Jessica Jones, ovvero di quando il fumetto Marvel si scoprì sboccato e trasgressivo


Il fumetto di Jessica Jones
è stato l’ennesimo prodotto di un’epoca piena zeppa di novità, in cui dalle parti della Marvel (ma non solo) si respirava una certa voglia di cambiare, innovare e anche, perché no, una buona dose di insolenza. L’epoca a cui mi sto riferendo è quella che coincide, all’incirca, con la fine del novecento e l’inizio del duemila. Quel ponte tra due secoli che, a detta di molti, ha visto chiudersi la stagione della Marvel moderna e piantare i semi di quella contemporanea, quella del triplo salto carpiato al cinema, in televisione e dunque nella popolarità globale della Casa delle Idee, in poche parole della sua brandizzazione internazionale.

E, come tutti periodi storici dei comics, coincide con l’inaugurazione di un nuovo progetto editoriale e dal reclutamento di autori dal sicuro avvenire.

Tra loro, quello destinato a diventare un simbolo di quel concitato momento è Brian Micheal Bendis creatore, non caso, del fumetto più significativo di questa rivoluzione: Jessica Jones

Jessica Jones Fumetto 2

Jessica Jones è un personaggio decisamente fuori dal comune, come vi sarete accorti se avete avuto occasione di guardare e apprezzare la serie messa in cantiere da Netflix. Tuttavia, nonostante l’evidente qualità della produzione, capace di contare su attori di primo livello come Krysten Ritter e David Tennant, l’adattamento tv è solo un riassunto di quello che è davvero Jessica Jones, un riassunto perfino addolcito.

Difficile crederlo, non è vero? In fondo, sullo schermo appare come un’eroina complessa, piena di nevrosi, problemi (che annega spesso e volentieri nell’alcool), trascorsi difficili, spudorata, forte e orgogliosa. Ma quella che abbiamo visto non è che una sua versione mitigata, dovuta al fatto che il colosso dello streaming ha cercato di trasformarla senza troppi traumi in una figura da binge-watching, in alcuni casi riuscendoci e purtroppo in altri compromettendo la sua vera natura.

Se volete scoprire chi è veramente Jessica Jones e il fumetto che l’ha battezzata, dobbiamo fare un piccolo salto indietro ed esplorare il forte bisogno di ribellione che travolge la Marvel d’inizio millennio. Mettetevi comodi, la notte è lunga e per adesso l’agenzia investigativa Alias è senza clienti.

jessica jones fumetto

Ultimate Knights Marvel

Per capire il fumetto di Jessica Jones, dicevamo, torniamo all’inizio del 2000, cercando di superare indenni l’effetto nostalgia. La nuova era della Marvel la si fa coincidere, non a torto, con l’arrivo di un Editor-in-Chief dal grande carisma e dal fiuto indiscusso: Joe Quesada.

Quesada è un autore di straordinario talento che si ritrova, un po’ per caso e un po’ per merito, a ricoprire la carica di direttore editoriale dopo l’allontanamento di Bob Harras, un maestro del fumetto colpito in seguito da un’ingiusta damnatio memoriae nonostante abbia avuto il merito di tenere a galla la Marvel nella fase più difficile della sua storia, dopo l’esplosione della bolla degli anni ’90. Tuttavia, non poteva avere un successore migliore visto che Quesada aveva fatto sfoggio di importanti abilità dirigenziali, creando e dirigendo nel 1998 l’etichetta Marvel Knights, pensata come spazio sicuro in cui offrire ai lettori storie dal taglio più adulto e maturo.

Quando sbarca nell’ufficio all’ultimo piano, Quesada ha subito le idee chiare: tagliare i ponti col passato recente, fautore di una politica in cui l’eroe e il marchio erano al centro di tutto, e rimettere l’autore, l’idea e la creatività nella stanza dei bottoni. Per farlo, decide di reclutare tutta una serie di ragazzi terribili da inserire all’interno della casa editrice e di replicare l’ottimo esperimento di Marvel Knights, intuendo che la formula dei progetti fuori continuity può consentire agli sceneggiatori di liberare la propria verve senza farsi schiacciare dagli ingombranti trascorsi degli eroi.

