Il capo perfetto, film di Fernando León de Aranoa, con Javier Bardem, ci racconta di un capo disposto a tutto pur di raggiungere “l’equilibrio”
uando parliamo di piattaforme di streaming vi è un dato certo: il catalogo di SKY e Now TV si arricchisce più lentamente e con meno prodotti rispetto ai concorrenti (Netflix in primis, ma anche Prime e Disney non sono da meno). Tuttavia è altrettanto evidente che, se facciamo un confronto qualitativo, il più delle volte non c’è paragone e la bilancia pende spesso a favore di SKY.
Anche perché la maggior parte dei film usciti nelle sale finiscono poco dopo nella piattaforma fondata da Rupert Murdoch e questo rappresenta un plus notevole.
L’aver parlato di bilance peraltro non è stato affatto casuale, perché uno degli ultimi e fiammanti prodotti di SKY e Now è Il capo perfetto, film di Fernando León de Aranoa, con Javier Bardem protagonista nei panni di Julio Blanco, proprietario di un’azienda produttrice di bilance industriali sita nella provincia spagnola.
“L’equilibrio è importante. Facciamo bilance, ne capiremo un po’ o no?”
Prosegue dunque la collaborazione tra il regista madrileno e Bardem, dopo che l’attore aveva già recitato in Escobar – Il fascino del male, interpretando proprio il noto boss colombiano. Ne Il capo perfetto il suo personaggio non raggiunge i medesimi picchi di violenza e propensione criminale, tuttavia dietro quella apparente maschera di bontà e un perenne sorriso, si nasconde un viscido approfittatore, un essere spietato che pensa soltanto a se stesso, al raggiungimento del successo ma sempre teso al mantenimento di una vita “equilibrata”, quantomeno sulla carta.
La retorica della grande famiglia delle aziende industriali che passano di mano in mano, di padre in figlio, mantenendo generazioni di dipendenti, si scontra purtroppo con le ambizioni dei “figli d’arte” che prendono il potere, imprenditori che, a differenza dei genitori, si sono trovati la pappa pronta e non conoscono il reale significato della parola sacrificio.
Certo, tenere in piedi un’attività, soprattutto se di grandi dimensioni e con molti dipendenti, non è affatto semplice, ma chiaramente tirarla su da zero è tutta un’altra cosa. Sembra invece non rendersene conto Julio, che dall’alto del suo ruolo impartisce lezioni di vita e professionali a chiunque, dai dipendenti più fidati, alle loro mogli, fino alle proprie stagiste. E sarà proprio una di queste ultime a complicargli ulteriormente le cose, portando la narrazione nello scivoloso terreno delle relazioni extraconiugali.
In realtà sono molti i nodi che si intersecano in una trama lunga e meno lineare del previsto, e ogni volta che il nostro protagonista si trova a dover districare un passaggio notiamo come assuma caratteristiche via via sempre più infide e inquietanti, mostrandoci il vero volto dietro la maschera di bonari sorrisi.
Blanco è un ottimo amante, finché la relazione non si complica; è un buon amico, finché l’amicizia non entra in contrasto con il lavoro; è il capo perfetto, finché i suoi dipendenti gli fanno comodo.
“Non trattatemi come un capo“, continua a ribadire a chi lavora nella sua azienda, eppure è esattamente ciò che pretende, e quando qualcuno esce dai binari si prodiga a rimetterlo in riga ad ogni costo, sempre per la salvaguardia di quell’apparente equilibrio.
Nell’ossessiva ricerca di una vita bilanciata rientra naturalmente anche il suo matrimonio con Adela (Sonia Almarcha), proprietaria di una boutique di moda, che sebbene sia ormai routinario e vittima delle scappatelle del marito, l’uomo fa di tutto per tenere in piedi, cancellando ogni traccia di infedeltà: proprio l’infatuazione per la bella e compiacente giovane stagista Liliana (Almudena Amor) sarà infatti uno dei momenti chiave del racconto e di quei nodi da sciogliere a cui facevamo accenno poco fa.
Il maggior pregio di questo film – che ha fatto incetta di premi ai Goya – è senza dubbio la capacità di rendere interessante una trama all’apparenza vista e rivista, modificandola non tanto nel contenuto ma nella forma, grazie ad un Bardem in stato di grazia (e stavolta nelle vesti di un cattivo “atipico”) ma soprattutto al modo in cui lo script riesca a inserire sempre al momento giusto una lunga serie di intoppi nel percorso verso il premio e la gloria di Blanco e la sua azienda.
“A volte devi toccare la bilancia per trovare l’equilibrio”, ama ripetere Julio, e così come il suo protagonista anche il regista Fernando León de Aranoa riesce, in un modo o nell’altro, a regalarci una perfetta armonia.