Secret Empire: quando Captain America gridò “Hail Hydra!”
Circa cinque anni fa le vite di noi lettori di fumetti Marvel vennero sconvolte dal preludio all’evento Secret Empire: Captain America aveva appena ucciso Jack Flag ed esclamato “Hail Hydra!”. L’idea di un Cap nazionalsocialista non era del tutto nuova. Ma, in quel contesto, in quel momento storico, ebbe un impatto enorme. Steve Rogers sembrava aver voltato le spalle a tutto ciò che aveva sempre rappresentato, causando un senso di smarrimento nei lettori.
Cosa significava quel voltafaccia? E se era sempre stato un agente sotto copertura della vecchia organizzazione nazista, cosa si nascondeva dietro alle sue azioni passate? Le sue lotte contro il Teschio Rosso, la sua scelta di contrastare l’atto di registrazione, il suo abbandono dello Scudo quando non sentiva più di rappresentare il sogno americano. Miriadi di domande si affollarono nella mente dei lettori Marvel.
Per darvi un esempio della portata di quella frase nello stesso periodo la DC Comics iniziò a introdurre i personaggi di Watchmen nella sua continuity principale. Eppure la vignetta di Batman intento a raccogliere la spilla del Comico quasi venne eclissata da quel momento. Forse perché quella frase di Cap, che avrebbe portato nel giro di pochi anni a Secret Empire, sembrava strizzare l’occhio alla società americana di quegli anni.
A cinque anni da quel “Hail Hydra” vogliamo provare ad analizzare quel momento. A contestualizzare quel fumetto, capire perché funzionò. Ma anche per quali motivi l’evento Secret Empire fu, a conti fatti, una bolla di sapone. Un evento dall’enorme potenziale, completamente sprecato.
Hail Hydra, Hail America: i primi semi di Secret Empire
Per capire al meglio quella frase è necessario tornare al 2016. Il mondo intero, in quel periodo, vide un progressivo avanzare di movimenti e partiti nazionalisti. Quello stesso anno, con la Brexit, questo gruppo segnò la propria più grande vittoria. Ma il 2016 fu anche l’anno delle nuove presidenziali negli Stati Uniti. Il presidente uscente era Barack Obama, uno dei leader maggiormente carismatici dei movimenti progressisti americani, ma non per questo esente da critiche. A raccogliere la sua eredità sarà Hilary Clinton, moglie dell’ex presidente Bill, dopo un’intensa sfida alle primarie contro Bernie Sanders.
E dall’altra parte del Congresso? Cosa stava accadendo nelle fila dei repubblicani? All’inizio dell’anno le primarie del partito dell’elefante videro l’ingresso nella corsa di Donald Trump. Il miliardario, volto noto per le sue aziende, ma anche per le sue comparse nei reality show e nel wrestling WWE, ottenne prima la nomina a candidato repubblicano e, nel Novembre di quell’anno, la vittoria alle presidenziali. Contro ogni aspettativa Trump aveva vinto. Una vittoria che suscitò sdegno nei media internazionali, persino il sospetto che potenze straniere potessero aver inquinato il voto, manipolando l’opinione pubblica.
La Marvel aveva colto il clima politico di quel periodo e, come spesso aveva fatto nella sua storia, lo aveva sfruttato. Tuttavia ridurre l’intero messaggio di quell’evento a una mera denuncia contro Donald Trump e la sua politica sarebbe sbagliato. In primo luogo perché, al momento di quel “Hail hydra”, la stragrande maggioranza degli opinionisti era convinta che sarebbe stata Clinton a vincere le elezioni.
Secret Empire non parla di Trump: parla dell’America. Di cosa accade quando il sogno americano viene distorto in un’ondata di paura, violenza, odio per la diversità. La storia di come qualsiasi democrazia possa perdere di vista i propri ideali, finendo per cadere in un gorgo oscuro da cui il ritorno diventa sempre più difficile. Ed è proprio di questo che parla Secret Empire.
Il cuore e le viscere della nazione
L’impatto di quel “Hail Hydra” fu semplicemente devastante: i lettori si spaccarono e anche testate internazionali discussero di quel momento, del suo modo di rappresentare l’America del Secolo XXI.
Certo non era la prima volta. Anzi, proprio nel primo evento denominato Secret Empire vedemmo Cap confrontarsi con la fine del sogno americano. Sono gli anni dello scandalo Watergate, gli anni in cui la politica americana assume un aspetto sinistro agli occhi degli elettori. Anni in cui i grandi ideali sembrano morire per lasciare spazio alle incertezze. Lo stesso Captain America non era più in grado di riconoscersi in questo mondo, abbandonando lo Scudo. E non fu l’unica volta: in diverse occasioni la politica uccise i sogni di Steve Rogers.
Nel 2016 la Marvel però attuò un’operazione speculare. In passato Steve aveva gettato lo Scudo perché non riusciva a identificarsi con la nuova America di cui era stato simbolo. Questa volta Cap avrebbe agito diversamente. Si sarebbe adattato. Sarebbe diventato il perfetto rappresentante dei nuovi “valori” a stelle e strisce.