Seguendo questa doppio binario, la sua strada si incrocia con quella di Brian Micheal Bendis, uno di quegli incontri destinati ad essere degli autentici turning point nella vita e nella carriera di entrambi.

Bendis
Brian Micheal Bendis

Bendis ai tempi è un talento fuori categoria che, dopo essersi fatto notare con storie dal taglio prettamente noir come Goldfish e Jinx, gravita nell’orbita dell’Image Comics, tant’è che Todd McFarlane (non esattamente uno qualsiasi) insiste per farlo lavorare su uno spin-off di Spawn, la sua creatura più famosa, chiamato Hellspawn.

Purtroppo, nonostante un buon inizio, Bendis interrompe i suoi lavori su questa serie perché oberato da altri impegni. Ha infatti ricevuto una telefonata da Joe Quesada e la proposta è una di quelle che non si può rifiutare, oltre che da far tremare i polsi: Spider-Man. L’idea è quella di riscrivere le origini dell’Amichevole Uomo Ragno di Quartiere e di portarle nel ventunesimo secolo.

Bendis, da sempre innamorato del Ragno, accetta e, con un tempismo che ha dell’incredibile, quasi nello stesso periodo comincia la produzione del primo, storico film dell’eroe guidato da Sam Raimi, incoronato regista della pellicola nel gennaio del 2001. Qualche mese dopo, ad ottobre, debutta il primo numero di Ultimate Spider-Man, scritto da Bendis e disegnato da Mark Bagley, un’autentica rivoluzione che darà vita all’Universo Ultimate, un’etichetta slegata dall’universo classico che rivisita character storici come i Fantastici Quattro, Iron Man, gli Avengers e gli X-Men e che sarà il trampolino di lancio di altre future star del fumetto come Mark Millar.

Jessica Jones Fumetto

Prima parlavano di rivoluzione, insolenza e addirittura strafottenza: Ultimate Spider-Man è tutto questo nei confronti della creatura di Stan Lee e Steve Ditko, tuttavia lo fa sottotraccia. All’apparenza, rispetta la tradizione e la onora trasportandola nel 2000, però la tradisce mostrando le differenze tra il mondo Ultimate e quello classico. Ad esempio, Peter viene morso da un ragno non radioattivo bensì geneticamente modificato, Goblin non è un pazzo mascherato  ma un “banale” mostro di due metri e passa frutto di un esperimento fallito, Gwen Stacy non è la solita figlia di papà ma un’adolescente ribelle dal passato burrascoso, ecc.

Una forte dose di realismo impregna il tessuto del mito e sembra quasi voler dirci: “sì, belli i fumetti ma la vita vera è un’altra cosa”. Ed è portandosi dentro questo spirito che Bendis dà vita al fumetto di Jessica Jones, l’avanguardia della sboccatissima e sfrontata etichetta MAX.

Jessica Jones, alias l’anti-fumetto Marvel

Bendis in quel periodo è, come potrete immaginare, l’autore di punta della Marvel. Dopo il successo di Ultimate Spider-Man, si trova sotto la luce dei riflettori e Quesada vuole sfruttarne al massimo il talento dandogli, di fatto, carta bianca per ogni suo nuovo progetto. Ed è allora che ritorna all’antico imboccando la via del noir a fumetti.

Ha in mente un soggetto in cui Jessica Drew, la donna ragno, si trova a gestire un’agenzia investigativa chiamata Alias e agisce in qualità di detective in un mondo sporco, decadente e oscuro, all’ombra di quello sfavillante e mitico dei supereroi. Solo che mentre continua si rende conto che la Jessica di cui stai scrivendo le (dis) avventure non è la Drew che tutti conosciamo, bensì qualcun’altro, una Jessica diversa.

