Il genere horror ha da sempre celato molto più di quanto si potesse percepire sullo schermo. Non è da meno l’home invasion, che tra porte sfondate e luoghi comuni, prova a terrorizzare il pubblico giocando sui problemi della quotidianità

XVII secolo.
Negli Stati Uniti stanno arrivando sempre più pellegrini. Persone volte a trovare una nuova vita nelle colonie americane. Si insediano in cittadine come Plymouth o Jamestown. Portano con sé sogni, speranze, passione e, soprattutto, una nuova fede religiosa: il puritanesimo.

E da qui che inizia il viaggio della cultura americana. Dalle dicerie, i costumi, le tradizioni religiose. Le inimicizie, i desideri di espandersi, le contaminazioni artistiche. Da qui parte tutto quanto, ed è da queste colonie che nasceranno i più complessi meccanismi mentali che daranno vita a generi letterari, cinematografici e, soprattutto, agli horror e all’home invasion.

home invasion

Tra tutti quanti i generi cinematografici, se ce n’è uno ricolmo di sfumature, sottogeneri e miriadi di diramazioni varie, l’horror è quello più affascinante e complesso. Tra i vari possession e slasher movie, si annida un genere che nel tempo ha sempre più caratterizzato l’immaginario comune, andando ad influenzare anche altre pellicole.
Con l’home invasion, gli americani in primis, hanno mostrato al mondo il proprio terrore e il proprio retaggio culturale. Hanno proiettato su pellicola la paura che nasce guardando fuori, il mistero che si cela nell’oscurità, nellignoto.


Le prime fortificazioni dei padri pellegrini seguivano come schema perimetrale quello dell’esagono o dell’ottagono, e questo avveniva perché, in un modo  o nell’altro, una “porta” di ingresso permetteva di poter vedere contemporaneamente anche quella del lato opposto. Un concetto che seguiva lo schematismo puritano. Un metodo che provava a prevenire i possibili attacchi da parte dei diavoli della prateria, i pellerossa.
D’altronde, il puritanesimo ha sempre temuto tutto ciò che non potesse essere visto e compreso. Un tempo questo male era proiettato verso il confine dell’Ovest che via via si spostava, in seguito si è manifestato tramite lo spazio e l’oceano, andando a influenzare l’immaginifico di H.P. Lovecraft e Stephen King.

Dopo tutti questi anni, e un simile retaggio, una cosa è certa: la casa è diventata, con il tempo, una manifestazione più concreta e “a portata di mano” del fortino dei padri pellegrini.

Come poter giocare con l’orrore? Come poter dare vita all’Home invasion? Le alternative sono state moltissime e tutte quante hanno provato, in qualche maniera, a ribaltare la visione americana.

Semplicisticamente, l’home invasion è un genere dell’horror che mostra degli sconosciuti entrare in casa dei protagonisti, sottoponendoli a torture, giochi sadici o, più banalmente, a dei massacri.
La casa, un tempo fortino inespugnabile, che viene assalita da una forza malvagia proveniente dall’esterno.

Il genere ha dato vita, nelle sue costanti evoluzioni, agli slasher movie più affascinanti, caratteristici e pop. Da Scream ad Halloween, passando per Venerdì 13, fino a Nightmare (dove, in maniera ancora più sottile, è la mente il luogo assediato).

Dal classico Funny Games che ha traumatizzato generazioni e critica, dove il male viene incarnato da giovani ragazzi qualunque che si sfogano su una semplice famiglia, passando a Knock Knock, con uno sventurato Keanu Reeves vittima della bellezza letale di una giovane Ana De Armas.

