Ciao Adele. Raccontaci un po’ di te e soprattutto del modo in cui sei entrata nel mondo del Cosplay.
Diciamo che sin da piccola ho avuto una spinta interiore che mi spingeva a volermi vestire come i personaggi dei cartoni animati. Il ricordo più affettuoso che ho è quello per Sailor Moon che da bambina seguivo tutti i pomeriggi appena tornata da scuola: andavo da mia nonna, l’unica che sapesse cucire in casa, stressandola tantissimo proprio perché volevo un costume da Sailor Moon. Lei però non me l’ha mai cucito, ha optato invece per il costume da Pierrot facendomi diventare la bambina più triste del mondo! Scherzi a parte, il vero imprinting con il cosplay l’ho avuto al mio primo Lucca Comics nel 1999: mi ero avvicinata da poco al mondo dei manga grazie ad una mia compagna di liceo e sul palco vidi la mia prima gara cosplay. Sono rimasta folgorata, è stato amore a prima vista! Da lì ho continuato ad andare ad ogni edizione del Lucca Comics, ogni anno con un costume sempre più a tema, partendo dalla classica divisa scolastica giapponese fino a costumi più seri, complice il fatto di aver scoperto qualche anno dopo all’Università un corso che trattava di Costumi per lo Spettacolo, lì ho imparato a cucire e ho iniziato a fare Cosplay in modo più serio.
Da quello che abbiamo visto sei molto abile in ambito sartoriale e poni sempre una cura estrema nei dettagli dei tuoi costumi. Quanto tempo dedichi in media alla creazione completa di un cosplay tra progettazione, cucitura, creazione di accessori e personalizzazione finale?
Dipende dal costume ovviamente; quello che indosso adesso ad esempio è un original e ci ho lavorato a partire dalla fine di Lucca Comics fino a pochi giorni fa, dedicandomici quasi tutti i giorni, circa cinque mesi quindi, sembra molto tempo ma in realtà quando hai a che fare con la lavorazione di materie plastiche ci sono un sacco di tempi morti: ad esempio bisogna aspettare che si asciughi la resina, il colore… e lì sono ore ed ore. Di base poi, sia per i costumi original che per quelli normali, faccio molti disegni preparatori, anche se capita spesso che in corso d’opera possa cambiare alcuni dettagli; per quelli non original invece il disegno mi è necessario per fissare bene in mente i vari dettagli, come le varie cuciture ad esempio; è più una cosa utile per me per imprimermi bene tutti i particolari e non perdere tempo, anche perché è bene sapere quando si sta tagliando una stoffa cosa si sta facendo.
All’ultimo Lucca Comics ti sei portata a casa il premio come Miglior Costume Fantasy e quello come Miglior Gruppo. Emozioni e pensieri particolari di quel weekend?
Lucca Comics è sempre un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, nel 1999, quando era ancora al palazzetto dello sport e c’erano molti meno cosplayer, la situazione e il clima erano molto diversi. Nelle gare ovviamente ti emozioni, magari hai l’ultimo numero e sei nervosa… però è una bella soddisfazione, anche perché il pubblico di Lucca non lo trovi quasi in nessun’altra fiera, quel palco ti dà delle emozioni che nessun’altro palco ti può dare. Come detto prima però è anche una gran rottura di scatole, anche perché nell’ultima edizione non c’erano camerini per cambiarsi e se c’erano, erano lontani dal palco, per cui toccava cambiarsi lì in mezzo alla gente; a livello di organizzazione cosplay ci hanno dato poco e nulla, ma loro tanto hanno sempre e comunque un ritorno di pubblico altissimo. I cosplayer poi non pagano nemmeno il biglietto, quindi gli organizzatori non hanno nessun interesse nei loro confronti. Minimo sforzo, massima resa.
C’è una cosa particolare che hai imparato o che hai capito facendo Cosplay e che tornando indietro nel tempo vorresti dire a te stessa, nel momento stesso in cui hai cominciato a cimentarti con questa passione?
