Alla Gamescom abbiamo provato Iron Harvest, un RTS steampunk ambientato in una rilettura degli anni ’20
Nel 1919 la Polonia, che aveva riguadagnato la sua indipendenza, attaccò l’Unione Sovietica, da poco diventata uno stato comunista. La guerra andò avanti per due anni, e vide l’URSS arrivare fino a Varsavia, per poi essere ricacciata indietro.
Se volete approfondire la storia della guerra polacco-bolscevica c’è Wikipedia che la tratta piuttosto bene, perché non siamo qui per parlarvi di storia contemporanea. Questa introduzione serve però a farvi capire da dove inizia Iron Harvest, che si ispira a questi eventi per costruire quella che potrebbe quasi essere definita un’ucronia, un diverso svolgersi degli eventi rispetto alla Storia.
Iron Harvest si inserisce infatti nell’universo creato da Jakub Różalski (qui trovate i suoi lavori), un artista polacco di cui certamente avrete visto le splendide illustrazioni su internet. Al mondo creato da Różalski, chiamato World of 1920+, dobbiamo anche un altro titolo, Scythe, un board game già trasposto in videogioco. In questo universo ci sono tre fazioni a darsi battaglia: Polania Republic, Saxony Empire e Rusviet.
I riferimenti alla Polonia, alla Germania e alla Russia sono più che evidenti, insomma. Quello che è diverso rispetto alla realtà è principalmente la costruzione da parte delle diverse fazioni di rozzi mech, enormi robot alimentati a vapore utilizzati per combattere già durante la Grande Guerra.
In questo affascinante universo si inserisce proprio Iron Harvest, un RTS che negli intenti degli sviluppatori dovrebbe avere una forte componente narrativa. Il gioco sarà infatti diviso in tre campagne, una per ognuna delle tre fazioni, e saranno composte di sei missioni. La demo che abbiamo avuto il piacere di provare alla Gamescom ci metteva nei panni dell’eroina della fazione sovietica e del suo compagno orso, Wojtek, che combatté realmente a fianco dell’esercito polacco durante la Seconda Guerra Mondiale. Ogni fazione infatti avrà i suoi eroi, personaggi dotati di particolari abilità in grado di cambiare le sorti dello scontro.
Riguardo le altre unità sono rimasto piacevolmente colpito dalla duttilità concessa dalla possibilità di raccogliere le armi nemiche. Se ad esempio abbiamo un’unità di fucilieri e uccidiamo un’unità di granatieri, per un breve periodo di tempo le granate saranno disponibili per essere raccolte, permettendo a chi se l’accaparra di cambiare tipologia. L’altra caratteristica interessante è il sistema di coperture, che obbliga a trovare riparo qualora si ingaggi il nemico per avere un grande bonus alla difesa.
Il posizionamento sembra essere una delle caratteristiche chiave del gioco, dal momento che le manovre di accerchiamento permettono da una parte di avere la meglio dai nemici riparati, e dall’altra di avere la possibilità di danneggiare anche i mech.
Gli enormi robot a vapore sono, come immaginabile, praticamente inattaccabili da parte di un normale manipolo di fucilieri. Hanno però sulla parte posteriore un punto debole, che permette anche a unità non adatte allo scopo di danneggiarli.
La missione provata era quindi incentrata sul combattimento (non c’era alcun modo di accumulare risorse e creare nuove unità), e si è rivelata piuttosto dinamica in diversi aspetti. Una delle cose che più mi hanno colpito è stato il dover attendere il passaggio di una ronda nemica prima di avanzare, se non si voleva ingaggiare battaglia.
Probabilmente è una piccolezza, ma ha reso decisamente bene la sensazione di essere un gruppo improvvisato di combattenti contro un esercito di professionisti armati di robottoni.
La missione era strutturata a zone da conquistare, alcune opzionali e alcune necessarie a concludere la missione. Ogni area conquistata ci riforniva di nuove unità, e presentava la possibilità di accedere a casse utili a curare i nostri compagni danneggiati. Nell’ultimo di questi obiettivi finalmente venivano messi anche a nostra disposizione dei robot, assieme a dell’artiglieria (che i soldati possono prendere e utilizzare quando viene trovata sul campo).
Gli scontri si sono dimostrati estremamente soddisfacenti, grazie a un’ottima realizzazione del terreno che permetteva, o forse obbligava, a muoversi lentamente cercando sempre di avere delle coperture a portata di mano in caso di agguato nemico. Nell’ultimo scontro invece, in cui bisognava mantenere la posizione e difendersi da tre ondate nemiche, ho potuto provare a utilizzare manovre di accerchiamento per abbattere i mech avversari utilizzando anche soldati semplici, per snellire il compito ai miei robot e farli arrivare integri all’ultima ondata.
Ovviamente Iron Harvest non finisce qui, tra mosse speciali e diverse tipologie di fuoco utilizzabili e la già citata possibilità di seguire obiettivi secondari per arrivare meglio preparati ai checkpoint principali. Purtroppo c’era solo una mappa a disposizione, e il tempo concessoci era di circa trenta minuti, ma quello che ho potuto intravedere mi ha assolutamente colpito in positivo, anche sotto il profilo narrativo.
Inutile dire che a primo impatto le splendide illustrazioni sono quello che fa rimanere a bocca aperta, ciononostante sembra esserci molto altro in Iron Harvest, e sinceramente non vedo l’ora di avere il gioco completo per le mani.
Stando a Steam il gioco è previsto per settembre 2020, ma sono disponibili delle versioni alpha per chi preordina.