo Christophe Blain
La scuola d’Oltralpe continua a sfornare talenti e questa volta è Christophe Blain a mettersi dietro il tavolo da disegno per reinventare il fumetto western con la sua saga che ha per protagonisti Gus, Clem e Gratt, tre banditi con seri problemi sentimentali. BAO ci ripropone i quattro volumi a colori pubblicati tra il 2007 e il 2017, dandoci la possibilità di lanciarci all’interno delle menti e dei cuori di questi tre scapestrati che galoppano liberi per le praterie americane.
Storie di Frontiera, o quasi
Partiamo subito con il dire una cosa importantissima: se siete arrivati a questi volumi pensando di ritrovare le atmosfere di Ken Parker o del buon vecchio Tex, allora, siete purtroppo nel posto sbagliato. Christophe Blain ha fatto sua l’ambientazione, l’ha filtrata attraverso il suo tratto nervoso e sofferto e l’ha resa schiava delle sue storie. Ci sono tutti i cliché che abbiamo imparato a conoscere, tra diligenze, città fantasma, El Dorado e binari dei treni, ma qui più che in ogni altra opera western restano defilati davvero sullo sfondo.
Gus e i suoi compari, Clem e Gratt, sono un trio di malviventi dediti alle rapine e gli assalti ai portavalori e passano le loro giornate a raccogliere denaro sporco per spenderlo poi in donne e alcool. E questo si evince dalle short stories che compongono il primo volume, mentre pian piano emerge la vera caratteristica che poi scorrerà nei volumi successivi: la sottile e talvolta impietosa analisi dei sentimenti dei tre protagonisti, le loro storie d’amore tormentate, talvolta usa-e-getta, sofferte e dolorose. In definitiva è questo quel che fa Blain: utilizza il western e i suoi paradigmi come punto di partenza per arrivare invece a raccontare di amore e odio, perdite e ritrovamenti, sottolineando il tutto con rapine e fughe rocambolesche.
Dentro i quattro volumi, un po’ alla volta, pagina dopo pagina, emergono le indecisioni e le insicurezze dei protagonisti, specchio della generazione di trentenni odierni che Blain cerca di dipingere. Da una parte c’è Gus, il single imperituro che non riesce a trovare né se stesso né l’amore, dall’altra Clem con sua moglie, la bambina e le fughe amorose, e per ultimo Gratt, a metà strada tra questi due estremi, ma che ugualmente non riesce a trovare la sua vera dimensione sentimentale.
I volumi si compongono di diversi episodi, autoconclusivi e comunque legati tra loro, dalla lunghezza variabile. Il fatto che le opere siano state pubblicate a così lunga distanza l’una dall’altra (quasi dieci anni tra il primo volume e il quarto) mostra quanto l’autore sia cambiato, abbia acquisito esperienza e consapevolezza delle proprie capacità. Dai primi veloci e quasi puerili episodi del primo volume, scarni e con poco appeal, si arriva con calma alla fine del quarto volume, che invece ospita una storia di lungo respiro, articolata e ben scritta, ricca di trovate narrative originali, di soluzioni inaspettate. La storia, da scanzonata e farsesca, si trasforma in qualcosa di più profondo e amaro, con tanto di promessa di rivederci tutti nel quinto volume.
È palese come il passaggio degli anni, tra un volume e l’altro, abbia dato a Bain il tempo di venire a patti con i suoi personaggi, di domarli o di farsi domare da loro, per creare la giusta prospettiva narrativa, la perfetta sintesi tra lui e loro. Purtroppo questo sbilanciamento si sente davvero, tanto che i primi volumi sono di qualità non eccelsa, mentre gli ultimi sono su un altro pianeta, a suffragio del fatto che il nostro autore ha studiato ed è cresciuto.
Il tratto che contraddistingue tutta l’opera è quello nervoso e crudo tipico dell’autore, qui ancora più marcato, che raggiunge l’apice di sofferenza in alcune sequenze introspettive. Non mancano episodi di violenza ed erotismo, perfettamente iscritti all’interno della trama, realizzati con cura, senza morbosità e senza sfociare in un volgare gratuito.
Le soluzioni narrative e le invenzioni grafiche per favorire lo scorrere delle emozioni al di sopra dei fatti dimostrano quanto questo autore rappresenti uno dei più importanti esponenti della Nouvelle Bande Dessinée, corrente moderna che, al pari della Nouvelle Vague, cerca di dis-eroizzare i protagonisti, riducendoli a quello che sono: uomini alle prese con se stessi e con problemi più grandi delle soluzioni che possono dare.
Gus è descritto come uno stronzo avido, per lo più dedito a correre dietro le gonnelle, a fare il gradasso, buono a pensare solo al suo nasone e alle sue pistole. Clem non riesce a trovare una giusta collocazione all’interno del suo stesso universo, combattuto tra la sua vita famigliare e il desiderio di evadere e scappare lontano da tutti in compagnia di una sua amante. Gratt, il terzo del trio di banditi, è invece il personaggio meno approfondito, che compare a tratti nelle varie storie, sentimentalmente quasi apatico, che davvero incarna l’immobilismo emotivo, e anche la sua assenza in molte delle vicissitudini dei suoi amici racconta la sua storia al pari di una sua continua presenza all’interno dell’economia della trama. Ci aspettiamo ovviamente che più avanti in qualche modo si approfondisca il personaggio, magari regalandogli un’avventura tutta sua, esattamente come fatto per gli altri due del gruppo.
Verdetto
BAO confeziona questi quattro volumi e ce li porta in libreria, senza però aggiungere niente di più che le tavole originali ottimamente tradotte. Il fumetto in sé ha un alto valore soprattutto per gli estimatori di Blain, che potranno vederci i miglioramenti a cui è andato incontro negli oltre dieci anni di scrittura di quest’opera. Gus è un fumetto che fa divertire, sicuramente, ma fa anche riflettere, fa sognare e qualche volta fa anche piangere, soprattutto se si entra in sintonia con i personaggi così problematici. È una lettura consigliata, ma sempre tenendo presente che non è scevra da difetti, soprattutto nella prima metà, poi abbondantemente superati nella seconda.