Ovviamente come in tutti gli ambienti, più sali di livello e più sale la competizione, questo è inevitabile. Per come la vedo io in Italia l’unico rammarico che sto provando in questi giorni, è il fatto che per quanto tu lo prenda come un lavoro a tutto tondo, in realtà non lo è. Perché io ad esempio con tutto quello che ci spendo, non ricevo nulla indietro. Certo, è bello… conosci molta gente, vai alle fiere, se vinci ti godi la gloria per la vittoria, ma non c’è nessun ritorno economico. Adesso mi sto un po’ pentendo di questa scelta, l’unica fonte di guadagno è il corso in cui insegno, e a cui invito la gente ad iscriversi a questo punto! Se lo accompagni ad un altro lavoro che ti aiuta ok, altrimenti difficilmente si arriva alla fine del mese facendo solo il cosplayer e questo mi dispiace, è proprio tarpare le ali ad un’arte che viene da dentro, che si vorrebbe esprimere meglio ma in cui spesso ci si sente frustrati perché non c’è un adeguato rientro economico.
In cosa deve migliorare l’Italia secondo te rispetto al resto del mondo in ambito Cosplay?
Io francamente non ho un metro di paragone con altri paesi perché non sono mai andata a fiere estere e non so come si svolgono i contest fuori dall’Italia. Qui il cosplay è un fenomeno sempre più in espansione, tornando al discorso di prima, anche a livello di fiere non sarebbe sbagliato inquadrare questo mestiere come una vera e propria realtà lavorativa, è inutile che la gente dica che non è un vero lavoro e che sia impossibile guadagnarci, perché dal momento che io investo i miei soldi e il mio tempo a fare una cosa in cui ci metto l’anima, è giusto che io abbia un rientro. Spesso in questo sbagliano anche le fiere, molte volte vengo contattata per essere in giuria in molti contest e non ti rimborsano nemmeno il minimo sindacale per le spese di viaggio, non si chiede un compenso ma almeno non vorrei rimetterci, perché comunque io sono lì a svolgere un servizio per te; se chiami me è perché ritieni che io sia migliore rispetto ad altri. È giusto che la gente si svegli da questo punto di vista: indubbiamente lo facciamo per divertimento, ma se si arriva ad un certo livello poi è giusto che questo livello venga ricompensato, come d’altronde succede negli ambienti sportivi.
Hai in programma di portare qualche nuovo Cosplay per il prossimo futuro? Qui a Stay Nerd la curiosità è di casa, svelaci in anteprima a cosa stai lavorando!
Beh, questo Original che indosso oggi è stato pensato proprio come un regalo che ho voluto fare al Cusplay di Pisa, sono in attesa della parrucca per Serenity, cosplay che era nei miei piani fin da bambina e che in realtà… Potrete vedere sicuramente a La Spezia Comics!
Tornando al discorso Giuria di gare Cosplay, è ovvio che facendone parte si giudichino i vari concorrenti, i vari dettagli dei costumi; c’è però un Fattore X dal quale ogni giudice è attratto e che ricerca nei vari concorrenti: qual è il tuo Fattore X?
Facendo giuria in realtà mi sono resa conto di tantissime cose, innanzitutto non c’è il tempo materiale per poter studiare bene ogni costume come uno vorrebbe fare, per cui sicuramente una cosa che conta tantissimo è il colpo d’occhio, e a questo io faccio molto caso: guardo il super dettaglio che a volte può far sembrare il costume meno spettacolare, ma che se lo fotografi non dimostra nessuna pecca strutturale, rispetto magari a tanti altri che sembrano alla vista bellissimi e appariscenti, poi però li vai a vedere da vicino e ti metti le mani nei capelli; queste però sono cose che non escono subito, nel poco tempo di una gara cosplay, a parità purtroppo vince il costume più appariscente, sempre. A parte questo anche le gare sono strutturate male: non si riesce più a capire chi ha fatto cosa, io da Cosmaker che si fa i costumi da sola, tendo sempre a preferire chi magari è qualitativamente inferiore però so per certo che si è sbattuto a farsi il suo abito da solo. Metterei come regola obbligatoria quella di portare i Work in progress per vedere se effettivamente il cosplayer ha davvero creato il suo costume. Ormai il livello è cresciuto così tanto che bisogna rivoluzionare anche il metro di giudizio.
Grazie ancora per l’intervista carissima Adele, alla prossima e KEEP NERDIN’!