Ed è ecco che tra le mani si ritrova un personaggio completamente e totalmente inedito, che decide di battezzare “Jessica Jones“. Per il cognome, si ispira all’abitudine di Stan Lee che puntava sull’assonanza tra nome e cognome ogni volta che dava vita ad uno dei suoi character. Il motivo, diceva, era perché così suonavano meglio durante la lettura e il pubblico tendeva a ricordarli. Oppure, potrebbe essere solamente un inside joke che il Sorridente si divertiva a fare con i suoi lettori, un modo per prenderli un po’ in giro e creare un marchio di fabbrica riconoscibile.

Jessica Jones Fumetto 3

In questa sua scelta, silenziosamente, Bendis sta ancora una volta oltraggiando la tradizione e l’eredità della Silver Age, esattamente come aveva fatto con Ultimate Spider-Man. Perché Jessica Jones è personaggio talmente anti-classico che a Stan Lee e Jack Kirby non sarebbe mai potuto venire in mente nemmeno per sbaglio.

Jessica è un’eroina mancata che ha provato e fallito la carriera di vigilante, è un’alcolista solitaria dalla mano pesante che non esita a mandare a quel paese (per un usare un eufemismo) chi incontra, anche se sotto sotto ha il cuore tenero. Ma è anche uno straordinario detective, nonostante il suo carattere poco hard-boiled, e dall’intuito innato, capace di risolvere misteri e trovare persone scomparse come pochi altri. Inoltre, possiede poteri incredibili come la superforza e il volo, che gli permettono di rivaleggiare con Golia e la stessa Jessica Drew. E questa sua diversità, questo suo DNA così inedito e particolare, rischiano in un primo momento di essere un problema per la Marvel.

Quesada non sa bene come pubblicarla, perché si tratta di un fumetto troppo adulto e maturo anche per l’etichetta Marvel Knights. Ed allora che, da bravo Editor-in-Chief, decide di crearne una ad hoc, appositamente per lei, la MAX Comics.

Un noir al Max

MAX Comics, nelle intenzioni di Quesada, dev’essere la naturale evoluzione del Marvel Knights e il suo superamento. Un’etichetta pensata per contenere solo ed esclusivamente fumetti per un pubblico smaliziato e maggiorenne, dov’è possibile attingere ad una lingua più fresca e autentica, anche volgare se necessario, senza limiti di sorta e dare spazio a progetti slegati dalla continuity e a miniserie con personaggi nuovi.

Per farvi capire la portata rivoluzionaria, questi fumetti vengono distribuiti direttamente nelle librerie e nelle fumetterie, evitando così che possano involontariamente finire nelle mani dei lettori più giovani. Inoltre, sulla copertina non compare né il logo della Marvel né (e qui sì che Quesada la tocca piano) il marchio del Comics Code Authority, ovvero la spade di Damocle che grava sui comics da quando lo psicologo Fredric Wertham li ha accusati di corrompere i bambini negli anni ’50.

Jessica Jones Fumetto 4

Del resto, sarebbe stato quantomeno ipocrita mantenere quella scritta sul fumetto di Jessica Jones e chi ne ha letto uno o visto la serie può intuire il perché. Un fumetto che debutta ufficialmente negli ultimi mesi del 2001 con i disegni di Micheal Gaydos e le suggestive copertine di Bill Sienkiewicz. Si tratta della prima uscita della MAX Comics insieme ad una mini con al centro James Rhodes, alias War Machine. E, a proposito di Alias, così si intitola la serie regolare di Jessica.

Una serie che, per mettere subito le cose in chiaro, comincia con quella che è a detta di molti la prima parolaccia mai vista in un fumetto Marvel, un poderoso e sonoro: “CAZZO!“.

