Japan Sinks 2020: nulla di più attuale!
Alcuni potrebbero pensare che il 2020 nel titolo dell’adattamento anime di Japan Sinks 2020 sia sinistramente calzante, dal momento che si parla di cataclismi apocalittici. Dopotutto, l’anno che stiamo attualmente vivendo sta venendo caratterizzato da una serie di catastrofi – sociali e naturali – senza precedenti. Tuttavia, l’utilizzo di quella data serve solamente per identificare questo adattamento da quelli precedenti. Infatti, “Nihon chinbotsu”, il romanzo di Sakyō Komatsu del 1973 su cui si basa la trama di Japan Sinks 2020, è stato particolarmente amato dal pubblico; ciò gli ha permesso di ottenere il premio di miglior romanzo giapponese dell’anno e numerosi adattamenti, tra cui anche due film.
L’anime di Japan Sinks, dietro la guida registica di Masaaki Yuasa, si propone di adattare in forma animata la tragedia di una famiglia che tenta di sopravvivere, mentre una serie di terremoti e maremoti fa sprofondare nell’oceano l’arcipelago del Giappone. Come risulta l’esecuzione di questo proposito?
Il buono, il brutto e il cattivo: i vari lati del Giappone messi allo scoperto
Attraverso l’esodo verso la sopravvivenza della famiglia Mutou vengono affrontati svariati temi, alcuni meglio di altri. Alcune delle tematiche meglio rappresentate, come l’esclusione e il sospetto verso il prossimo, non sono estranee a Masaaki Yuasa, che le ha già affrontate nell’acclamato adattamento anime di Devilman Crybaby. Infatti, quella dei Mutou è una famiglia mista: padre giapponese e madre filippina. Il multiculturalismo viene rappresentato specialmente dal fratellino minore, Gō, che essendo appassionato di videogiochi e seguendo youtuber stranieri ha incorporato l’inglese nel suo lessico di tutti i giorni. Lo utilizza ad ogni piè sospinto; anche quando non ce n’è bisogno, come accade quando parla in inglese con un signore anziano che reagisce negativamente, perché lui, invece, gli stranieri li detesta con tutte le forze.
In Japan Sinks 2020, si compie il passo successivo e si arriva a parlare di appartenenza, di patria (nel significato nazionalistico del termine), da un estremo all’altro. Si spazia dalla discriminazione razziale, che riduce ogni cosa ad un concetto di “noi” e “altro” – specialmente in un contesto di emergenza e crisi – all’orgoglio che si prova verso il proprio paese e per tutto ciò che lo rende unico. In una scena che ricorda altri prodotti diretti da Yuasa, il cast improvvisa una rap battle in cui si parla, a turno, della propria visione del Giappone in rapporto al resto del mondo, mettendo in luce sia i lati positivi che quelli negativi di un paese che più di tutti sembra poggiarsi su dualismi, a volte contraddittori. Sotto questo punto di vista, Japan Sinks 2020 non si spreca in carinerie di nessun tipo e da’ voce alle opinioni di ogni personaggio. Il risultato è un vero e proprio commentario in rima sulla società giapponese.
Un altro tema affrontato in modo eccellente è la disinformazione, le fake news e la poca fiducia che il popolo nutre verso il governo, specialmente in una situazione di crisi. Molto attuale, visto il contesto in cui stiamo vivendo. Viene sottolineata specialmente l’arroganza e la diffidenza dell’uomo comune, che vede tutto e tutti come una minaccia. Ciò lo porta a ritenersi superiore a chiunque, anche a figure specializzate nel loro campo, facendo scelte che potrebbero metterlo in situazioni di estremo pericolo, per sé e per gli altri. Nemmeno i notiziari vengono reputati degni di stima e ogni notizia che non riflette la propria narrativa personale viene etichettata come fake news e liquidata con sufficienza. In un contesto di crisi ed emergenza, tutto ciò viene esasperato in modo perfetto, facendo risaltare quanto questo atteggiamento sia controproducente. Purtroppo, non tutte le tematiche di Japan Sinks 2020 vengono presentate con la stessa cura e risultano non molto convincenti. Come mai?
