Il tempo passa. Questo è sia un dato di fatto che un concetto incontrovertibile. Passa, e con esso si guadagnano sempre più anni. I bisogni cambiano, e come dei novelli Edward Norton, cominciamo a staccarci del mondo per chiuderci in noi stessi e nelle nostre case, magari alla ricerca dell’arredamento perfetto. Simulacro di questo nuovo status mentale è il catalogo Ikea, pochi dubbi: l’osannato, atteso, adorato catalogo di Ikea. Se agli albori (ma forse anche perché ero più giovane io) Ikea non era che un’opzione della costruzione della propria identità immobiliare, oggi non appena prendi una stanza/casa/rifugio, la prima cosa che ti viene da fare è correre da Ikea.
Invidio il signor Ikea, invidio il suo modo di fare branding, il suo business. Ormai è una cosa così radicata, Ikea, nella testa della gente, che qualcuno ci va anche solo per passarci una domenica e rubarsi un po’ di matite. Non sono eufemismi, è la verità. Ma assieme a questo concept è un’altra la cultura che si è fatta strada negli ultimi anni. Per ogni Edward Norton che cresceva nel proprio nido Ikea, c’era un Tyler Durden desideroso di uscire dalla conformità. La cosa ha anche un senso, perché, metti, qualcuno prima o poi avrà capito che molto difficilmente si può creare “identità”, di sé stessi e del proprio habitat, attraverso l’acquisto di un prodotto di cui ne esistono milioni di campioni. A Ikea diamo il merito di essere alla portata di tutte le tasche e di aver instillato anche in me la necessità di una scarpiera, ma forse, come Tyler, desidereremmo di più. Usciamo dal seminato di questa breve dissertazione di marketing e parliamo dell’argomento del titolo, dei signori Durden, degli Ikea Hackers!
Nato circa 8 anni fa, il movimento degli Ikea Hackers (la “s” in italiano non si dovrebbe usare, ma restiamo fedeli al loro “marchio”) si propone un obiettivo molto semplice: trasformare un prodotto conformato – e conformista – in qualcosa di diverso, di nuovo, e soprattutto di creativo. Il tutto attraverso la condivisione libera di progetti attraverso il portale ufficiale del movimento. La filosofia è quella dello sperimentalismo più genuino, in cui persone che originariamente si proponevano semplicemente l’obiettivo di abbellire un prodotto standardizzato si sono poi trasformate, di fatto, in designer dell’ultim’ora, talvolta con risultati incredibili e affascinanti. Artefice di quella che negli anni è diventata una vera e propria rivoluzione delle dinamiche di acquisto degli “ikea addicted” è stato Jules Yap, un nome che in rete è sempre stato accostato ad una figura anonima, ma comunque attenta nell’interfacciarsi con i suoi utenti e nell’invogliare i brillanti “hacker” di tutto il mondo a condividere le più svariate trovate. I risultati sono eccezionali, da lampade che si trasformano in bat segnali, a timer da cucina che diventano cavalletti rotanti per macchine fotografiche. La bellezza di questa idea e del progetto tutto è proprio la sua inaspettata genialità che, vai a vedere, si nasconde nelle persone comune e non in chissà quale fantasioso designer. È sorprendente quanto le necessità e la creatività distruggano la banalità di un mobile brutto, squadrato e dal nome improbabile trasformandolo in qualcosa di dinamico e “interattivo”, nella misura in cui non semplicemente ti monti il mobile da te, ma su ispirazione di una necessità te lo crei trasformando Ikea in nulla più che un fornitore di materiali a buon mercato.
Purtroppo però Yap, hacker a sua volta, è stato proprio di recente chiamato in causa dai legali di Ikea che gli hanno inviato una lettera con un invito a “desistere” dal proseguire la sua attività o, quanto meno, a eliminare dal proprio dominio la parola “IKEA”. C’è chi, in rete, parla di “bullismo” da parte di una società che si fa forza del suo nome per togliersi dalle scatole un piccolo sognatore. Non si nega la capacità di Yap di fare denaro sul e con il proprio sito, ma che nerd saremmo se non gli dessimo atto della sua innovazione e della sua inventiva? Quel che sarà il futuro del sito è ancora incerto, fatto sta che Ikea Hackers è ancora lì e potete visitarlo all’indirizzo www.ikeahackers.net in cui è ancora possibile partecipare a quella che è una community vastissima e attiva, con cui potete interfacciarvi, chiacchierare o anche solo condividere idee. Non siamo qui, ovviamente, per fare markette al signor Yap, ma in un mercato le cui dinamiche sembrano soggette al conformismo, e soprattutto in un’ottica del consumo in cui si sente sin troppo bene la necessità del superfluo, da bravi nerd, da “controtendenti” per scelta (e mai per moda), pensiamo valga la pena di parlare di idee come queste, di “tylerdurdenate”. Perché non c’è niente di più zen che sopravvivere alle leggi del mondo, sovvertendole pacificamente e, metti, riuscendo persino a creare un fenomeno di innovazione sociale.