Dai creatori di Inside Out, un What If… giurassico!
Il Viaggio di Arlo (in inglese The Good Dinosaur) è la risposta Disney-Pixar alla misteriosa quanto intrigante domanda seguente: cosa sarebbe successo se, 65 milioni di anni fa, il meteorite che ha estinto i dinosauri non avesse mai colpito la Terra? Tale risposta, sin dai primi minuti di pellicola, è quantomeno spiazzante. Eppure ci si abitua dopo pochissimo e già dopo un paio di scene non si fatica a crederle ciecamente, nonostante la sua gigante, ma irrilevante, infondatezza scientifica.
In fondo stiamo pur sempre parlando della Disney. Fin da bambini si cresce credendo alle loro fiabe. È bello notare che non si sono affatto dimenticati come raccontarle.
Il film è pieno, stra-pieno di sorprese. Sorprese e citazioni. A bizzeffe! Citazioni intelligenti, cinematografiche, di genere, cose che difficilmente la porzione più fanciullesca del pubblico sarà in grado di capire. Ma è questo il bello: le citazioni funzionano comunque, che le si colga o no (senza essere esperti di cinema, comunque, alcune sono impossibili da non notare). E le sorprese? Tante, eppure mai troppo scontate. Potreste indovinarne qualcuna, ma già un’altra sarà dietro l’angolo. E intanto il film va avanti, accompagnandovi in uno dei viaggi alla scoperta di sé più strani che abbiate mai percorso: quello di Arlo, un dinosauro nato più fragile degli altri, e Spot, un cucciolo di umano più “bestiale” che mai (ehi, soltanto io pensavo che Arlo fosse il bambino, prima di vedere il film?).
L’aspetto grafico della pellicola è assolutamente impressionante. Alcune riprese vi faranno dubitare di star guardando un film d’animazione, per poi ricordarvelo perché, a pensarci bene, la realtà non ha una risoluzione così alta. Le animazioni, specie quelle di Spot, sono da applausi. Piacevolissimo il gusto per le panoramiche così come quello per i dettagli della natura, il tutto immerso in un tema musicale un bel po’ somigliante a quello della Contea, nel Signore degli Anelli. Ma anche quello è tanto bello che poco importa, se si faranno causa a vicenda o meno.
I personaggi sono tanti (troppi?) e tutti, ognuno a modo proprio, divertenti. Certo, qualcuno è molto ben caratterizzato, mentre altri puzzano un po’ di già visto, ma problema più grande è forse che nessuno, protagonisti a parte, riveste un ruolo davvero rilevante nella pellicola. Il viaggio è raccontato per quello che è: fatto più di incontri casuali che di ritorni imprevisti. Senza dubbio la cosa è stata voluta, ma rinunciando alle strutture tipiche della narrazione si sacrifica parte della tensione dalla storia.
La stessa tensione, peraltro, sembra raccogliersi con una certa difficoltà fin dall’incidente scatenante l’avventura. Non fraintendetemi, un film come questo non deve mozzare il fiato come un thriller, ma… avete presente Il Re Leone? Ecco, Il Viaggio di Arlo ve lo ricorderà da vicino, per alcuni versi, mentre per altri se ne distaccherà. Tra le differenze: Il Re Leone crea molta più tensione.
Torniamo sui pregi: il film è ottimo, svolge egregiamente i compiti, mai sottovalutabili, di divertire ed emozionare (tantissimo, in certi frangenti), destreggiandosi nell’avvicendarli ripetutamente. Non importa quanti anni avete, Il Viaggio di Arlo vi toccherà qualche corda. Certo, a fare proprio i cinici si può dire che le due parti in cui è diviso il finale (la moltiplicazione dei finali è un vizietto fin troppo di moda, negli ultimi tempi) siano un po’ troppo scollate tra loro, ma se durante una di queste due parti non vi viene almeno il groppone alla gola fatevi controllare: probabilmente vi manca un cuore.
Menzione speciale obbligatoria anche per il Cortometraggio Pixar, precedente l’inizio del film, il cui inserimento è ormai tradizione (curiosamente speculare al teaser post-credits della Marvel). Si tratta di Sanjay’s Super Team: una piccola storia ispiratissima, suggestiva e raccontata con cura e sensibilità estreme, oltre che con l’uso geniale di alcuni strumenti come il tamburo zen per la resa acustica-armonica degli effetti speciali. Vedendolo, capirete come non ci si possa esimere dal citarlo, seppure all’interno della recensione di un altro film, altrettanto bello.