Coconino Press pubblica il fumetto di Michele Petrucci, “L’insaziabile”, una bizzarra e affascinante epopea ispirata a una storia vera
Nella Francia di fine Settecento, si aggira un personaggio decisamente fuori dal comune. È Tarrare, un reietto che si è accodato a una compagnia di fenomeni da baraccone per sopravvivere. La sua prerogativa, che lo rende un freak degno di obolo, è di essere insaziabile. La sua è una fame che va al di là di ogni norma o aspettativa. Tarrare mangia sempre, mangia tutto, mai pago, mai sazio.
Michele Petrucci, dopo aver raccontato la vita della leggenda dell’alpinismo Messner, torna a pubblicare con Coconino Press L’insaziabile. Sceglie sempre la strada della biografia a fumetti, ma si dedica a un personaggio meno noto, la cui vita richiama i grandi romanzi di formazione dell’età moderna – ma riletti in una chiave cruda e disincantata.
La tragedia di un uomo insaziabile
Come accade spesso nei grandi romanzi sette-ottocenteschi, che seguono le gesta di un beniamino, la vita di Tarrare attraversa alcune fasi storiche rilevanti e riconoscibili. In particolare, il nostro protagonista si muove e interagisce con la Francia rivoluzionaria, arrivando a Parigi proprio verso la fine del 1798. Il popolo ha fame, lo stomaco e i nervi sono esasperati, ma – non occorre dirlo – Tarrare è il più affamato di tutti.
Grazie alla compagnia della dolce Clarisse – anche lei una “rifiutata” perché figlia illegittima – Tarrare resta ancorato all’ultimo brandello di umanità che gli rimane. Quando, però, la sua amica si allontana, l’uomo è lasciato alla mercé di se stesso e – ancora peggio – di un mondo ottuso che vuole solo prendersi gioco di lui. “Chi ha bocca vuol mangiare”, continua a ripetere per giustificare il suo appetito. Il mantra altro non è che l’istanza di quel popolo stremato che proprio alle soglie del XIX secolo ha fatto tremare il mondo con la Rivoluzione.
Esattamente come quel popolo, Tarrare sarà sfruttato e umiliato, investito dei compiti più degradanti pur di compiacere chi si pone in testa. La disavventura raccontata ne L’insaziabile è una lettura disincantata – e per questo incantevole – di una classe sociale che si illude di sfamarsi, ma che è destinata tutt’al più a divorarsi da sola.
Tra Freaks e Barry Lyndon
Due sono i riferimenti dichiarati da Michele Petrucci per quel che riguarda L’insaziabile: da un lato, Barry Lyndon di Stanley Kubrick (tratto, però, dal romanzo di Thackeray), dall’altro Freaks di Tod Browning. Entrambi capolavori assoluti, ben rappresentano le due anime di questo fumetto. Come abbiamo detto, Tarrare è considerato un mostro, un fenomeno da baraccone. Poco importa che la sua anima sia pura come quella di un bambino: nessuno, fatta eccezione per Clarisse, il medico Percy e il forzuto Vincent, si cura di lui. Da Browning, dunque, Petrucci riprende la poetica del brutto fuori-buono dentro e della violenza che si abbatte ferocemente contro il diverso.
Dall’altra parte, Barry Lyndon. Partendo da Tom Jones di Henry Fielding, la letteratura inglese (e non solo) si è cimentata più volte nel racconto delle vite straordinarie di giovani vagabondi che, in balia delle circostanze e della fortuna, si procuravano successo o disgrazia. È il tipico monito ai giovani, quello di non indugiare nei vizi e di perseguire la virtù, perché tutto – prima o poi – sarà ricompensato o punito. Nel caso de L’insaziabile, la sfortuna che si abbatte su Tarrare sembra macchiarlo sin da quando era bambino e senza colpa. Il suo appetito mostruoso lo rende ingestibile per la famiglia e lo costringe a una vita solitaria. Inoltre, quando sarà notato tra le fila dell’esercito guidato da Napoleone Bonaparte (non ancora Imperatore di Francia), il suo “talento” sarà la causa della sua rovina.
Come Petrucci ci racconta L’insaziabile
Una storia così densa di riferimenti e interpretazioni è molto ben resa dal tratto caratteristico di Michele Petrucci. Sia nella narrazione, sia nella resa grafica, l’autore riesce a fare un bellissimo lavoro che avvince il lettore dalle prime battute fino al finale – barocco, magnifico. Non una pagina in più, non una vignetta inutile: Petrucci dosa le pause della storia e la scandisce in capitoli, tutti definiti da un preciso momento storico in cui perdiamo e ritroviamo il protagonista leggermente diverso, ma sempre fedele a se stesso.
Il racconto è sviluppato come una memoria redatta dal medico che – da un certo punto in poi – si occupa di studiare e curare Tarrare, il professor Percy. I suoi sono appunti scientifici, increduli della polifagia del suo paziente. Per questo, per documentare, ricostruire e spiegare, il professore si impegna a mettere su una traccia della vita di Tarrare, una prova umana irripetibile e prodigiosa.
Il tratto prezioso di Petrucci
Così come la narrazione, nella sua crudezza, rende perfettamente la vita grottesca del personaggio che ha ispirato il racconto, il tratto di Petrucci ne sottolinea e amplifica la sensazione di disagio. Il suo è un disegno espressionista che non lascia molto scampo ai corpi e ritrae gli uomini e le donne in tutta la loro tremante bruttezza. In un mondo a colori, dove i sogni sono sospesi in etereo bianco e nero, trionfano tutti i dettagli più disgustosi della bava, del cibo trangugiato per disperazione, del sangue, della merda. I toni di cui si compone la palette cromatica de L’insaziabile sono quelli naturali dei boschi di Francia dove Tarrare si procacciava il nutrimento, o i grigi della città e delle uniformi.
Il popolo è popolo, nella sua interezza. L’insaziabile può anche trascinarci via dalla comfort zone fumettistica di eroi perfetti o introspezioni delicate, ma questo è il vero essere umano. Una bestia triste e affamata schiacciata dai suoi simili, che hanno ben pochi meriti oltre quelli della fortuna o del lignaggio.
L’insaziabile di Michele Petrucci è un fumetto duro, disturbante, commovente. Quello di Tarrare è un mondo terribilmente affascinante; la sua, una maschera tragica indimenticabile.