Durante la View Conference 2017, in quel di Torino, abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Kevin Lin, COO di TWITCH, facendola diventare una delle più grandi piattaforme video al mondo.
Ecco a voi il resoconto dell’intervista.

Quali sono le caratteristiche che hanno permesso a Twitch di diventare la principale piattaforma di streaming videoludico?

Beh, Twitch nasce da una costola di Justin.tv, che si proponeva come un superamento del mezzo televisivo, permettendo agli spettatori e agli utenti di condividere le proprie vite 24 ore su 24. Quando la compagnia si è accorta che il gameplay andava forte sulla piattaforma, ha deciso di scindere dal resto quella categoria ed ecco nascere Twitch.
Ci siamo anche accorti che noi stessi lavorando, usavamo come sottofondo dei video di persone che giocavano, quindi il fenomeno esisteva e stava diventando sempre più diffuso. La fruizione dei videogame non è più solo quella diretta della persona che ha in mano il joypad, ma anche di coloro che guardano la persona che gioca. Del resto la nostra generazione, quella cresciuta nelle sale giochi degli anni ’80, aspettava il proprio turno guardando gli altri e quella dello streaming è solo l’evoluzione tecnologica di quell’attesa.

Quanto è influenzato il mondo del game-development dall’aumento delle dinamiche social di condivisione dei contenuti?

Sicuramente molto. Quando abbiamo lanciato Twitch anche i numeri di Youtube erano in costante crescita e anche quella era una buona piattaforma di condivisione, per cui abbiamo dovuto coinvolgere il nostro pubblico, trovare persone a cui interessasse condividere la propria passione, ma soprattutto interagire con le case produttrici di videogame, che stavano ancora imparando come gestire questo fenomeno e il social engagement. Si tratta di uno scambio di informazioni tra le parti, un costante apprendimento sugli aspetti migliorabili; i giocatori stessi stanno diventando più consapevoli, mentre gli sviluppatori tendono forse più che in passato a puntare su titoli che non siano solo giocabili ma anche “guardabili” da uno spettatore. Questo paradigma è nato con il canale Twitch Plays Pokémon, in cui gli spettatori dello stream decidevano le mosse da far compiere al protagonista del gioco attraverso la chat del canale, un’esperienza veramente strana, dalla quale le persone hanno imparato che puoi veramente avere un’esperienza in cui non è solo il giocatore ad avere il controllo di quello che succede, ma il pubblico può influire sugli eventi. L’evoluzione del modo di giocare è già in atto e gli sviluppatori ne sono consapevoli. L’interazione tra i vari livelli di fruitori di videogiochi è aumentata e le persone si sentono più coinvolte nell’intero processo.

In che modo Twitch ha aiutato gli e-sport, da poco riconosciuti anche dal Comitato Olimpico come attività sportiva a tutti gli effetti, a conquistare un pubblico sempre più grande?

Gli e-sport esistono ormai da quasi due decadi e all’inizio i tornei erano commentati dalle radio online, solo audio quindi, senza la possibilità di vedere cosa stesse succedendo. Noi per primi eravamo attratti dall’industria degli e-sport, ne eravamo fan nel passato e alcuni di noi avevano anche partecipato a eventi, per cui abbiamo cercato di raggiungere quel pubblico, facendo pesare il nostro essere una piattaforma gratuita in grado di far arrivare i propri contenuti in tutto il mondo. Siamo stati un pezzo importante nel puzzle che ha portato all’ascesa degli e-sport, aiutati da un tempismo perfetto e da giochi come Starcraft o League of Legend, oltre che dall’implemento delle reti internet, che hanno permesso di aggiungere il necessario video all’audio dei primi tornei alla radio.
Il pubblico è cresciuto nel tempo, le sponsorship sono aumentate e così anche i premi. L’intera economia che ruota intorno al fenomeno ha avuto un’impennata nel momento in cui le compagnie di videogiochi hanno realizzato cosa si stavano trovando tra le mani. Il pubblico è composto da centinaia di migliaia di appassionati in tutto il mondo, persone che solitamente giocano ai videogiochi, ma che non disprezzano guardare gli altri giocare, soprattutto se si tratta di utenti di un certo livello.
Organizzazioni come VAULT hanno costruito uno degli ecosistemi più redditizi intorno a questo fenomeno: vendono quasi cento milioni di dollari all’anno di articoli per il gaming. Neanche i singoli giocatori se la passano male: i membri del team vincitore si portano a casa anche due milioni di dollari a testa. Sembra quasi incredibile, sono somme che ti cambiano la vita, soprattutto per persone così giovani. Adesso puoi realmente costruirti una carriera grazie a una passione. Storicamente, almeno in America, i videogiochi non sono considerati un passatempo costruttivo, non sono uno sport, non coinvolgono il corpo, non prevedono la possibilità di stare all’aria aperta, non sono salutari, ma credo che qualcosa stia cambiando, finalmente viene riconosciuto che per praticare gli e-sport sono necessarie abilità e dedizione e anche Twitch ha contributo a dimostrare che il gaming è un ambiente in cui le persone interagiscono, si incontrano e condividono esperienze. Si tratta di una realtà in cui la socializzazione è importante, e vogliamo aiutare a diffondere questa convinzione in tutto il mondo. Certo, dal punto di vista tecnico avere un milione di persone in contemporanea che seguono lo streaming di un evento è molto dura, soprattutto perché ci teniamo che ogni utente possa fruire al meglio del servizio, ma gli strumenti che abbiamo a disposizione, come le chat, vanno ad aumentare quel sentimento di socialità tra appassionati, a renderli parte dello spettacolo. Quando guardi questi tornei ti sembra di sentire la folla vociare, anche se si tratta solo di messaggi di testo sullo schermo. Si tratta di portare all’estremo l’interazione, altrimenti sarebbe come guardare la televisione.

intervista kevin lin twitch

Come è cambiata per te la concezione del nerd negli anni?

Nerd, geek, in ogni modo tu voglia chiamarli, sono molto meno stigmatizzati di un tempo: io sono cresciuto in Louisiana e queste cose non erano cool, ma da quando il gaming ha acquisito un pubblico in continua crescita e un’importanza economica, il divario si è ridotto. Oggi come oggi molte persone che non si sarebbero mai considerate giocatrici, giocano ai videogiochi. Quando sono in pubblico e chiedo alle persone se giocano, in pochi rispondono positivamente, ma se poi chiedo chi di loro gioca a Candy Crush, o Clash of Clans, quasi tutti mi dicono di sì. La concezione pubblica sta cambiando, i campioni di e-sport adesso vengono intervistati in TV dai giornalisti dei canali sportivi. Una volta stavo tornando a casa in Louisiana e in taxi mi sono messo a parlare con l’autista, una signora di mezza età con un figlio adolescente e quando le ho nominato Twitch, sapeva di cosa stessi parlando; non me lo sarei mai aspettato. Ancora più sconvolgente è stato sentire dire che stava spingendo il figlio ad allenarsi a giocare, per diventare più bravo. Non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato un giorno in cui una madre avrebbe potuto dire una cosa del genere al figlio. I videogiochi stanno diventando socialmente accettati perché sono ormai un modo di fare carriera e di realizzarsi in molti aspetti diversi: puoi fare gameplay, puoi diventare un campione di e-sport, puoi sviluppare videogiochi; ci sono molte possibilità di trasformare una passione in lavoro.
I nerd, i giocatori, è strano, ma stanno diventando di moda.


Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.