Anche per Jason Bourne è arrivato il momento di tornare in scena.
A nove anni di distanza dall’ultimo capitolo, Matt Damon torna in uno dei ruoli più iconici della sua carriera cinematografica: Jason Bourne.
L’agente segreto senza memoria (prima di recuperarla in parte), al servizio di un’Agenzia di specialisti al comando della CIA, nell’arco di una trilogia ci ha raccontato tutto il suo difficile percorso prima per riappropriarsi della propria identità e in seguito per smantellare l’organizzazione di cui faceva parte, rivelando al mondo intero lo sporco sistema che si trovava dietro di essa. A quanto pare però per la Universal, ma anche per lo stesso Damon, che ama e crede molto nel personaggio, questa storia aveva ancora qualcosa da dire. Ecco quindi che l’attore americano viene affiancato al regista Paul Greengrass (insieme hanno anche scritto la sceneggiatura, coadiuvati da Christopher Rouse) per realizzare il grande ritorno di Jason Bourne in questa omonima pellicola appena uscita nelle sale.
L’avevamo lasciato fuggiasco e così lo ritroviamo, intento nel rimanere nascosto e il più lontano possibile da ogni tipo di riflettore, cercando di sopravvivere e tirare avanti nell’unico mondo che conosce, quello della violenza, tra combattimenti clandestini e affari di losco genere in giro per il mondo. Questo fino a quando una vecchia conoscenza, Nicky (Julia Stiles, già apparsa nel primo episodio The Bourne Identity del 2002) non lo ingaggerà in seguito alla scoperta di nuove importantissime rivelazioni, che scavano ancora più in profondità nel passato di Jason e allo stesso tempo gli ridanno una ragione per mettersi contro l’Agenzia, che sta azionando un complesso piano per acquisire una posizione di potenza strategico militare ancora più rilevante che in passato.
Ecco quindi gli ingredienti con cui si è deciso di giustificare un nuovo film di Jason: la possibilità di esplorare e sviscerare maggiormente il personaggio di Bourne, andando a scavare in quella parte di vita che ancora non era mai stata trattata, e dargli una nuova “nemesi” da contrastare, in uno spy-action movie che come mai prima d’ora utilizza da espedienti per tessere la sua narrativa, la tecnologia odierna, il web, i gps, e gli strumenti di controllo più o meno occulti che molto fanno parlare in questi ultimi anni a livello di etica e privacy. Dietro queste “novità” si nasconde un film sicuramente ben confezionato, che però attinge a piene mani dalla struttura di quelli precedenti. Parliamo quindi di un’opera dal ritmo frenetico, un Mission Impossibile senza cafonate di sorta, che rimane più sul verosimile, in cui è importantissimo non abbassare la guardia nemmeno per un secondo durante la visione, visto che il montaggio serrato alterna in rapida successione dettagli fondamentali per capire ciò che succede scena dopo scena. Insomma, è la solita caccia all’uomo che non ti lascia respiro e, fortunatamente, anche priva di tempi morti. In un continuo tentativo da parte di Jason e della CIA di essere l’uno un passo avanti all’altro.
Destrutturando il film e tirandone fuori la mera sceneggiatura, in effetti si scopre che questo Jason Bourne non ha chissà quale laboriosa e articolata trama da raccontare, e la sua complessità sta tutta nella nella descrizione didascalica e visiva del dettaglio, del momento, della dinamica in corso, con i dialoghi e ovviamente, con la messa in scena registica, che non mancherà di irrigidire (in senso positivo) lo spettatore con i soliti inseguimenti in macchina e stunt al cardiopalma. Ovviamente non può mancare un degno rivale che sia la versione speculare e negativa del nostro Matt Damon (che ci tengo a dirlo ha sempre un physique du rôle eccellente per la parte), e a tal proposito si è rivelata tanto curiosa quanto azzeccata la scelta di Vincent Cassel, davvero un ottimo predatore incattivito. Non me lo sarei aspettato. Chiudo gli elogi al cast segnalando anche la presenza della bravissima e meravigliosa Alicia Vikander, classico ruolo femminile di spicco che la bella attrice copre a dovere con grande personalità. Stavo però peccando con una dimenticanza imperdonabile: un Tommy Lee Jones totalmente in sintonia con la sua parte di cinico e brillante capo della CIA che darà la caccia a Bourne.
Tecnicamente il film è molto ben fatto e come da tradizione ci rimbalza da una parte all’altra del globo, mostrandoci ottimi scorci europei (compresa la nostra Roma) fotografati con lo stile e la precisione necessaria a inquadrare con puntualità tutta la densissima azione che la pellicola propone. Insomma, non sappiamo se questa sarà l’ultima avventura di Jason Bourne (anche se sappiamo che la Universal spera proprio di no), ma dobbiamo riconoscere che la sua quarta avventura non ha assolutamente il gusto del superfluo ed anzi corona con un ottimo epilogo (???) questa saga ormai decennale.