Come trasformare uno smartphone in un “piccolo” laboratorio d’analisi.
Con oggi Stay Nerd inaugura una nuova rubrica, una rubrica talmente nuova che non ha ancora un nome! Ci siamo presi un momento per espandere i nostri contenuti editoriali. Ciò che vi proponiamo oggi è una rubrica scientifica, che cercherà di spaziare da campi come la medicina, la biologia, e l’ingegneria. Stay Nerd ovviamente non è, e non sarà mai, una rivista di divulgazione, con questo non vogliamo dire che ciò leggerete nella nostra rubrica sarà frutto di un lavoro approssimativo e qualunquista, tutt’altro. Come per tutte le altre tipologie di articolo, controlliamo sempre le nostre fonti al fine di offrirvi contenuti di qualità. Questa promessa è d’obbligo perché, ormai lo sapete, non raccontiamo cazzate, e di certo non vogliamo prendere il posto di riviste specialistiche ben più competenti di noi. Detto questo passiamo al gadget di oggi!.
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La quantità di features e applicazioni disponibili sulla gran parte degli smartphone è impressionate. Nel palmo di una vostra mano, considerando solo le qualità base, avete a disposizione: un telefono, un browser per la navigazione in internet, una fotocamera/videocamera e, considerando anche le applicazioni per vedere video in streaming, anche una piccola televisione. Tutte qualità che ormai sono entrate a far parte della nostra routine e che, in soldoni, non ci stupiscono più di tanto. Gli smartphone ormai fanno di tutto, ma avete mai preso in considerazione di “farvi tirare il sangue” dal vostro smartphone? Se sì, o siete dei sadici, o siete dei geni della bioingegneria medica. Benché la cosa possa sembrare assurda, c’è chi ha effettivamente sviluppato questa idea. Il concetto di per sé è anche abbastanza semplice: prendere quei kit di laboratorio indispensabili per identificare alcune patologie (nel nostro caso HIV e Sifilide) e renderli prima di tutto “handled” e in qualche modo interfacciarli ad uno smartphone. Ok, forse la cosa non è così semplice. A sviluppare l’idea è stato Samuel K.Sia, professore associato della Columbian Engineering. Sia ha creato un dongle collegabile alla maggior parte degli smartphone e pc, comprensivo della strumentazione diagnostica e anche del pungidito necessario per prelevare il campione ematico. Per chi non avesse dimestichezza con i termine il “pungidito” non è altro che un piccolissimo ago che, come il nome suggerisce, vi punge per far fuoriuscire qualche goccia di sangue. La semplicità dello strumento permette a chiunque con un minimo di training di utilizzarlo, senza bisogno di avvalersi di personale medico o infermieristico. Un po’ come avviene per i pazienti diabetici che attraverso i glicometri portabili misurano giornalmente i livelli ematici di glucosio.
Come funziona questo gadget? Il dongle sviluppato dal Dr. Sia si attacca con un jack da 3,5 al vostro smartphone e non richiede batterie esterne o altra fonte di energia, i risultati delle analisi saranno inviate direttamente al cellulare tramite un applicazione apposita. Il dongle è costituito essenzialmente da due parti, la prima che possiamo considerare il “piccolo laboratorio” e che di fatto è l’hardware in grado di effettuare l’esame, la seconda parte è una piccola cassetta contenete i reagenti chimici (definiti in gergo tecnico Markers) indispensabili per portare a termine la procedura. Il sistema utilizza il metodo ELISA, il termine non è il nome di una bellissima donna che ha scoperto questo sistema, ma un acronimo inglese che in italiano significa Saggio Immuno-Assorbente legato ad un Enzima. Cercando di essere sintetici, ma per informazioni dettagliate sull’argomento potete avvalervi di qualsiasi testo di biomedicina, si tratta di un potente e versatile sistema diagnostico che rileva la presenza di una sostanza utilizzando un anticorpo (o più) legati ad un enzima specifico. In parole molto povere: immaginate di dover riconoscere una persona che non avete mai visto in faccia, ma che sapete indossare sempre un abbigliamento particolarissimo. Ok, l’esempio è forse un po’ assurdo, ma speriamo sia calzante che per rendere chiaro il concetto. Tornando al dongle, questo è capace di effettuare in circa 15 minuti, tre dosaggi contemporaneamente: eventuale sieropositività all’HIV, test per anticorpi specifici (e non) anti-Treponema (il Treponema Pallidum, non è altro che il batterio responsabile della Sifilide). Ricapitolando: si collega dongle e markers allo smarphone, si preleva qualche goccia di sangue col pungidito, le si “collocano” sul vetrino (poi vengono letteralmente catturate per capillarità) appositamente inserito nel macchinario e si fa iniziare il test. La scoperta di per sé, non è innovativa nel senso stretto del termine, infatti, sotto il profilo diagnostico non c’è nessuna grande novità… ma sul profilo pratico ce ne sono eccome. Pensate a quei paesi e a quelle aree geografiche dove è letteralmente impossibile avere laboratori moderni, pensate a come sarà facile effettuare test velocemente abbattendo così anche i costi. Pensate che il sistema costerà circa 35 dollari, una cifra davvero irrisoria considerando la sua effettiva utilità. I primi test con queste apparecchiature si sono svolte in Rwanda su un campione di 96 persone, i risultati sono stati abbastanza soddisfacenti, con un indice di affidabilità e precisione piuttosto alto. Per ora l’idea del Dr. Sia sembra vincente, c’è da dire che da qui alla sua entrata in commercio, e quindi il suo effettivo utilizzo, c’è ancora parecchia strada da fare. In ogni caso confidiamo in questo gadget e speriamo vivamente che gli smartphone possano essere qualcosa in più rispetto a ciò che sono ora.