La fascinazione artistica maggiore che crea nello spettatore questo genere è, senza dubbio, data da una serie di elementi caratteristici che vengono riproposti a più riprese. Innanzitutto, il più importante, è che le sequenze si articolano solo su una scena (o poco più). Quasi a fare l’eco ai one-location movies (Le Iene o The Hateful Eight, per fare qualche esempio).

home invasion

D’altronde cosa serve oltre alla casa? Nulla.
Negli Home Invasion, al massimo, potremo avere qualche veduta degli altri spazi della dimora, molto spesso con ampi spargimenti di sangue nel salotto e in giardino, ma mai altre location.
Perché l’interesse maggiore ricade su questi due luoghi dell’abitazione? Il salotto perché è il luogo di ritrovo del nucleo abitativo. L’ambiente che, per antonomasia, riunisce i singoli elementi della famiglia, rappresentando una stanza di conforto e dialogo. Per questo i vari registi amanti del genere decidono di dare libero sfogo al genio “creativo” dei killer nel salotto. Come a rappresentare brutalmente un distaccamento dei legami. Una forza esterna che, per prima cosa, massacra la rappresentazione stessa della famiglia.

Il giardino, invece, ha da sempre simboleggiato l’ambiente “esterno” sotto il totale controllo. Nelle villette americane siamo soliti vedere ampie vetrate che affacciano sul prato domestico. Sia dal salotto, che dalle camere da letto, la visuale è perimetrale e rassicurante, quasi confortevole. Come lo era per i padri pellegrini che dovevano costantemente monitorane lo spazio che si frapponeva tra loro e gli indigeni.
Il giardino è il primo luogo dove il killer pone il proprio sguardo sugli innocenti. È qui che inizia la fase di studio e pianificazione.

L’evoluzione, successiva, dell’home invasion si è vista con una saga, divenuta poi serie TV, molto celebre, quanto intrigante (seppur i rivedibili gli ultimi capitoli): The Purge.

Con La notte del giudizio, il luogo sicuro, che fino a poche ore prima si poteva estendere sulla totalità cittadina, viene nuovamente indicato come la casa, vero elemento che si frappone tra il protagonista e i mostri urbani. Qui, però, il male non proviene dall’esterno, non si cela in un paese del medio oriente o dell’eurasia, non proviene dallo spazio, dagli inferi o dalle profondità della terra. Il male è già dentro la città, il male è il proprio vicino di casa, il civile inerme che si tramuta per una notte in un insaziabile cannibale. Tutto ciò quasi a voler far aprire gli occhi ai cittadini americani, dimostrandogli che non bisogna ricercare il pericolo per forza oltre i confini degli Stati Uniti, ma basta guardare per strada. La società è malata e le sue storture stanno creano nuovi mostri.

Altro elemento che definisce l’home invasion è senza dubbio l’assenza di una colonna sonora con cadenza regolare. Se ci si fa caso, l’elemento fondamentale di ogni Horror che si rispetti è il tempo. Un buon tempo cinematografico permette al terrore di avanzare e sopraggiungere a proprio piacimento. Questo può essere permesso, anche, se non solamente, da una colonna sonora che si sposa alla perfezione con le scelte registiche, ma se non fosse così? Se la colonna sonora fosse irregolare? In questo genere, infatti, il sottofondo segue l’imprevedibilità della quotidianità, andando a creare l’ennesimo elemento che disturba ancor di più lo spettatore in sala, sempre più immedesimatosi all’interno della pellicola. C’è credibilità, realismo, veridicità.

Le influenze storiche, nell’home invasion, sono profondamente radicate nelle origini più antiche degli Stati Uniti d’America. Le riproposizioni cinematografiche e seriali, di conseguenza, sono semplicemente diventate un modo per poter vomitare su pellicola un subconscio martoriato e un’anima affranta. La critica sociale si sposa con urla, palpitazioni e scelte registiche, portando il pubblico a immedesimarsi ancor di più negli sventurati protagonisti dell’opera. Un pugno nello stomaco che apre gli occhi e, nonostante tutto, non è mai completamente fine a sé stesso.
Basterà un grido di terrore per cambiare il pensiero di una persona? Non lo sapremo mai, ma in ogni caso chiuderemmo accuratamente la porta questa notte. Non si sa mai, in fin dei conti.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.