La via del dragone

Negli ultimi tempi, l’onda di favore del pubblico e di successo ricevuta in occidente dai giochi in stile orientale è stata innegabile. Basti pensare a Nioh, tanto per dirne uno. Sfortunatamente però non tutti riescono a raggiungere tali vette di qualità. È questo il caso di Hidden Dragon Legend, titolo indie di Oasis Games e MegaFun, che attinge non tanto velatamente al più famoso Strider e che prova a conquistare il giocatore con un gameplay frenetico ed appariscente, qualche collezionabile da sbloccare ed una veste grafica gradevole. Purtroppo (per gli sviluppatori e per noi giocatori), il gioco stenta ad offrire più di quanto già accennato, nonostante le premesse fossero oneste e gli obiettivi abbondantemente raggiungibili. Ma andiamo con ordine.

Hidden Dragon Legend è un action platformer in 2.5D, ambientato nella Cina imperiale e con un sistema di combattimento basato sulle combo. Per i meno avvezzi al temine, per 2.5D si intende una progressione lineare bidimensionale, da un lato all’altro dello schermo, in un ambiente e con personaggi tridimensionali. Il giocatore prende il controllo di Lu, il protagonista, che si risveglia amnesico in una prigione dove giacciono esanimi i corpi di numerosi prigionieri. Riconquistata la libertà, Lu si rende conto di essere bersaglio dei sicari di una non meglio definita “Organizzazione”, ma anche di essere in grado di combattere con eccezionale maestria con la spada. Sarà obiettivo di Lu, quindi, scoprire chi è che muove i fili dell’Organizzazione e cosa voglia da lui.

Il primo impatto con Hidden Dragon Legend è un mix degli aspetti positivi e negativi del gioco. L’avvio con il filmato introduttivo è deludente: i movimenti dei personaggi sono legnosi, innaturali e poco convincenti. Similmente, anche il lavoro di doppiaggio inglese poteva essere svolto molto meglio. I dialoghi sono a dir poco banali, recitati con totale assenza di convinzione e coinvolgimento, quasi come in un B-movie di bassa lega, il che rende difficile appassionarsi alla storia o immedesimarsi nel protagonista. Di contro, però, l’ambiente di gioco è graficamente curato e ben dettagliato, accompagnato da un buon lavoro di illuminazione, ma da musiche non propriamente memorabili. Anche le animazioni del protagonista e dei nemici migliorano sensibilmente rispetto ai filmati, divenendo molto più fluide e gradevoli, specie nei combattimenti, che sono il vero cuore del gioco. Al netto del bilancio, è un bene che Hidden Dragon Legend voglia fare della sua forza il gameplay, piuttosto che la storia narrata.

I livelli di gioco sono ben strutturati e particolareggiati, nonostante la chiara limitazione data dalla natura bidimensionale della costruzione. Sono presenti un buon numero di aree nascoste e oggetti da collezionare, che invogliano ad esplorare gli ambienti alla ricerca di “soul stones” (i punti esperienza del gioco), nuove armi e i “Sutra”, gli stili di combattimento disponibili. Talvolta, però, la telecamera che segue l’azione tende a nascondere non solo le aree segrete, ma anche piattaforme essenziali per la progressione nel livello, o addirittura alcuni dei nemici. L’azione di gioco, infatti, si divide principalmente in due: esplorazione con platforming e combattimento a telecamera fissa. In quest’ultimo caso, può capitare che alcuni nemici restino bloccati all’esterno dell’inquadratura, rendendo difficile colpirli o evitare i loro attacchi.

Nonostante questo, il sistema di combattimento è ben congegnato, le combo sono facili da eseguire ed offrono spazio al giocatore per combinarle come meglio crede. Allo stesso modo le armi da sbloccare, esplorando i livelli, sono numerose, e ciascuna ha un suo effetto particolare che la rende preferibile alle altre in determinate situazioni o contro specifici nemici. Inoltre, si possono sbloccare e potenziare i già citati stili di combattimento, detti Sutra, che forniscono un bonus alla salute, all’attacco e alla resistenza ai danni, nonché uno specifico vantaggio ulteriore, quando migliorati al massimo.

Anche i nemici offrono una buona variabilità al gioco, facendo sì che l’azione non si limiti all’attaccare distrattamente premendo ripetutamente un solo tasto. Ognuno ha un pattern di attacco diverso e strategie specifiche per essere abbattuto. Insomma, il titolo vi richiederà costantemente attenzione per evitare di essere accerchiati e messi alle strette. Piccolo appunto va fatto per i combattimenti con i Boss, a volte ridicolmente sbilanciati a favore dell’avversario, offrendo una sfida più frustrante che piacevole.

Ciò che però metterà a dura prova la vostra pazienza è l’improvviso picco di difficoltà che il gioco subisce poco dopo la metà dell’avventura, sia per quanto riguarda le sezioni platform, sia per alcuni combattimenti. Il platforming di alcuni livelli in particolare è malamente strutturato e sarà causa di ripetuti fallimenti. Questo anche per mezzo di inspiegabili peggioramenti della reattività dei comandi, che vi porteranno a sbagliare semplici doppi salti senza una giusta causa.

Verdetto:

Cosa è, quindi, Hidden Dragon Legend? Un gioco che vorrebbe fare bene poche cose, ma che non riesce in nessuna o quasi. I combattimenti sono piacevoli, almeno inizialmente, ma richiedono un perfezionamento costante dell’abilità del giocatore, senza però fornirne il tempo necessario a sviluppare tale miglioramento. La veste grafica è discreta, specie nei modelli dei personaggi principali e comprimari, che risultano ben particolareggiati; tuttavia la caratterizzazione degli stessi, così come l’interpretazione e i dialoghi, lascia molto a desiderare, rendendo l’esperienza di gioco frammentata e poco coinvolgente. Sicuramente non è un gioco per tutti, ma forse anche i patiti del genere dovrebbero valutare bene prima di lanciarsi in questa avventura.

Fabrizio Licitra
Biologo osservante ma non praticante, amante della cucina e di videogiochi in egual misura. In attesa che un pazzo con un T.A.R.D.I.S. mi porti all'avventura, o che la Forza si risvegli potente in me, metto sotto stress le ventole della PS4 con lunghi turni di lavoro, assemblo set Lego più grandi di me, e trasformo il balcone di casa in un piccolo orto urbano.