Di nome e di fatto.
Il Gioco dell’Oca è un piccolo romanzetto grafico, di dimensioni, non di numero di pagine (110), scritto da Stefano Munarini e disegnato da Mauro Ferrero, edito da Tunué per la collana Le Ali (a 9,90€). La storia ci parla di Jason Ruston, adolescente un po’ nerd e affamato di gloria, a cui un giorno viene un’idea geniale quanto controversa: assumendo l’identità di vari autori semi-sconosciuti di fumetto, riesce a farsi invitare da numerose fumetterie del paese per sessioni di firme et similia, con viaggi, lussi e residenze pagate. Senza considerare il trattamento di riguardo che la comunità dei fumettari riserva agli autori, di qualsiasi peso e caratura.
Per questo il titolo Il Gioco dell’Oca, perché è di questo che parla il volume, di un ragazzo che, “giocando”, salta alcune tappe della strada per il successo. Ma, come ben saprete, al gioco non può dirti sempre bene, e può capitare persino di dover ricominciare da capo. Jason Ruston, quando il suo piano viene scoperto e tutti i suoi sogni sembrano andare in frantumi, sarà capace di prendere in mano le redini della sua vita e diventare, senza scorciatoie, un autentico autore di fumetti?
La storia si sviluppa a ritmo abbastanza contenuto e ha il vago sapore dell’autobiografia. In fondo parla dell’aspirazione, prima inconscia e poi riconquistata, di un ragazzo che vuole fare fumetti. Il modo in cui questo accade è poi assurdo, eppure non presenta i tratti dell’eccezionalità usati spesso nella narrazione letteraria (tranne, per l’appunto, nelle storie autobiografiche o ispirate a fatti realmente accaduti). È come se l’autore volesse invitarci a riflettere su temi per lui veri e presenti, e per farlo non abbellisce né drammatizza, in senso teatrale, nulla della sua storia. Neanche il finale si discosta da questo principio e forse è dove si sente di più la mancanza di qualche “scossone”. Ad ogni modo gli amanti dei racconti più calmi e posati, proprio perché questi sono solitamente in minoranza, stavolta possono dormire sonni tranquilli.
Anche lo stile dei disegni esula la canonicità pop senza remore. Il tratto e le forme, essenziali e particolari (vedere per capire), per quanto potenzialmente stranianti verso chi ha un gusto estetico più classico, si sposano bene assieme alla colorazione in scala di grigi con il tipo di narrazione introversa. La gabbia fumettistica è usata in modo classico praticamente sempre, con qualche piccola eccezione, sempre rispettando il proposito di lasciar parlare la storia da sé.
In quanto a essa, avendo già parlato del ritmo un po’ “scandinavo”, possiamo comunque rassicurarvi che riesce, a modo suo, ad appassionare. La digestione lenta, in fondo, non rovina il sapore di un piatto o la sazietà che ne deriva. E, proseguendo la metafora culinaria, le tavole di meta-fumetto de Il Gioco dell’Oca sono assolutamente deliziose.