Netflix trova la summa dei suoi temi e della nuova forma del binge watching con I am not ok with this
Netflix e la sua collaudata forma di intrattenimento. Prendete un giovane protagonista, rendetelo lo strambo della situazione, contornatelo di personaggi estremamente buffi fin nella loro natura e fateli relazionare nelle dinamiche adolescenziali e nelle convenzioni sociali scolastiche che ne determinano conflitti e sviluppi della storia.
Riempite, poi, questi elementi principali con le particolarità del genere, affidando al protagonista un potere paranormale e facendogli attraversare i passaggi di un’educazione sentimentale e sessuale che passa tutta tra quei banchi di scuola, con genitori assenti e fratelli adorabili a fare da controbilancia della loro infinita irrequietezza.
I am not ok with this sembra, in questo caso, la summa di tutti quei caratteri che la piattaforma si porta dentro, presi da svariati prodotti che fino ad ora hanno fatto la fortuna del servizio streaming, diventati quasi temi portanti e elaborati fino a racchiuderli tutti in un unico, interessante contenitore.
È l’inedita operazione condotta da Jonathan Entwistle, quella portata avanti con i protagonisti Sophia Lillis e Wyatt Oleff, che guarda caso porta la firma, come ideatore, della stessa mente dietro a un’altra serie di grande risonanza per Netflix, quel The End of the F***ing World di cui il nuovo prodotto ricalca, non poi così vagamente, le atmosfere.
I am not ok with this e tutto ciò da cui prende la serie di Jonathan Entwistle e Christy Hall
Alla testa, dunque, del teen drama all’insegna del mistero dietro i poteri psichici della protagonista – contrappunto sovrannaturale ai ben più concreti problemi della sfera emotiva e famigliare che la giovane deve quotidianamente affrontare – Entwistle riprende due talentuosi attori del capitolo primo dell’It di Andy Muschietti e li catapulta ancora una volta nella staticità di una periferia americana senza un chiaro punto di riferimento nello spazio e nel tempo.
Una località neutra, sbilanciata verso quel richiamo anni Ottanta che si rifà, per l’appunto, alla moda moderna di resettare il presente e ricollegare le fantasie alla nostalgia del passato, facendo del classico di Stephen King un punto di forza. Suggestione che quei due personaggi sono destinati a richiamare, mostrandoci però un’altra loro essenza del tutto inesplorata.
Se nel romanzo riadattato a opera cinematografica era una carica esterna a trasportare i protagonisti nelle assurde esperienze paranormali, a decretare le follie innaturali della protagonista Syd (Sophia Lillis) è il personaggio della giovane stessa, da un anno costretta a convivere con il suicidio del padre e del tutto fuori contesto tra le attenzioni del suo vicino di casa Stan (Wyatt Oleff) e la mancanze della sua migliore amica Dina (Sofia Bryant).
Una potenza che Syd crede di poter controllare, ma diventerà ben presto quest’ultima a predominare su di lei, aumentando e diminuendo a seconda dell’impazienza, dell’irritazione e dell’imbarazzo della ragazza, come un ripetuto e aumentato battito cardiaco.
Tra sovrannaturale e montaggio percettivo: come sentiamo il potere si Syd
Andando ad aggiungere, quindi, quell’aurea da Stranger Things che ha fatto da cassa di risonanza per il successo globale dell’involucro Netflix, condendolo di quella gestazione dei propri istinti adolescenziali e amorosi di cui ci parla e insegna Sex Education, I am not ok with this contribuisce con la scelta di una costruzione che sottolinea ulteriori aspetti della narrazione per immagini, facendo del montaggio visivo e del suo corrispettivo sonoro un amplificato modo per raccontare questa bizzarra storia.
Un’attenzione alla messinscena che si fa ben più articolata secondo i canoni dell’alternanza di scene e frammenti sparsi, che tendono a ripresentare, ogni volta, i pensieri e le preoccupazioni che la protagonista porta al proprio interno, rivivendole come memorie che si mostrano presenti per entrare in sintonia con le emozioni incasinate e confuse di Syd.
Scelta disgregata e significante, che lavora sulla narrazione semplice eppure coinvolgente scritta da Entwistle – anche regista – assieme a Christy Hall, che procedendo attraverso un montaggio percettivo, permette un integrato senso della visione e della vicinanza alla protagonista, facendo dello spettatore complice dei turbamenti che il suo potere è portato a suscitare.
Nella ricerca del suo nuovo posto nel mondo, quello di adolescente impegnata nel tentare di vivere una vita normale, di figlia confusa dalla dipartita inspiegabile dell’amato padre, di amica e confidente, è anche la cultura popolare ad entrare a far da appoggio per l’apprendimento dei poteri di Syd, guardando alla mitologia supereroistica in quanto altra valvola culturale della contemporaneità, che non fa più dei supereroi i protagonisti, ma le figure da cui trarre per capire se stessi.
Il paradigma del binge watching e come Netflix lo rispetta
Utilizzando al meglio l’opportunità di combinazione tra i diversi, ma rinomati elementi, I am not ok with this ha, proprio in linea con la condivisone delle storie che Netflix continua a promuovere, uno dei problemi che più lasciano perplessi gli spettatori della piattaforma, ovvero un modus operandi che l’universo seriale streaming sta sempre più codificando, riscrivendo in toto la maniera di comporre serie.
È la mancata chiarezza di un’intera stagione che va lasciando interdetto parte del pubblico, quel senso di lungo preambolo che oramai i prodotti audiovisivi sembrano perpetrare, mossi dalla diffusione del binge watching e allungando eccessivamente l’esposizione di storie e svolgimenti.
Il risultato rimane, comunque, il piacere indiscusso che si può provare nella visione di un’operazione quadrata e ben assemblata come I am not ok with this, ma di contro anche quel restare costantemente al principio di qualcosa che non sentiamo mai realmente arrivare e che solo superando lo step iniziale – con una sorta di “stagione d’apertura” – può generare un autentico senso di soddisfazione.
Aspettando il futuro di I am not ok with this
Facendosi paradigma di tutto ciò che la serialità Netflix sta designando nel suo percorso, incuriosendo e ponendo tutte le possibilità per aprirsi a una fondata narrazione completa e intrigante, I am not ok with this conquista lasciando affabilmente sospesi sul futuro di Syd e degli altri personaggi.
Con una Sophia Lillis che mostra, con la goffaggine apprezzabile della sua piccola freaks, la sua bravura sempre più in via di consolidarsi e uno Wyatt Oleff dalla comica presenza fisica e umorale. Personaggi di cui non possiamo che domandarci attorno al loro inquietante, prossimo destino, su cui, per ora, si dovrà aspettare. Al momento, però, we’re ok with this.