A Romics 29 abbiamo intervistato JiokE, autore de La casa dei Pulcini
Io partirei da questa descrizione “Vivere nel bosco è magico, proteggere la famiglia è importante, uscire dal nido è vietato”. Le tue opere, Pazzia ma soprattutto il recente La casa dei pulcini, hanno un impatto molto crudo. Come nasce in particolare quest’ultima?
La casa dei pulcini nasce per la volontà di mettermi alla prova. Con Pazzia, che ho pubblicato con BD, ho giocato un po’ in casa, perché nasco come autore di storie brevi di 8-10 pagine, molto di impatto, e Pazzia era appunto una raccolta delle migliori opere più un paio di inediti. Mentre con La casa dei pulcini mi sono per la prima volta messo alla prova con una storia molto più lunga, di 230 pagine, e nasce dal fatto che ho sempre voluto raccontare una storia nel bosco, in cui ho sempre ritrovato il contrasto tra un’estetica fiabesca ma un luogo in cui al contempo non hai idea di cosa potresti trovarci, e dove c’è anche il rischio di perdersi. Ho voluto giocare su questo contrasto molto forte.
Mi viene mente una citazione de L’attacco dei gitanti, in cui si narra che nella bellezza della natura c’è anche la crudeltà e la sua forza. Anche ne La casa dei pulcini si percepisce questo, perché dietro ogni mistero c’è un possibile pericolo.
Sì, però ne La casa dei pulcini questa brutalità si nasconde dove all’inizio non vai a pensare. Piante le sue origini maligne nei luoghi meno scontati.
Quindi anche in casa, nel luogo più sicuro, si può trovare il male
Esatto. La storia si concentra molto nell’intimità di una famiglia e il male risiede in quei posti. A me piace raccontare il pensiero di poche persone.
Mio fratello descrisse il mio lavoro in modo a mio parere interessante: “leggere i tuoi fumetti è come sbriciare dalla serratura di una porta”.