Dal 23 aprile è disponibile su Netflix Il silenzio della palude, thriller spagnolo con protagonista Pedro Alonso, star de La casa di carta.
Sono innumerevoli le produzioni Netflix di origine spagnola presenti sulla piattaforma nell’ultimo periodo. Grazie all’enorme impatto avuto soprattutto grazie a La casa di carta, abbiamo potuto assistere all’arrivo (solo negli ultimi due mesi) di film come Il buco, Dov’è la tua casa, Inciso nelle ossa e il più recente Il silenzio della palude. Quest’ultimo condivide con La casa di carta Pedro Alonso, interprete del personaggio di Berlino, qui protagonista della pellicola.
Un debole racconto pulp
Il silenzio della palude si apre con il protagonista senza nome, indicato con la lettera Q, in procinto di presentare un proprio romanzo ad un incontro pubblico. Capiamo subito che Q è un importante scrittore di romanzi thriller e creatore di una saga che segue le vicende di un particolare serial killer che sembrerebbe agire senza un apparente movente. Stacchiamo su Q e lo vediamo rapire, e successivamente uccidere, un rettore universitario, invischiato nelle vicende criminose di una banda di Valencia. Parte così una ricerca da parte di un sicario del professore, pedina cardine delle attività del cartello spagnolo.
Da questo breve riassunto si può evincere il fatto che Il silenzio della palude è un film prettamente confusionario. C’è così tanta carne sul fuoco già nei primi venti minuti di film, che a fine visione finisce per essere bruciata e, per di più, senza sale. La storia si evolve senza seguire un vero e proprio centro, risultando sconclusionato e, ironicamente, privo di un chiaro movente esattamente come il serial killer del romanzo di Q. I personaggi sono caratteri pulp che ricordano alla lontana le maschere a cui la produzione crime italiana ci ha abituato negli ultimi anni, da Gomorra – La serie a Suburra. Archetipi classici privi di qualsivoglia profonda caratterizzazione, che vada oltre alla già vista e rivista vita da galera e infanzia disagiata. I due personaggi principali, l’uno ignaro dell’esistenza dell’altro, non sono guidati da un vero e proprio conflitto. Il loro prevedibile incontro, nel climax del film, lascia quindi a bocca asciutta, risultando insoddisfacente e prettamente insipido.
Scrittura sociologica e psicologica
Spesso, quando si scrive una storia, si decide anche il tipo di tono comunicativo da dargli, distinguibile in psicologico e sociologico. Con il primo termine s’intende un modello di racconto che si concentra sulla psicologia di un singolo individuo che, nel corso della storia, avrà un arco narrativo che permetterà allo spettatore di comprenderne meglio le intenzioni. Nel secondo caso, invece, abbiamo un gruppo di individui, capaci di protrarre uno specchio della società in cui vivono (qui un gustoso video per approfondire). Ovviamente queste non sono regole fisse ma linee base dello storytelling che la maggior parte dei racconti seguono.
La sceneggiatura de Il silenzio della palude, di Carlos De Pando e Sara Antuña, è fortemente incentrato sul lato sociologico. Più specificatamente su di una continua analogia tra la città di Valencia e la palude che un tempo era, confinata adesso ai margini della città. In una metafora (alquanto retorica) all’inizio del film, ci vengono esposti due tipi di essere viventi all’interno della “palude”, ovvero le anguille e le canne. Le prime dovrebbero essere quelli più in basso nella classe gerarchica della malavita mentre le secondo quelle più in alto, rappresentati dalla classe politica corrotta della città.
Ci viene subito messo in chiaro quindi che si tratta di un film di “denuncia” della situazione disagiata presente a Valencia. Saranno molti i personaggi corrotti, dalla polizia alla politica, in affari con il cartello spagnolo. Come spesso accade nelle opere che partono con l’intenzione di dare un messaggio politico troppo emancipato, il film crolla in fretta, oltre che per i problemi di sceneggiatura già elencati, per la superficialità dei temi trattati. Il fatto che venga citato o mostrato un determinato argomento non significa averlo analizzato. Molto risulta quindi abbozzato, lasciato al caso, e il discorso sociologico dietro cade a pezzi.
In conclusione Il silenzio della palude è un prodotto deludente, blando nello sviluppo della propria trama e superficiale nel trattamento dei propri temi. Un film confusionario che basa la propria esistenza su topos narrativi ormai stantii e che non aggiungono nulla al genere. Un esordio alla regia, per Marc Vigil, non dei più rosei.