Si è appena conclusa la quarta edizione di ARF!, e Stay Nerd ha avuto l’onore e il piacere di incontrare e fare quattro chiacchiere con Vinci Cardona, autore di Black Gospel per Edizioni BD, co-vincitore del Premio Bartoli di quest’anno insieme a Kalina Muhova, autrice di Sofia dell’Oceano per Tunué. Volete sapere com’è andata? Ecco il resoconto della nostra intervista.
Come ci si sente ad aver vinto il Premio Bartoli 2018?
Eh, il giorno stesso ero abbastanza sconvolto. Io sono un antisportivo, ho conosciuto Kalina Muhova [vincitrice ex aequo del Premio Bartoli 2018, con Sofia dell’Oceano per Tunué, NdR] al Napoli Comicon, non avevo ancora letto il suo fumetto, ma quando sono usciti i candidati al Premio, il suo Sofia dell’Oceano per me era il favorito: storia appassionante, disegni bellissimi. Ero sicuro vincesse lei. E invece è arrivata la vittoria ex aequo che proprio per questo, per la grande sorpresa, è come un premio in più! Mi piace da morire che questa competizione si risolverà l’anno prossimo in un’esposizione condivisa, alla prossima edizione dell’ARF. Non avrei potuto auspicarmi una soluzione migliore. Anche gli altri nominati, comunque, Saresin e i ragazzi di Bad Moon Rising, erano fortissimi.
Come cambia la tua percezione di te stesso, in quanto artista e autore, da un giorno all’altro, dopo il Premio?
Sicuramente aumenta il peso del secondo libro, per il quale mi prenderò tutto il tempo necessario. Voglio mantenere tutte le aspettative, così come hanno fatto entrambi i vincitori precedenti: Francesco Guarnaccia, esposto quest’anno all’ARF, ormai punto di incontro fra grafica e fumetto, e Agnese Bagnarelli, un’autrice incredibile, di una maturità e una delicatezza innate. Essere il loro successore insieme a Karina è un onore e un impegno, ma sicuramente la gioia supera l’ansia da prestazione. Che poi c’è, eh, c’è sempre!
Ci vuoi parlare di Black Gospel, l’opera con cui hai vinto il Premio?
Black Gospel è un progetto presentato al Lucca Project Contest 2016, un concorso per progetti di esordienti, ma per libri che potessero essere pubblicati e venduti in tutto e per tutto. Quindi c’è una serie di ragionamenti in più, rispetto alla semplice storia scritta per passione. Dover conquistare l’approvazione di una casa editrice, nel caso specifico Edizioni BD, che ha l’intento di vendere, mi è servito a fare un passo avanti di maturità. Detto questo, in realtà Black Gospel ha un’origine naturale e bizzarra: ho sognato un presepe dove i tre Re Magi erano tre soldatini di plastica vestiti da cowboy. Da qui, l’idea di trasformare questo spunto in un fumetto. È una versione western del Vangelo, un libro che parla molto di spiritualità e temi profondi, ma in una cornice avventurosa. Ci tenevo molto, che fosse una storia d’avventura, e il genere western lo garantisce.
Sei un appassionato di Western?
In realtà, c’è più Vangelo che Western. Io non sono credente, ma lo sono stato e ho letto il Vangelo tante volte. C’erano personaggi che mi interessavano moltissimo, come Maddalena e Barabba. Il Western è arrivato come contenitore, mi piace come mi piacciono altri generi, anzi, non è il mio preferito. Ma si sposava bene con la struttura del Vangelo, coi suoi temi del viaggio, del sacrificio, di redenzione. Volevo vedere se queste tematiche comuni potessero conciliarsi e, dopo un po’ di lavoro, il processo creativo ha dato ottimi risultati. Non credo di aver fatto un torto né ai fan del Western classico né ai conoscitori del Vangelo! (ride) Anzi, a parte gli scherzi, ho riscontrato un grande interesse da parte di tutti i lettori. In tanti mi hanno fatto notare qualcosa della loro interpretazione, altri parallelismi che io non avevo notato.
Graficamente, come hai lavorato per rendere al meglio la spiritualità? Il tuo stile si è evoluto nel corso della stesura?
Chi lo sa! Studiavo pittura, mentre iniziavo a lavorarci, e non fumetto. Questo, forse, non mi ha fatto pensare molto allo stile definito del fumetto che stavo creando. Ma una cosa che mi interessava molto era lavorare sul colore: ho sempre lavorato con una gamma cromatica più ristretta di quella di Black Gospel e, con l’occasione del concorso, volevo sperimentare e dare qualcosa di non prevedibile. Con il Western si associano spesso colori western, quindi tonalità sabbiose, terree e cieli azzurri. Ma non volevo creare questa patina, forse perché non sono un fan sfegatato del genere, da quel punto di vista. E poi c’era il titolo, “Black Gospel”, che suggerisce forti contrasti bianco-neri, altra cosa che intendevo evitare. Ho optato per una gamma cromatica totale, talvolta psichedelica, specie nei primi capitoli, in controtendenza con titolo e genere. Poi, anche questa, si evolve nel corso della storia e, paradossalmente, con il complicarsi dei personaggi, diventa più naturalistica nell’ultimo capitolo.
E per il prossimo libro?
Per quanto riguarda il colore, sto facendo il ragionamento opposto! Niente più range arcobaleno, più sacrifici, sempre una palette complessa ma con marroni, seppia, blu che da Black Gospel avevo escluso. La storia è sempre collegata alle Scritture: come Black Gospel si basa sul Vangelo, sul Nuovo Testamento, il prossimo libro nascerà dal Vecchio Testamento, dal Libro della Genesi, che mi piace molto. Immagino che il mondo tra la Genesi e il Diluvio sia un mondo a sé stante, un piccolo universo “fantasy”, anche se il termine non è propriamente corretto, ma rende l’idea. Un mondo con un inizio e una fine, coincidente con il Diluvio, dopo il quale si ricomincia tutto da zero. Una terra dimenticata le cui vicende hanno ripercussioni per secoli e secoli a venire, nella storia della Bibbia. È un periodo lungo ma lo sto condensando perché diventi un’avventura, ma senza più cornice western. Probabilmente sarà meno adrenalinico, più basato sui rapporti e meno sugli scontri, sul grande tema dell’eredità.