Non un “CAZZO!” gratuito, per la verità, bensì perfettamente sensato e calato nel contesto, visto che l’ha detto un marito molto sconvolto dopo che ha appena scoperto, grazie alla foto scattate da Jessica, che sua moglie lo ha tradito. Si tratta, ovviamente, della situazione classica per eccellenza di ogni hard boiled che si rispetti. Ma siccome Bendis è Bendis, ecco arrivare il pugno nello stomaco: l’uomo, fuori di se dalla rabbia, aggredisce la nostra eroina per vendicarsi in maniera simbolica delle donne che sono “troie del cazzo, tutte”. Ma Jessica, senza fare troppi complimenti, lo scaraventa contro la porta a vetri della sua agenzia investigativa, chiamata appunto “Alias Investigation“.

Se avete visto la serie Netflix, questa scena vi sarà familiare. Tuttavia, è forse uno dei pochi punti in comune tra il fumetto di Jessica Jones e il suo adattamento, nonostante evidenti similitudini come l’acerrimo nemico: l’Uomo Porpora. Nei comics, Jessica è in realtà un po’ diversa, visto che non ha vicini di appartamento con cui scambiare qualche chiacchiera e le sue uniche amiche sono alcune sue ex colleghe del mondo supereroico, come la Jessica Drew a cui teoricamente è ispirata e Carol Danvers, l’attuale icona del girl power nel MCU.

A parte queste incursioni Marvel, Alias è tutto fuorché un fumetto della Casa delle Idee. Anche se di fondo ne condivide l’ambientazione e spesso si trova ad incrociare vicende legate ad altri paladini, come Rick Jones e Capitan America, quello in cui si muove è un contesto prettamente reale, privo di censura e limiti di alcun genere.

Per farvi qualche esempio, Jessica passa buona parte delle sue giornata a riflettere seduta sul water e si trova spesso a fare i conti con uomini e donne al limite della disperazione, casi di sparizioni drammatiche, ricatti e furti d’identità. Sulle orme dei migliori noir, il fumetto di Jessica Jones esplora le zone grigie dell’anime umano, solo che lo fa proponendo ogni tanto qualche spruzzata di supereroi Marvel. Ma solo un paio, attenzione, altrimenti si romperebbe l’incantesimo e da fumetto noir con un po’ di super rischierebbe di diventare un fumetto super con un po’ di noir.

Il segreto del suo successo sta tutto qui, nel tenere la bilancia sproporzionata sul lato hard-boiled e affini.

L’eredità di Jessica Jones

Il fumetto di Jessica Jones durò per 28 numeri poi, in seguito alla sua popolarità crescente, la nostra eroina sboccata traslocò su altre serie e divenne sempre più centrale all’interno delle complesse trame di Bendis sugli Avengers, perdendo di fatto la sua insolenza originale. Inevitabile, probabilmente, visto che Bendis era ormai il centro dell’Universo Marvel e questo lo aveva portato un po’ ad imborghesirsi. Tuttavia è commovente vedere come abbia avuto sempre dei riguardi nei confronti di questo personaggio e come lo abbia fatto evolvere, facendola diventare moglie e madre senza perdere un briciolo del suo esplosivo carattere.

Potremmo quasi dire che, dopo la sua fase di ribellione adolescenziale, Jessica Jones è diventata adulta e che alla fine è uscita dalla sua spirale trovando un rifugio tranquillo, un po’ come ha fatto il suo creatore. Però ha lasciato un’eredità non da poco.

Ad esempio, la linea MAX è andata avanti con successo per una decina d’anni permettendo a tanti altri personaggi di godere delle stesse libertà, come l’esageratissimo Punitore di Garth Ennis. Inoltre, ha dato l’opportunità a tanti autori di esplorare la propria fantasia senza vincoli di sorta e gli ha permesso di crescere professionalmente, prendendosi qualche rischio e qualche memorabile colpo alla testa. Esattamente come l’adolescenza, in fin dei conti.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!