Un’opera dalle mille contraddizioni
Napoli, 26 ottobre 1931. Un bambino è trovato morto sulla scalinata di Capodimonte, il corpo segnato dagli stenti e un piccolo Jack Russel Terrier a fargli da guardia.
Il commissario Ricciardi, creatura nata dalla penna di Maurizio de Giovanni, arriva sul luogo della tragedia. ll suo quinto senso e mezzo – tanto per citare un altro detective bonelliano – si attiva: quella che sembra una drammatica fatalità potrebbe nascondere una storia più complessa e angosciante, il cui sviluppo si andrà a sovrapporre con il momento più malinconico dell’anno: il giorno dei morti.
“Il commissario Ricciardi – Il giorno dei morti” è il quarto romanzo del ciclo delle stagioni di de Giovanni, inaugurato nel 2007 con “Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi”. Siamo in pieno autunno, sia nella collocazione temporale, sia nelle atmosfere, definite, nette e inequivocabili. La graphic novel in questione, pubblicata da Sergio Bonelli Editore, è la trasposizione in fumetto dell’originale pubblicato da Fandango nel 2010 e conclude – così come nei romanzi – le quattro stagioni del commissario napoletano. Il volume è disegnato da Luigi Siniscalchi, sceneggiato da Sergio Brancato, Claudio Falco e Paolo Terracciano.
Nonostante abbia avuto un concepimento al di fuori degli uffici Bonelli, il commissario Ricciardi sembra a tutti gli effetti un personaggio tipico della casa editrice di Dylan Dog e Martin Mystère. Come molti dei protagonisti Bonelli, Ricciardi svolge le proprie indagini mosso da un intuito fuori dal comune e da un profondo senso di giustizia, che lo porta a confrontarsi con coraggio anche con persone molto più potenti di lui. Esemplare, a questo proposito, il clima sospeso e quasi irreale che si crea a Napoli in vista dell’arrivo di Benito Mussolini. Questa presenza incombente, che non culminerà mai in un incontro o in un vero e proprio evento, definisce in maniera cristallina le esigenze e le ipocrisie della classe dirigente. Da un lato tutti quelli che sono dissidenti o sedicenti tali sono tenuti sotto stretto controllo, dall’altro la città deve avere un parvenza – e poco importa se non corrisponde alla sostanziale verità – di ordine, pulizia e disciplina.
In questo contesto storico e politico, il commissario Ricciardi si muove come un cane sciolto, interessato unicamente a rendere giustizia al corpo abbandonato di un orfanello. Il piccolo Tettè, dimenticato da tutti (o quasi) sembrerebbe agli occhi di tutti morto per un incidente. La tenacia con cui il commissario si batte anche contro l’evidenza pur dare una spiegazione alla sua dipartita è propria di un eroe letterario, i cui processi mentali sfuggono spesso non solo ai personaggi di contorno, ma – a tratti – anche al lettore. Il modo, in particolare, con cui il commissario arriva alla conclusione del caso è piuttosto rapido e repentino e non troppo giustificato da quei processi logico-intuitivi che rendono interessante il genere giallo. Per giunta il twist che definisce personaggi buoni e cattivi in maniera (più o meno) inaspettata appare poco credibile. Nonostante lo schema, tutto sommato, trovi una quadra, le modalità con cui il personaggio si muove al suo interno lasciano piuttosto tiepidi. Peccato, in fondo a tutti piace un buon racconto investigativo e in questo non siamo davanti a un esempio particolarmente brillante.
A questo “contro” si affianca, tuttavia, un “pro” piuttosto importante: la disperazione che accomuna il commissario e la giovane vittima, mettono sotto una luce nuova il lato umano del genere giallo che diventa non un puro esercizio mentale, ma quasi una questione di cuore.
In generale “Il giorno dei morti” si presenta come un prodotto tipico Bonelli, senza grandi sorprese. I personaggi, così come spesso succede, sono un omaggio visivo a grandi divi del cinema più o meno internazionale. Solo per citarne un paio, Ricciardi è replicato sulle fattezze di Andy Garcia e il medico legale, il dottor Modo assomiglia molto a Vittorio De Sica.
Il protagonista si aggira bello, tenebroso e impossibile tra le strade di una città viva, ma che non manca di mostrare il suo volto più tetro. La Chiesa, le istituzioni e – ovviamente – il Partito Fascista che fa da grande scenografia alla storia sono messe in discussione, così come la passione amorosa da romanzo d’appendice. Nonostante la bella e procace vedova Livia sia la candidata ideale per il posto a fianco del commissario, Ricciardi ama silenziosamente e discretamente la dirimpettaia Enrica, dall’apparenza decisamente più modesta. Ecco, questo è un buon modo di giocare col romanticismo e col cliché.
La corte di personaggi secondari, inoltre, racconta una Napoli viva che restituisce tutto il legame dell’autore con la sua città natale, resa senza dubbio grande protagonista del racconto con le sue mille contraddizioni.
Se vi è piaciuto…
Allora, uscendo dal mondo delle graphic novel per tornare, non vi resta che leggere gli altri gialli di Maurizio de Giovanni, come la serie dei Bastardi di Pizzofalcone, di cui recentemente è stato realizzato un adattamento televisivo, con Alessandro Gassman protagonista.