Il lato punk di un’adolescenza incompresa

Il lavoro del recensore viene spesso osservato con occhi trasognati, quasi fosse il lavoro perfetto. In molti casi questa osservazione è corretta, tuttavia non sempre si riesce a sviscerare un’opera in modo lineare. Alcuni lavori richiedono un passo indietro, necessitano di fermarsi un po’ più del necessario cercando di far quadrare i pensieri e i gusti.

Lo ammetto candidamente: Vitt Moretta mi ha messo non poco in difficoltà con Il Tramonto di Sea Breeze, graphic novel d’esordio della disegnatrice abruzzese che ha saputo “sconvolgere” l’ambiente fumettistico con strisce tanto potenti e confusionarie. Mi ha messo in difficoltà perché la storia narrata nelle oltre 150 pagine che compongono il volume, edito da Coconino Press Fandango, sembra uscita da un trip di acidi, ricca com’è di personaggi incomprensibili e volutamente fuori di testa. Leggere questo volume per la prima volta è già di per sé un’esperienza particolare, soprattutto vista dagli occhi dei tre protagonisti Liam, Todd e Colby, che si ritrovano ad un misterioso locale in mezzo ad un bosco dove non sembrano esistere regole, il Sea Breeze. Un luogo apparentemente come tanti eppure unico, dove alcol, musica elettronica e droghe sono tutti elementi di un puzzle che significa libertà, relax, quel desiderio di fuga che nasce nell’adolescenza e sembra accompagnare ogni giorno della nostra vita, specie quando non riusciamo a trovare un senso a chi e a cosa ci circonda.

Ecco, già tirando fuori la parola adolescenza, si può cominciare a intravedere uno spiraglio di lucidità, o  comunque una delle interpretazioni che personalmente ho ritenuto più valide ad una lettura più approfondita. Un esempio è proprio la sottotrama di Liam, un ragazzo che va al Sea Breeze ad incontrare Velvet, la sua attrice preferita, grazie ad un concorso che ha vinto. Liam è un ragazzo molto semplice e a conferma di ciò si presenta davanti al suo idolo con un fiore, facendo ciò che farebbe qualunque innamorato alle prime armi. Sin dal primo incontro tra i due, però, è evidente come le due personalità siano paragonabili ad un uragano che incontra una casetta di legno: l’attrice sembra prigioniera della sua realtà personale, quasi incapace di scindere il lavoro dalla sua reale personalità e porta l’inconsapevole Liam a seguirla come fosse un sogno sbilenco, spinto da quel sentimento amoroso fittizio che si può provare nei confronti di una star irraggiungibile.

L’esperienza di Liam è sicuramente una delle più corpose, ma anche gli altri due comprimari ne passano delle belle: Todd viene “rapito” dal presunto proprietario del bar, che lo fa ubriacare pesantemente, mentre Colby, che ripudia un modo di divertirsi fin troppo omologato, viene malmenato e poi finisce a drogasi con Doug, un uomo senza fissa dimora che ha deciso di uscire del tutto dal mondo “civilizzato” creandosi un suo regno personale in una discarica.

I tre viaggi proseguono in modo bislacco, senza seguire un percorso lineare bensì ripido e pieno di curve, senza mai riuscire ad avere una piena consapevolezza di ciò che accade. Ed è proprio qui che si intravede quell’adolescenza di cui ho parlato alcune righe fa, quel senso di inadeguatezza che si fa avanti quando si esce dalla bolla della giovinezza e ci si comincia a confrontare con il mondo vero, o che finge di esserlo.
Una realtà che possiamo toccare con mano ma con conseguenze inimmaginabili: basti pensare a mali come al depressione, demoni che riescono ad ignorare le differenze sociali affliggendo tanto la gente comune quanto quelle stelle dell’arte che dovrebbero star bene solo perché ricche. Oppure quelle persone che ti promettono di fare strada, ti concedono possibilità come se fossero dei benefattori piuttosto che datori di lavoro, pronti a sfruttarti solo per i proprio interessi ubriacandoti di parole, salvo poi rivelarsi solo dei capetti autoritari buoni a nulla nonostante pensino di aver capito tutto.


E cosa dire di quelli che, nella loro infinita ribellione, decidono di fare a modo loro senza mettersi in gioco, ostentando una superiorità dettata da una visione apparentemente ampia ma viziata da paraocchi invisibili che limitano la comprensione del mondo a quel che vogliono, senza accettare regole o consigli.
Il tramonto del Sea Breeze è questo molto altro, una vera e propria nevrosi della giovinezza che, complice un ultimo elemento esterno alla vicenda, si tramuterà in un vero e proprio inferno purificatore, ma che lascia segni indelebili come quel passaggio ad un’età adulta che, nel bene o nel male, lascia i suoi segni.

A proposito di segni, è doveroso spendere ben più di una parola sullo stile artistico di Vitt Moretta, una direzione grafica che si accoppia perfettamente con l’esuberanza incontrollata della narrazione. Pagine bianche inchiostrate da tratti nervosi e netti, che delineano lo stretto indispensabile pur concedendo qualche barlume di dettaglio quanto basta, personaggi dalle movenze scattose e quella sensazione di fumetto underground, da fanzine punk, che mostra l’essenziale e nulla più, privo di esperimenti e voli pindarici ma non per questo meno interessante rispetto a produzioni più ricercate.

Verdetto

Il Tramonto di Sea Breeze è un’opera di difficile digestione, trattandosi di una storia che segue un ordine tutto suo e che tutto vuole tranne che piegarsi alle esigenze del lettore, parlando quel linguaggio tipico dell’ubriachezza molesta che, seppur confuso e biascicato, è spesso più sincero delle nostre parole sobrie e trattenute, come a voler nascondere una verità complessa e poco digeribile tanto al nostro interlocutore quanto a noi stessi. Un lavoro complesso e per questo affascinante come dovrebbe essere ogni cosa incomprensibile, caricandoci di ansia e attesa per quello che VItt Moretta sarà capace di tirare fuori ora che il suo nome entra di diritto nella rosa dei più promettenti del fumetto italiano esordiente.

Stay Nerd consiglia…

Parlando di adolescenza turbata all’italian ci sentiamo di consigliarvi La profezia dell’Armadillo di Zerocalcare (e in caso buttate un occhio sul nostro Starter Pack) e LMVDM di Gipi, altro brillante autore di cui vi consigliamo ben più di un libro.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.