Tante buone idee, ma il freddo forse ha fatto più danni del dovuto…
Il panorama videoludico è oramai affollato da giochi che ci mettono alla prova, nella sfida più difficile di tutte: la mera sopravvivenza.
Impact Winter è un survival duro e puro, come quelli che in realtà si rispettano. Un gioco che viene da lontano, dato che le sue prime notizie risalgono al 2014, e che purtroppo – probabilmente – non farà molta strada. Vediamo insieme perché.
Una buona storia
“Impact Winter” è una parola chiave che, in realtà, esiste. È il nome dato all’ipotetico inverno estremo e duraturo causato dall’oscuramento del sole causa polveri e detriti finiti nell’atmosfera in seguito, appunto, ad un impatto. Vi è anche la variante successiva ad un’eruzione vulcanica, ma in questo caso, il videogioco che trattiamo, prende pienamente la trama dal suo stesso nome. Asteroidi, impatto, apocalisse.
Una “buona” apocalisse, credibile, che ci viene narrata da numerosi “hints” che spaziano spesso da consigli veri e propri a piccole porzioni di Background. Queste letture non sono poi numerose e avremo modo di leggerne molte, dato che i tempi di caricamento sono biblici. Tornando alla storia, troviamo il nostro gruppo di 5 sopravvissuti arroccati dentro una chiesa, in un freddo e infernale scenario, dove coltri di neve di diversi metri e ghiaccio ricoprono tutto.
Controlleremo un solo personaggio: Jacob, un risoluto uomo sulla quarantina. Costui, eletto a quanto pare in maniera sommaria capo del gruppo sarà costretto a far di tutto per tirare a campare per… 30 giorni. Ebbene sì, il gioco inizia con la notizia che il drone riattivato da un’altro dei sopravvissuti ha finito per attirare dei soccorsi, che saranno lì a partire da 30 giorni dall’attivazione.
La storia non è nulla di impegnativo, ma sinceramente calza a pennello con la situazione; non c’è nulla di paranormale, solo un enorme impatto che ha sconvolto tutto e tutti. I personaggi ne parlano e interagiscono bene con questo evento, e l’aria che si respira è abbastanza credibile, per quanto riguarda il background di questo mondo.
Gli altri: un peso o una risorsa?
Come già detto, avremo una specie di controllo indiretto anche sugli altri sopravvissuti della nostra base (una chiesa sommersa dalla neve); potremo infatti assegnarli marginali compiti come la creazione di oggetti o la gestione del cibo. Colpisce a tal proposito il fatto che costoro, piuttosto che prendere da bere o mangiare dalla riserva collettiva, siano disposti a lasciarsi morire. Infatti, l’unica cosa che faranno di loro spontanea volontà sarà dormire. O parlare tra loro. Per qualche oscuro motivo, vivranno i giorni che li separano dalla salvezza nella più totale e disarmante apatia. Sia ben chiaro, due di loro sono “giustificati” in quanto avanti con l’età, ma gli altri due giovani, non si sa proprio perché non possano partecipare attivamente ai tentativi di sopravvivenza.
Altra cosa sconcertante, è che se si metterà nel loro inventario in una grande quantità di cibo e acqua in previsione di una missione esterna piuttosto prolungata, essi saranno privi di ogni barlume di razionalità e istinto di conservazione, e divoreranno e berranno tutto anche in un solo giorno. In tutto ciò, il gioco premia gli sforzi per mantenere la collettività al sicuro e in buone condizioni, fornendo punti esperienza se il loro morale è alto nel tempo. Per far questo bisognerà mantenere vivo il fuoco della chiesa (no, non sono neppure in grado di bruciare legna da soli) per tenere il livello della loro temperatura corporea e quelli di fame, sete e stanchezza oltre un certo limite. Altra cosa che ci ha lasciato parecchio basiti, è che il quartetto nullafacente non solo rischia l’ipotermia a causa delle condizioni proibitive, ma anche per via di un’oscura ragione che gli impedisce di indossare cappotti (appesi invece alle pareti… Utili!) nei momenti di grande freddo.