Le inconsistenze di Japan Sinks 2020 e le sue reazioni umane altalenanti
Per quanto questo adattamento anime punti molto sui legami che si vengono a creare tra i vari personaggi – con particolare attenzione al rapporto tra i componenti della famiglia Mutou – non sempre questo adattamento centra il bersaglio prestabilito. Da una parte, i rapporti tra alcuni personaggi risultano ben costruiti e con uno sviluppo ricco di dettagli, sparpagliati generosamente durante i dieci episodi della serie. Un ottimo esempio è il rapporto tra lo youtuber KITE e Haruo – il senpai di Ayumu, la protagonista: poco a poco si svilupperà tra i due un rapporto di amicizia che li spingerà a crescere e ad aprirsi, uscendo dal proprio guscio. D’altro canto, però, alcune relazioni tra personaggi sembrano essere importanti solo sulla carta, oppure risultano rilevanti “a scoppio ritardato”.
Come ci si potrebbe aspettare da un anime che segue il genere dei disaster movie, sullo schermo si susseguono innumerevoli tragedie e, insieme ad esse, molte morti. Non potendo fare spoiler, dovrò limitarmi a dire che alcune morti importanti risultano essere completamente prive di conseguenze – emotive o fattuali – negli episodi immediatamente successivi. Spiazzante a dir poco, specialmente viste le pesanti sfumature di pathos e trasporto emotivo con cui vengono dipinte nell’episodio in cui avvengono. Eppure, è come se non fosse successo nulla. C’è anche da dire che si nota lo sforzo di rimediare a questo errore, grazie a citazioni e rimandi negli episodi conclusivi.
Le reazioni umane sono tra gli elementi più interessanti di un prodotto della risma di Japan Sinks 2020, visto che un contesto di crisi e tragedia spinge gli esseri umani a esasperare le loro reazioni e a compiere azioni a cui altrimenti non penserebbero nemmeno. Spesso e volentieri verranno prese delle decisioni che potranno rendere antipatici i personaggi agli occhi dello spettatore ma, come abbiamo detto, il contesto lo permette. Nonostante questo, le scelte sbagliate ci vengono presentate come tali, non facendo sconti a nessuno; questo, ovviamente, vale anche per la nostra protagonista, Ayumu, e per il resto del cast. Decisamente un punto a favore della narrazione.
In generale, il ritmo altalenante e la mancata crescita è un difetto che si riflette in vari aspetti dell’opera. Forse questo si può attribuire al materiale originale, dal momento che “Nihon chinbotsu” è una lettura molto breve. Alcuni personaggi risultano stagnanti per molti episodi, fino quasi a risultare ripetitivi e frustranti da guardare, per poi compiere il proprio sviluppo – prefigurato svariati episodi prima – tutto d’un colpo. Il risultato finale appare poco “guadagnato” e innaturale ma, nonostante questo, Masaaki Yuasa riesce a impacchettare il tutto con grandiosità e commozione, per poi culminare nel finale che, volenti o nolenti, strapperà una lacrimuccia alla maggior parte degli spettatori.
L’esagerazione forzata di Japan Sinks 2020: Masaaki Yuasa ci ha lasciato lo zampino?
Come ci si può aspettare leggendo la sinossi, Japan Sinks 2020 è un continuo susseguirsi di cataclismi e tragedie umane che si abbattono sul cast durante il loro viaggio. Se da una parte, però, le innumerevoli morti – violente e non – possono essere apprezzate per la loro crudezza senza filtro, che cerca di avvicinarsi il più possibile ad un ipotetico realismo, spesso non si usano le giuste misure. La morte, infatti, è sempre presente e, in ogni episodio di Japan Sinks 2020, qualsiasi evento sarà a discapito dei personaggi, in un modo o nell’altro. A lungo andare, questo va a creare nello spettatore la consapevolezza che ad ogni episodio ci sarà almeno un decesso o un mutilamento assicurato.
Insomma, invece che tenere il proprio pubblico sulle spine e creare tensione, facendo preoccupare chi guarda per il destino dei propri beniamini, questa scelta narrativa va a desensibilizzare completamente lo spettatore, facendo affidamento solamente alla brutalità del metodo del decesso, piuttosto che al pathos e all’imprevedibilità dello stesso.
Come se non fosse abbastanza, alcune situazioni vengono create partendo da situazioni concettualmente sbagliate, che non dovrebbero esistere in primo luogo e che appaiono, quindi, forzate, solamente per poter portare ad un esito drammatico. “Drammatico”, inoltre, è la parola perfetta per descrivere la maggior parte degli eventi che avvengono durante il corso di Japan Sinks 2020. Ma badate bene, questo “drammatico” è inteso in senso teatrale. Spesso e volentieri ci sono situazioni che potrebbero essere un ottimo pugno nello stomaco per lo spettatore… Se solo non fossero esagerate fino all’inverosimile. Questa scelta, forse adottata per uno scopo sensazionalistico, durante la visione risulta controproducente perché rompe la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Certe scene e, nello specifico, morti, risultano semplicemente inutilmente brutali e gratuite, senza alcun senso o contesto.