Non c’è bisogno di aggiungere che un messaggio del genere non poteva essere accolto unanimemente. La nuova testata di Captain America prima e Secret Empire poi suggerivano agli Stati Uniti quello che nessuno vorrebbe sentirsi dire. Specie un popolo orgoglioso come quello americano, da sempre convinto di essere la più grande democrazia del pianeta. Quel “Hail Hydra” e Secret Empire sussurravano all’orecchio del lettore americano che, sotto sotto, il nuovo Cap li rappresentava a dovere. Che in fondo ogni patriota americano era in potenza un nazista.
Un colpo al cuore, che non mancò di scatenare reazioni viscerali. Tra le più famose, come forse ricorderete, ci fu la scelta di alcuni lettori di dare fuoco a delle copie di Secret Empire #0. Una perversa ironia della storia, se ci pensiamo. Rigettare l’accusa, implicita in quel nuovo Captain America, che gli Stati Uniti stessero subendo una deriva totalitaria, imitando uno dei gesti più rappresentativi del totalitarismo nazista: il rogo di libri. Ma, proprio questo tipo di gesti, sembrò confermare una cosa: la Marvel aveva fatto centro con Secret Empire. O, almeno, col suo lancio.
Il Reich Millenario di Captain America
La storia di Secret Empire inizia in una delle maniere più inconcepibili per il lettore di fumetti. Cap rivela il suo doppio gioco e, in una serie di tavole sconvolgenti, fa quello che non era mai riuscito a nessuno dei villain della Marvel. Sconfiggere i Vendicatori. Con dei presupposti del genere una storia potrebbe essere grandiosa. Potrebbe. Perché qualcosa, all’interno di Secret Empire, fece inceppare il meccanismo.
Quello che poteva essere un magnifico racconto di resistenza e di riscoperta dei valori migliori del Sogno Americano finisce presto per confrontarsi con le scarse idee del team creativo della Marvel. La scelta diviene quella di realizzare una sorta di “quest“, in cui gli eroi (la Resistenza comandata da Occhio di Falco e l’IA di Iron Man) e i traditori (un gruppo di Avengers tra cui Thor, Scarlet, Visione e Deadpool) si concentra ben presto sul recupero delle schegge del Cubo Cosmico, in modo da rimettere a posto l’esistenza di Cap. Il problema è che si concentra troppo su questo punto.
Furono ignorati altri aspetti della trama, come lo scenario distopico degli Stati Uniti. Un luogo dove regna l’ordine desiderato da tanti lettori Marvel (quelli che si sono accesi una sigaretta con il numero 0, si può supporre) al prezzo di elevatissime libertà personali, della segregazione e della caccia a Mutanti e Inumani, della reclusione dell’intera isola di Manhattan sotto una cupola di tenebre e della riscrittura della storia. Uno scenario che fu incapace di brillare.
Invece la Marvel scelse una strada comoda. Forse scoraggiata dalle troppe reazioni contrarie, forse semplicemente desiderosa di andare sul sicuro, la Casa delle Idee ha fatto di Secret Empire solo l’ennesima scazzottata tra buoni e cattivi, dando a questi ultimi il proprio Captain America personale. L’impressione è quella di vedere una Formula 1 affidata a un neopatentato. La conclusione può essere solo una.
Quel che resta dell’Hydra
La conclusione di Secret Empire e dell’intera storyline iniziata con quel “Hail Hydra” si rivelò un niente di fatto. Il fumetto non rispettò le ottime premesse da cui era partito, deludendo perciò i lettori. Anche i capitoli Aftermath, capaci di consegnarci un potenzialmente interessante confronto tra i due Captain America, non riuscirono a essere incisivi.
Il colloquio tra i due Cap era il colloquio tra due Americhe. Quella che voleva ancora essere la guida delle democrazie occidentali, che sposava la causa dell’antifascismo e dell’uguaglianza. E quella fascista che rispondeva alla necessità di avere ordine e che lo avrebbe imposto con ogni mezzo; soffocando le libertà personali, se necessario. Un simile scontro ideologico poteva essere potente, consegnarci una pagina di storia del fumetto. Invece fu molto più blando. Uno Steve Rogers disilluso e ora privo di ciò che lo aveva sempre sostenuto si trovava di fronte a una versione distorta di sé. Ma non riusciva ad affrontarla.
Forse è per questo che Secret Empire fallì. Perché gli sceneggiatori non riuscirono ad affrontare l’incubo di un’America corrotta dallo spettro del populismo, anticamera di ogni regime totalitario. E nemmeno gli Stati Uniti si confrontarono con quell’incubo. Come Steve Rogers nelle appendici del crossover Marvel, gli statunitensi furono incapaci di guardare in faccia la propria versione distorta. Una versione che vive ancora oggi.
Perché, ricordiamolo ancora, Secret Empire non parla (solo) della politica americana. Parla della perdita di valori di un intero popolo, della sfiducia verso le istituzioni. Qualcosa che può portare a scene simili a quelle viste il 6 Gennaio 2021 al Palazzo del Congresso USA, dove dei manifestanti hanno violato uno dei simboli della loro democrazia, portando talvolta su di sé i simboli del Punitore e di quel Captain America, incapace di guardare in faccia la sua versione peggiore, proprio come il resto del suo popolo.