L’eroe di cui abbiamo bisogno ma che (forse) non meritiamo
L’autore di Gantz, Hiroya Oku, ci propone nuovamente un’opera sci-fi in cui l’elemento extraterrestre diviene il pretesto per poter dar vita ad un confronto psicologico e morale, scegliendo come rappresentanti delle due linee di pensiero personaggi diversi tra loro e, nel caso di Inuyashiki, piuttosto anticonvenzionali.
Ichiro Inuyashiki, infatti, è un semplice salaryman (impiegato d’azienda giapponese che praticamente vive per lavorare, n.d.R.), invecchiato piuttosto male a causa del suo lavoro e con una famiglia con cui non ha praticamente alcun rapporto. La sua situazione si fa ancora più tragica quando scopriamo, insieme a lui, che gli restano solo tre mesi di vita a causa di un cancro ormai incurabile.
Il pover’uomo si abbandona ad un pianto disperato una sera nel parco, quando all’improvviso viene investito da nientemeno che un’astronave terrestre.
Nell’anime – disponibile alla visione su Amazon Prime Video – non vedremo mai più queste forme di vita aliena, ma sapremo con certezza che la loro tecnologia è così superiore a quella terrestre da poter ricostruire il corpo del vecchio Inuyashiki, rimasto ucciso dall’atterraggio della nave spaziale. Egli tornerà a casa frastornato, scoprendo con grande sorpresa di essere diventato una vera e propria macchina, una sorta di androide, capace di volare, sparare con le proprie armi incorporate, interagire con apparecchi elettronici e molto altro. Quella notte, però, il signor Inuyashiki non era solo: investito anch’egli dall’astronave, lo studente Hiro Shishigami è stato ricostruito alla stessa maniera, acquisendo le stesse abilità.
Due nuove forme di vita ora girano per Tokyo e agiranno in opposizione l’una all’altra, ponendoci di fronte ad uno dei grandi quesiti della serie: cos’è che ci rende umani?
Similmente ad altre opere di maggior successo, l’autore propone una sua visione di come potrebbe andare a finire se un grande potere finisse nelle mani di personaggi improbabili come uno studente sociopatico e un vecchio impiegato. Il risultato è ovviamente lo scontro fra due modalità di pensiero, entrambe scaturite da un sentimento di disperazione e vuoto originati dalla società in cui vivono e portate all’esasperazione nella loro espressione.
Inuyashiki non ha nulla da perdere: al momento dell’incidente, è malato terminale e nella sua famiglia è considerato poco più che una presenza, pur avendo faticato tutta la vita per poter finalmente comprare una casa. Shishigami, dal canto suo, ha una famiglia divisa in due: vive solo con la madre, mentre il padre si è rifatto la vita con un’altra donna e altri figli; inoltre il ragazzo riesce a svagarsi solamente leggendo manga, creando rapporti stretti solo col compagno di scuola Ando, al quale rivelerà la sua nuova natura. I due protagonisti possono dunque sembrare molto simili, ma la differenza tra loro starà proprio nel modo in cui decideranno di far uso dei loro nuovi poteri: Inuyashiki sceglie di salvare persone condannate dalla malattia o coinvolte in incidenti, Shishigami decide di porre fine alle vite di numerose famiglie innocenti.
La prospettiva della morte assume una dualità che condizionerà le azioni di entrambi. Inuyashiki, con la propria morte e “rinascita” e il suo animo innatamente buono, ha colto il valore di ciò che aveva e che stava lasciando morire insieme a se stesso, perciò iniziando a salvare le persone riesce a sentirsi di nuovo umano, a provare gioia e amore per la vita. Shishigami, invece, per sentirsi ancora vivo e umano, dà sfogo alla propria furia, liberando la sua rabbia repressa in un’ondata sanguinosa e incontrollata di violenza gratuita.
Violenza accompagnata da un’insensibilità e un’indifferenza generale, anche della gente comune, che provocano un senso di disturbo nello spettatore che abbia ancora un briciolo di umanità, il quale finirà per chiedersi se effettivamente ce l’abbiamo ancora: non riusciamo più a provare empatia per il prossimo (un esempio semplice ma lampante è il dottore che annuncia ad Inuyashiki il cancro e quanto tempo gli resta da vivere con grande noncuranza) e siamo abituati alla violenza vista in TV e su internet, convinti di esser protetti dietro i nostri schermi dai quali viene filtrato ogni senso di moralità, legalità e giustizia: come nell’anime, più volte sentiamo dire cose come “dovremmo… bisognerebbe…” ma nessuno poi agisce davvero. Solo Inuyashiki è il paladino involontario di questo mondo, per il quale egli stesso, per quanto altruista e buono, si chiede se valga la pena di lottare, dopo le numerose delusioni e sofferenze provate. Ovviamente il nostro vecchio prenderà sempre la decisione più giusta, anche alla fine, seppur dolorosa, con la speranza di aver contribuito, nel suo piccolo, alla creazione di un mondo migliore.
Un finale amaro ma degno per una serie che, nei contenuti, si rivela coinvolgente e interessante, nonostante gli 11 episodi di cui è composta, forse insufficienti per approfondire la psicologia dei personaggi e l’analisi di una società moralmente alla deriva. Tuttavia, l’intreccio procede spedito e in linea retta, pur coinvolgendo personaggi secondari e comparse utili solo ai fini dell’azione di quelli principali, in particolare Shishigami. Quest’ultimo e Inuyashiki sono ovviamente quelli su cui più è stata utilizzata la computer grafica e forse questa è stata sfruttata così tanto per i loro corpi robotici da risultare poco curata e invasiva in altre scene, in cui si sovrappone in maniera poco uniforme l’animazione tradizionale, già di per sé non molto fluida e in un certo senso grottesca in alcuni frame. Tale è anche l’impressione che si riceve dal doppiaggio originale, a mio parere non proprio all’altezza del carico emotivo sulle spalle dei protagonisti.
Verdetto
Inuyashiki – Last hero ha un ottimo potenziale, pur avendo una trama semplice e dai temi simili al suo predecessore, Gantz, e altre opere dal contenuto morale profondo. Forse non ha ricevuto l’attenzione necessaria dal suo studio di produzione, lo studio Mappa, che avrà preferito investire di più nelle serie animate precedenti quali Yuri on Ice e Kakegurui (qui la nostra recensione).Tuttavia, merita la visione per la sua conclusione amara ma positivista, nella quale realizziamo tristemente che le tragedie avvicinano, rivelano il nostro animo e ci indirizzano verso un futuro che, grazie a piccoli grandi gesti d’umanità, si spera sarà migliore del presente.