Durante questo Lucca Comics abbiamo avuto il grande piacere di intervistare Maicol & Mirco che, come in molti di voi sapranno, è in realtà una sola persona. Ci ha parlato di ARGH, Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco (edita da Bao Publishing), del suo stile, dei suoi progetti e di molto altro.
Ecco come è andata.
Qual è la difficoltà maggiore nel concentrare concetti e battute in uno spazio e in un disegno così minimal?
Gli Scarabocchi è l’opera che più scrivo di getto, quindi per me è priva di difficoltà. Ho sempre raccontato quello volevo nella maniera più semplice e diretta possibile. Anche il rosso degli sfondi, che sembra un dettaglio studiato, è stato scelto istintivamente. So che è così che dovrei fare sempre i fumetti, senza paletti, tutto senso del racconto.
A proposito del rosso, lo consideri una sorta di “periodo” come quelli di Picasso? Ce ne saranno altri?
Ne Gli Scarabocchi il rosso è ormai diventato narrativo, racconta anch’esso qualcosa. Se ti mostrassi uno Scarabocchio senza il rosso, rimarresti spiazzato, sembrano fumetti albini. Ho notato che addirittura si fa più fatica a leggerlo. Lo stesso discorso vale per la nostra cartotecnica: è narrativa. Prendi Il papà di Dio (BAO Publishing 2017) e prova a cambiargli formato. Stai certo che cambierebbe anche la storia.
Esprimi dei concetti che molti trovano condivisibili, sembra quasi che tu racconti un’idea generale che tutti hanno già. Dunque cosa c’è di tuo nei tuoi fumetti?
Su questo Alessio Trabacchini ha trovato la quadra: i miei sono fumetti empatici. Per questo ci si riconoscono tutti. Persino io. I miei personaggi poi vivono esperienze al posto mio. Mi hanno fatto crescere. Non si sa se in bene o in male.
Quindi ti lasci guidare da loro?
Non li seguo. Non sono così pazzo. Diciamo che li pedino. D’altra parte non ho alcun controllo su di loro. Verso di loro ho solo una responsabilità: non censurarli mai, a patto non dicano mai cose poco interessanti.
Spiegaci meglio chi è Mirco. Sappiamo che spesso ti scambiano per due persone, è un tuo alter ego?
In verità una volta eravamo in due, poi ho proseguito da solo. Ho “rilevato” la firma e adesso la considero il mio vero nome, quello anagrafico lo considero nome d’arte. Inoltre, sono sempre stato affascinato da coppie di autori per me enigmatici come Hanna-Barbera. Chi erano? Quanti erano? Come erano?
Dietro alle tue riflessioni, che toccano temi abbastanza importanti, ci sono studi di tipo filosofico o religioso?
È molto semplice collegare Gli Scarabocchi alla filosofia o alla poesia. Mi hanno avvicinato a Samuel Beckett, di cui però non ho mai letto nulla. Io sono innamorato del fumetto ed è la cosa che so fare più di tutte, di conseguenza anche i miei contenuti vanno letti in quanto fumetti. A volte mi capita di leggere scrittori che magari mille anni fa hanno detto le stesse cose che dico io oggi oppure, viceversa, qualcuno che oggi scrive le stesse cose che ho detto io due anni fa. Mi conforta, perché è come se sentirsi tenuto per mano da chi, spesso, è anche più bravo di me. Questo mi dà sicurezza. Non ho fatto studi particolari, sono però un lettore di tutti i generi e dico sempre che un autore è bravo quando ha letto tanto: non basta il talento, serve anche lo studio. Chi dice di fare fumetti ma di non leggerli, sta palesemente imbrogliando.
Allora però, in termini “filosofici”, cosa pensi della cultura nerd e del fumetto? Come ritieni che possano essere utili per portare l’attenzione su temi che anche tu tratti?
Di questa cultura mi piace molto il lato ossessivo, il fatto che cose che da altri sono considerate piccole vengano invece considerate da alcuni enormi, che si dia importanza a tutto perché tutto è importante. Allo stesso tempo, mi piace anche che, oltre a consacrare alcune cose, altre vengano sconsacrate. Questa è la dualità sempre espressa anche dal nome “Maicol & Mirco”. Per me il fumetto ha le potenzialità quanto e più della letteratura. La narrazione unita al disegno genera ha una forza ancora maggiore. Nel fumetto si è fatto tanto, ma credo non si sia sfiorato neanche l’1% delle sue pressoché infinite potenzialità.
Anche McCloud di Capire, fare e reinventare il fumetto, attraverso le rivoluzioni cominciate e ancora da cominciare, parla di queste possibilità infinite del fumetto, perciò siamo assoluamente d’accordo con quello che dici. Riguardo al mondo del fumetto, allora, poiché ne sei così innamorato, ci sono autori o opere da cui trai ispirazione per quello che fai?
Autori classici come Magnus, Massimo Mattioli, Altan… Ma adesso l’80% di fumetti che leggo sono manga, a cominciare da Tezuka, Nagai, Matsumoto… I miei preferiti ora sono One Piece e L’Attacco dei Giganti.
Ah, bene! Questi sono fumetti che hanno tematiche importanti come i tuoi e che vengono portate avanti lungo numerosi capitoli, come dopotutto fai anche tu con le tue vignette.
Sì. La nostra è una lunghissima, enorme, infinita sintesi.
Nei tuoi Scarabocchi tra l’altro c’è una sorta di criterio, si possono notare feature umane come le bocche o le braccia. È un modo per permettere ai lettori di identificarsi come se fossero loro stessi a dire quelle cose?
Il fatto che il disegno sia minimale smuove degli archetipi, ognuno può metterci la faccia che vuole sopra a quella dei miei personaggi. Immaginali come un enorme sacco da riempire. Di lettori.
Come pensi si evolverà il tuo lavoro e per quanto vorresti che durasse ogni fase o progetto che farai? Ne hai già di programmati?
Gli Scarabocchi mi accompagnerà per sempre. Intanto per l’anno prossimo sono già pronti tre nuovi libri. Poveri alberi!