L’unica utilità del gruppo, a parte fornire esperienza, si palesa nel crafting del gioco, dato che saranno i nostri compagni i soli a poter utilizzare materiali per costruire nuove cose, che possono essere miglioramenti per la “roccaforte della speranza”, oggetti da portare fuori con noi, miglioramenti al drone o semplicemente cibo più confortante per lo stomaco e per la psiche.
Potranno anche essere impartiti delle specie di “mood” ai sopravvissuti, e questi stati influenzeranno la loro avventura; ad esempio potranno creare più lentamente gli oggetti, ma la loro fame e la loro sete si paleserà, al contempo, con meno rapidità. Purtroppo, abbiamo riscontrato che a volte questi ordini vengono persi, probabilmente a causa di un bug, e bisogna riassettare il quartetto più volte.
La sopravvivenza vera e propria
Come già detto, Jacob è solo nell’avventurarsi fuori, nel grande vuoto. Il “void”, così chiamato dai sopravvissuti, è un enorme distesa di neve, ghiaccio e rimasugli di ciò che era stato. Risulta assai strano come ci possano essere dislivelli nel terreno a causa dell’enorme impatto, e alcune strutture siano invece ancora in piedi, sopratutto data la vicinanza di alcuni crateri d’impatto. Ad ogni modo, il buon Jacob, deve avventurarsi nelle lande ghiacciate con la sola compagnia del già citato drone. Drone che si rivelerà veramente utile grazie ad un scanner di prossimità, una piccola luce per illuminare le zone buie (o di notte) e dotato di un incredibile raggio termico capace di sciogliere la coltre nevosa (e in seguito, coi potenziamenti, anche i blocchi di ghiaccio). Il drone sarà molto utile, ma fondamentalmente fornirà da supporto, dato che sarà Jacob a dover fare tutto il lavoro sporco. Sia esso esplorare, raccogliere, o combattere.
La sopravvivenza non è propriamente facile, ma più per la natura intrinseca del gioco, con la disarmante disperazione, nostra e del nostro personaggio. Esso infatti avrà a disposizione un inventario personale veramente ridicolo e mal gestibile, che ci costringerà a fare infiniti viaggi per recuperare anche il minimo indispensabile. A quanto pare uno zainetto da scuola è stato il meglio che 5 menti hanno trovato per trasportare cose. Inoltre, una volta trovato il fucile (non poi difficile come cosa), per qualche motivo, anche se tenuto in spalla grazie ad un’invisibile cinghia, questo continuerà a comparire nell’inventario e quindi saremo costretti dover scegliere se girare con un po’ di sicurezza fatta di buoni e vecchi proiettili ma con uno spazio libero ridicolo, o senza un’arma ma con un inventario sempre indecente, ma poco più dignitoso.
Le iniziali sessioni di gioco prevedono lunghe camminate nella neve e lunghe raccolte di oggetti per cercare di “craftare” qualcosa di buono. Sempre che non abbiate la sfortuna che qualcuno si introduca nella chiesa in vostra assenza, rubando cose e oggetti che avete faticosamente raccolto, e anche peggio ferendo qualcuno. Per qualche motivo non è possibile assegnare turni di guardia, e neanche armare i sopravvissuti della chiesa, che saranno alla mercé di un mondo giustamente spietato.
Sopratutto all’inizio, le sessioni di esplorazione e razzia diventano piuttosto noiose, dato che il nostro personaggio farà la spola avanti e indietro, portando oggetti di vario genere alla chiesa. Nel “Void” troveremo anche altri individui, misteriosi viandanti che ci assegneranno buffe missioni di raccolta (crediamo che la missione di raccolta dei tappi sia un omaggio); mercanti, o altri disperati che tentano di sopravvivere. Non sarà possibile uccidere nessun “innocente”, dimostrazione che, tutto sommato, molti fanno ancora la bella vita. Collezionando oggetti, completando missioni e scoprendo luoghi nuovi, otterremo punti esperienza, e questi finiranno per “migliorare il software” del nostro drone, e anticiperanno l’arrivo dei soccorsi. Quindi, si tratta di sopravvivere e ottenere esperienza, per far sì che i soccorsi arrivino prima… E beh, dover sopravvivere di meno.
