John Travolta alla Festa del Cinema di Roma 2019
Durante la Festa del Cinema di Roma 2019 abbiamo avuto l’onore e il piacere di partecipare all’incontro stampa con l’attore John Travolta, protagonista del film della sezione Eventi Speciali: “The Fanatic” (che sarà proiettato alla Festa solo il 27 ottobre).
Ci ha parlato del suo ruolo, ma anche dei personaggi precedenti, dei film a cui è rimasto più legato e di tante altre cose.
Che effetto ti fa pensare di aver segnato una generazione con i tuoi film?
Sono sempre molto orgoglioso quando realizzo un film in grado di lasciare un segno nel corso del tempo. Per me è molto importante che la gente ne goda, che i miei siano film senza tempo. È un privilegio far parte di un film cult, che può essere visto in qualsiasi momento, opere come Il Padrino, o nel mio caso – ad esempio – Pulp Fiction. Peraltro è un concetto che vale per tutto, non solo per i film.
Tra tutti i film che hai fatto, qual è il tuo preferito?
I tre film più importanti nella mia carriera e a cui sono più legato sono: Grease, Pulp Fiction e La febbre del sabato sera.
A proposito de La febbre del sabato sera: è stato difficile fare i conti, da giovanissimo, con un successo del genere?
Alcune persone sono nate per certe cose. La mia famiglia veniva dall’arte e io, dopo una performance come quella, che mi ha consentito di entrare nella vita della gente, ho accolto il successo nel mondo in cui l’avrebbe fatto mia madre. Ho accettato questo invito a creare di più, che mi ha permesso di fare progetti diversi l’uno dall’altro. The Fanatic è appunto un film diverso da altri, perché è una piccola produzione, ma è grazie a quello che ho fatto prima ho potuto prendere parte anche ad un progetto così.
Cosa ballerebbe adesso Tony Manero? E a lei piace ancora ballare?
Di recente ho fatto un favore ad Armando Perez (Pitbull n.d.R.) e ho ballato il tango in Free to tango. Lì sembro Tony Manero per cui direi che ballerebbe quello. In definitiva sì, ballo ancora.
Sei di origine italiana. Che rapporto hai col nostro paese?
I miei parenti venivano da Napoli e dalla Sicilia. Mio nonno è venuto all’inizio del secolo scorso in America. Quando sono venuto in Italia non ho trovato nessun Travolta ma meglio così, vuol dire che sono l’unico! (ride n.d.R.). Il cognome di mia nonna invece era Messina.
Poco fa hai scelto tre film. Puoi condividere con noi alcuni momenti o ricordi legati quantomeno ad uno di essi?
Il “viaggio” più interessante forse è stato Pulp Fiction, perché Quentin Tarantino aveva una visione nuova, diversa ed è stato intrigante parteciparvi. I suoi consigli erano sofisticati e mi ha sempre concesso grande libertà nella recitazione: mi ha dato fiducia in senso assoluto. Inoltre, quando suggeriva qualcosa, era spesso qualcosa di semplice ma al contempo molto potente.
In cosa ti senti diverso rispetto al ragazzo che eri quando interpretavi Tony Manero?
L’amore del pubblico mi ha consentito di interpretare ruoli diversi, molti sono stati creati dagli sceneggiatori e gran parte della mia carriera è nata dal fatto che sono stato una sorta di musa per le persone che hanno creato i miei ruoli. Io non so se li avrei mai potuto immaginare, così ho preferito essere un interprete piuttosto che un creatore, e mi sento molto fortunato. Penso di aver fatto la scelta giusta.
Dopo il successo da giovanissimo, e prima di Pulp fiction, hai avuto un momento di appannamento. Come ha vissuto quella fase?
La capacità di creare è sempre dentro di te ed è gratuita, per questo non mi sono mai preoccupato. Chi viene licenziato che fa, si dispera o trova la forza per andare avanti e cercare un altro lavoro? È semplicemente questione di come si sceglie di vedere le cose.
C’è un ruolo che non hai accettato, per poi pentirtene?
Non mi dispiaccio di nulla e non rimpiango mai niente. Ho detto no a molti film, ad esempio American Gigolò, Splash, Il miglio verde, Ufficiale e gentiluomo. Sono solo alcuni dei ruoli che non ho accettato, ma al posto di questi ho fatto altri personaggi e probabilmente anche migliori.
Cosa ama ed ammira John travolta?
Amo Sofia Loren. Ma del resto, chi non la ama? Poi amo Fellini, i Beatles, Il Padrino, Marlon Brando, Bertolucci e tutti i suoi film, Liz Taylor. E amo anche molte altre cose.
The Fanatic non ha ricevuto grande apprezzamento in America. Cosa non è piaciuto di questo film, che invece ti ha convinto al punto di accettare la parte?
I film non possono essere misurati tutti nello stesso modo. The Fanatic è un piccolo progetto sostenuto da pochi soldi, possiamo dire sia un film d’essai. A volte per un attore l’importante è credere in una storia e una performance, per accettare la parte, e poi basta che il tuo attore preferito ti chiami e ti dica che gli è piaciuto: non serve altro. Qui il mio personaggio è veramente unico, con grande cuore e passione, come mai avevo interpretato prima d’ora.
E poi in America c’è anche chi l’ha amato.
Come stai vivendo questa nuova fase in cui hanno grande successo le piattaforme di streaming o i cinecomic? Ti riconosci ancora in questo cinema?
Rispondo dicendo che sono molto felice di poter interpretare ancora i film della “vecchia guardia”. Non sono mai stato un amante dei film Marvel. Io da piccolo guardavo Fellini, quindi non state parlando con la persona giusta riguardo al cinema moderno. La mia non è una critica, ma semplicemente non fa per me.
I miei figli invece, ad esempio, amano i film Marvel. Del resto il mondo cambia, e tutto l’intrattenimento è valido se suscita emozioni. È solo questione di opinioni e di preferenze.