Avvenimenti del genere starebbero bene all’interno di Devilman Crybaby; ma qui, purtroppo, appesantiscono solamente un prodotto già parecchio greve di per sé. Gli episodi di Japan Sinks 2020 risultano quindi lunghissimi – nonostante il minutaggio nella norma – e non molto adatto alla sensibilità dello spettatore medio. Insomma, un anime non adatto ai deboli di cuore e da prendere in piccole dosi; ma per alcuni amanti delle opere di Masaaki Yuasa risulterà sicuramente come un bocconcino prelibato.
Deus ex machina e spiegazioni non pervenute: le sviste di Japan Sinks 2020
Ogni prodotto sul filone del disaster movie che si rispetti ha il proprio “Bear Grills”, un personaggio che possiede abilità e conoscenze predisposte alla sopravvivenza e che risultano particolarmente preziose in un contesto di emergenza. Dal procacciarsi il cibo a orientarsi, da conoscenze mediche a nozioni utili per affrontare la crisi di turno. Insomma, sono solitamente personaggi indispensabili per la sopravvivenza del gruppo, spesso e volentieri i suoi leader. Anche Japan Sinks 2020 ha questo tipo di figura, ma la cosa in cui pecca è dare una motivazione alla stragrande maggioranza delle sue capacità. KITE è l’idolo di Gō, un videogiocatore e youtuber proveniente dall’Estonia. Questo giovane ragazzo sembra avere conoscenze infinite, che spaziano dalla geologia alle droghe, le capacità di un hacker e l’abilità di pilotare mezzi anticonvenzionali.
Pochissime di questi suoi doni vengono spiegati e spesso questo personaggio viene usato come deus ex machina. Facendo un piccolo spoiler, ad un certo punto arriverà a salvare il resto del cast a bordo di un carro armato nuovo di zecca. Dove l’ha trovato? Come sapeva come pilotarlo? Tutte domande le cui risposte vengono lasciate avvolte dal mistero.
Come lui, ci sono anche altri personaggi che possiedono abilità anticonvenzionali mai spiegate. Un boccone un po’ difficile da digerire, visto il relativamente credibile realismo del resto della narrazione.
Considerazioni finali
Japan Sinks 2020 è un prodotto molto divisivo. Ci sono momenti in cui sembra essere al pari del suo collega Tokyo Magnitude 8.0, a volte sembra sorpassarlo; altre ancora non sembra essere nemmeno paragonabile. Al termine della visione ci si sente confusi, perché nonostante i punti a sfavore la narrazione riesce, ultimamente, a coinvolgere lo spettatore e a far leva sulle sue emozioni per donare una sensazione di completezza e commozione. Le varie sottotrame seminate durante il corso della serie vengono chiuse tutte in maniera splendida, nessuna esclusa. I simbolismi a cui certe scene rimandano sono indubbiamente potenti e appagano lo spettatore che ha prestato attenzione a certi dettagli e che vede i propri “sforzi” ricompensati nel gran finale dell’ultimo episodio.
Un altro dei meriti di Japan Sinks 2020 risiede nella rappresentazione variegata del proprio cast. Forse è quello più difficile da apprezzare, visto che alcune categorie rappresentate vengono rivelate in quanto tali in modo un po’ oscuro e di sfuggita; meno immediato rispetto ad altre caratteristiche che invece sono immediatamente palesi. Decisamente un altro punto a favore della serie.
In conclusione, Japan Sinks 2020 eccelle in alcuni aspetti e inciampa duramente in altri. C’è un’aria generale di frettolosità e imprecisione che aleggia per tutta la serie, come se si fosse messa troppa carne al fuoco. Effettivamente, se si volesse sviluppare per bene ogni spunto di trama si potrebbero tranquillamente ricavare dei lungometraggi. Il gore risulta non essere, alla fine, così necessario, ma più un contorno di cui a volte si può decisamente fare a meno.
La vera paura e ansia non vengono dalle brutali morti continue, ma dalla consapevolezza che queste catastrofi naturali possano accadere veramente. Il vero protagonista, ciò che veramente viene sottolineato e che brilla di più è l’elemento what if. Questo, unito ad uno stile di disegno che arriva a deformarsi assieme alle espressione dei personaggi durante i momenti più catartici dell’anime, è l’elemento che cattura il cuore dello spettatore e lo porterà a interessarsi al cast e ai loro destini.