Nella cultura americana l’ignoto ha rappresentato svariate forme di “paura”, ma quella che ha sempre terrorizzato l’essere umano è l’incapacità di comprendere
Oscuro, profondo, disturbante, inquieto.
L’ignoto, nelle manifestazioni artistiche, nella storia, nella letteratura, ha preso le sembianze più disparate.
Dal gorgogliante e blasfemo Yog Shototh di Lovecraft, passando per i flutti del Maelstrom di Poe, dalla follia di Jack Torrance, sino all’affabulatoria Bestia di Over the Garden Wall. Tutte ombre della nostra mente, lugubri ed ignote figure partorite da nient’altro che la primordiale ignoranza dell’essere umano.
Da sempre la cultura americana, attraverso i suoi prodotti artistici, ma anche popolari, ha trasposto (soprattutto nell’immaginario orrorifico) la dicotomia cultura-ignoranza con il dualismo bene-male.
L’esterno o, per meglio dire, l’ignoto rappresenta quel locus horridus dove il nemico immaginario che minaccia la nostra mente vive e brama di sottometterci. Tutto ciò nasce, fondamentalmente, dalla cultura puritana. La religione dei primissimi coloni, che, successivamente, ha profondamente, se non radicalmente, influenzato tutta la cultura americana.
Le vaste distese del vecchio West erano territori nemici dove i “diavoli” pellerossa vivevano e provavano a schiacciare i nuovi arrivati (o invasori). Popoli che, in fin dei conti, non erano realmente nemici, ma l’ignoranza provata dai coloni verso quella cultura, i loro luoghi di origine, e i loro costumi , li condannò definitivamente.
Anni dopo, l’ignoto, che si è sempre celato nell’oscurità dell’esterno, subì un’evoluzione sostanziale. Se prima era rappresentato dalle lande desertiche del West dove vivevano gli indigeni, adesso diveniva la mente e, spingendoci ancora più in là, lo spazio profondo.
Edgar Allan Poe e Howard Philip Lovecraft l’avevano capito. Avevano compreso i tumultuosi gorgoglii dell’animo umano dinnanzi al diverso. Avevano percepito la profonda sofferenza delle menti davanti all’inquietudine della morte che, anch’essa, ritorna nuovamente a rappresentare il terrore del “non sapere”, la paura per l’ignoto e l’oblio. Cosa c’è nello spazio? Shub Niggurath pronto a pasteggiare, attraverso la sua progenie, con le nostre anime? Cosa si cela tra i flutti dell’oceano? Le non euclidee porte di R’lyeh o il gelido richiamo del mare per i pescatori di Poe?
Interrogativi che hanno permesso di dare forma alla paura, un contorno agli incubi. Racconti dove tutti quanti i protagonisti erano costretti a soccombere dinnanzi al male, perché incapaci di poter lottare contro un nemico sconosciuto e un destino, per l’appunto indefinito. L’elemento che contraddistingue, tutti questi improvvisati eroi protagonisti dei romanzi di Lovecraft è infatti la cultura. Unico vero tratto capace di accomunarli.
Studiosi, letterati, persone di spessore sociale o artisti. Uomini capaci di andare oltre le proprie vedute che, purtroppo per loro, sono costretti a cadere davanti l’incapacità di riuscire a comprendere gli abomini che si oppongono al loro destino e consumano la loro mente. Una paura recondita e viscerale che è stata ricostruita e plasmata anche dal genio di Stanley Kubrick con una delle sue opere più discusse ed affascinanti: Shining.
L’opera del leggendario cineasta, tratta dal romanzo di Stephen King, riesce a modellare ulteriormente questo elemento fondante della cultura immaginifica americana. Il nemico ignoto non proviene più dall’esterno (cosa che, conseguentemente, ha influenzato anche la politica estera americana), ma dall’interno, da quel luogo sicuro che in passato era rappresentato dalla casa. Jack Torrance non deve più temere che qualcuno lo venga a prendere all’interno dell’Overlook Hotel, perché sarà lui a diventare la minaccia per la sua famiglia, divenendo quella macabra ed insensata rappresentazione di violenza, irrequietudine e follia.
Una piaga che ha infettato, secondo Kubrick, anche l’animo del cittadino americano, il quale non deve più guardare verso l’esterno per trovare il nemico (Vietnam), ma all’interno della proprie società, celato tra la folla pronta a sovvertire il sistema del quale è stanca ma partecipe.
L’unica soluzione per porre fine a questo costante declino è affidarsi alla ragione, alla luce, alla speranza, all’ingegno. Ed è Danny il piccolo eroe risolutore, animato dalla scintilla e dalla genuinità dell’infanzia.
Non appena la razionalità vacilla, l’eroe è costretto a cadere
Un ignoto che si manifesta anche negli antri naturali ed oscuri del bosco di Over The Garden Wall, una delle opere più geniali e incredibili presenti sul piccolo schermo e partorita dall’eccelsa mente di Patrick McHale (Adventure Time).
“Into the unkwon” è così che inizia il viaggio di Greg e Wirt, due giovani viaggiatori alla ricerca della propria strada, costantemente minacciati dalla Bestia, massima rappresentazione di tutto ciò che ha fatto vacillare l’essere umano durante le sue prime fasi di vita. Un mostro affascinante che potrà essere sconfitto solo grazie alla ragione e al cuore. Una creatura che metterà costantemente alla prova la vita dei due terrorizzati viaggiatori.
Forse è per questo che l’Ignoto, e tutto ciò che rappresenta, rimarrà per sempre la più grande paura dell’essere umano: perché non siamo più capaci di far incontrare cuore e ragione, non riusciamo a trovare il sottile filo che li unisce, o forse, più semplicemente, non vogliamo farlo.