Un gelido e bell’ambiente
Impact Winter sicuramente brilla nel comparto sonoro. Le musiche e gli effetti ambientali sono davvero perfetti. Sul comparto grafico invece si deve disquisire un attimo in più. Gli ambienti esterni sono veramente d’effetto, ottima atmosfera generale, ottimo il paesaggio post-apocalittico. Ma sulla qualità in sé del video, si può storcere il naso, e sopratutto sulla scelta “cartoon” della rappresentazione dei personaggi. È un peccato vedere un mondo così ben costruito con personaggi sproporzionati, goffi e appunto quasi cartooneschi.
Approccio alla sopravvivenza: un gameplay gelido
Modificato in corso d’opera, ora Impact Winter si adatta meglio al PC, anche se tutt’ora compaiono scritte che richiedono la pressione di un tasto del controller Xbox. Il controllo del nostro personaggio avviene tramite l’intramontabile WASD, e con pochi altri tasti gestiamo le sue interazioni col mondo. Sarà invece col mouse che potremo mirare in giro, (ricordiamo che si tratta di un gioco in terza persona) e spostare le cose dall’esterno al nostro inventario. L’inquadratura del gioco è di grande impatto, ma non sempre funzionale, creando a volte delle incomprensioni, sicuramente viziate da bug o problemi nella gestione degli spazi. Infatti passeremo attraverso ad altri personaggi, o ci sarà impossibile salire su di un punto rialzato quanto un normale gradino di una scala. Fondamentalmente Impact Winter si avvale di non troppi tasti, e potremo familiarizzare subito con il gioco, ma il discorso sarà diverso per i menù e la gestione di altre schermate. È infatti inutilmente laborioso e ricercato cambiare pagina o controllare l’ordine con cui sono illustrati oggetti o scelte.
Verdetto:
Impact Winter ha di buono, per prima cosa, la difficoltà: non è del tutto immediato e ciò in un survival è positivo, ma ancora meglio è l’ambientazione. Eccelle nel mostrarci un mondo in rovina e un inverno eterno. Le musiche inoltre sono parecchio coinvolgenti e perfettamente scelte per il contesto.
In negativo invece troviamo le scelte del personaggio e del gruppo, che sono davvero ridotte e a volte paradossali. Questo va a minare una situazione presentataci benissimo. Inoltre i numerosi bug, seppur non rilevanti, compromettono l’esperienza complessiva: un vero peccato. Come se non bastasse la longevità del gioco non è eccelsa (attorno alle 20 ore) e la sua ripetitività e l’esasperazione di alcuni tratti non ci spinge a ricomincialro per provare altre scelte. Come se ce ne fossero.
I giochi survival nascono con l’intento di gettare qualcuno in una brutta situazione e noi dobbiamo guidarlo affinché non tiri le cuoia. Possono essere realistici o esasperati, ma per ognuno di questi ci sono già dei titoli capostipite impossibili da superare. Impact Winter non ci riesce ovviamente, e non regge nemmeno la scusa “in fondo è un Indie”, perché nonostante DayZ non sia completo è comunque uno dei migliori survival duri e puri della storia. Stessa cosa per This War Of Mine. Minato da piccoli problemi, e scelte di gioco forzate, Impact Winter crolla sotto il peso delle sue scelte e delle sue mancanze, o forse, dell’enorme coltre nevosa. Tutto sommato è un prodotto finale mediocre, che però aveva ottime basi, raccomandato solo ai più incalliti gamer da survival.