Volti apatici che mostrano una felicità inquietante, ispirazioni dirette al body horror, surrealismo politico e tanti tantissimi colori piatti in acrilico. In più di dieci anni di carriera, il fumettista e illustratore spagnolo Joan Cornellà ci ha insegnato moltissimo sull’arte, sulla società e su di noi.
C’è una credenza popolare secondo la quale sconcertare e provocare disgusto sia una pratica fin troppo semplice e piaciona per raggiunge il successo. Un po’ per la naturale e incontrovertibile debolezza umana per la possibilità di vedere – eseguita da altre persone – quelle schifezze che, per quieto vivere, in società ci viene detto di tenere bada. O anche semplicemente perché il tabù e il conseguente superamento dello stesso sono cose che attirano molto facilmente l’attenzione. E poi, in tutto questo, c’è Joan Cornellà che con i suoi fumetti e i suoi quadri sovverte totalmente questo sistema (e un milione di altri).
Quello dello spagnolo, infatti, è un lavoro che va ben al di là del semplice esercizio di stile dello spostare l’asticella dello schifo per attirare qualche visita aggiuntiva ai propri canali social. Joan Cornellà opera su un livello immaginario, surrealistico e soprattutto tecnico totalmente opposto all’accomodante o al ruffiano. I suoi personaggi sono imbevuti di realismo sociale e distorti dal surreale e dal violento, incoerente e scorretto flusso di nefandezze che attuano e subiscono. Un’altalena tra la pulizia minimalista di tratto e colorazione e la totale brutalità anarchica con cui l’artista colloca azioni e persone in contesti che non sono altro che estremizzazioni di probabilità reali
Avere la faccia come il culo (e viceversa)
Citare le situazioni che Joan Cornellà mette in scena nelle sue vignette sarebbe assolutamente riduttivo dei brevissimi racconti che in pochi pannelli o – a volte – in tavole singole riesce a raccontare con una intuitività disarmante e al contempo affascinante. La piacevolezza della sua narrazione risiede proprio nell’immediatezza con cui arriva alla battuta e all’esasperazione del reale e di tutti quegli elementi che contraddistinguono la nostra epoca. Non è raro, per esempio, il riferimento alle e agli influencer e all’ossessione per la notorietà effimera, anche in contesti estremizzati e volontariamente drammatici o anche l’abuso di potere ad orologeria (spesso a danno di persone con il colore della pelle diverso) delle forze dell’ordine.
I personaggi di Joan Cornellà sono uomini e donne con sorrisi forzati e narcotici, che danno perennemente la sensazione di trovarsi di fronte a persone in evidente stato di alterazione da sostanze. La droga in questione è ovviamente la società tardocapitalista che li sfigura, li tramuta in aberrazioni con escrescenze tumorali o volti posizionati in luoghi dove non dovrebbero esserci. Sono razzisti e perbenisti violenti ma con un grande sorriso sulle labbra, un rassicurante ghigno con cui guardano in faccia loro stesse e loro stessi e lo schifo a cui la società dei consumi li ha portate e portati.
Tinte pastello e la vacua allegria del male
La cosa che forse più di ogni altra, a livello squisitamente tecnico, che rende efficace il lavoro di Cornellà – sia esso in una singola opera postata dall’autore sui social o in uno dei suoi libri di raccolte – è certamente la scelta estetica e cromatica operata.
Voler utilizzare colori in acrilico dalle tinte pastello, stesi in modo piatto e uniforme, è una dichiarazione di intenti molto precisa circa la connotazione stilistica che Joan Cornellà vuole dare. Si percepisce il riferimento a un immaginario vintage e contemporaneamente una evidente spersonalizzazione asettica dei personaggi coinvolti, come se l’autore volesse suggerire una normalità e una ricorsività delle situazioni che potrebbero succedere in un qualunque contesto occidentale e a maggioranza (percepita) bianca.
Il tratto e il colore, poi, pongono ulteriori accenti su quella dimensioni allegra e apparentemente felice data dai sorrisi di cui sopra. La pulizia assoluta delle forme e le tonalità vibranti e sature creano un forte contrasto con i contenuti messi in gioco, generando una dissonanza che rende ancora più forti le battute. Il male e il negativo della nostra società vengono svuotati di ogni grigiore e oscurità, finendo invece totalmente ricoperti da tinte solari che fanno penzolare i disegni a metà strada tra un libro di illustrazioni per bambini e un lavoro di illustrazione grafica raffinato. Un effetto di (contro)senso che contribuisce a dare a chi legge le opere un ulteriore riferimento per capirne il senso.
Il mondo pazzo e allucinato di Joan Cornellà si prende dunque allegramente (ma in modo estremo e violento) gioco del nostro, che è altrettanto fuori di testa e ormai lontano dalla sua stessa realtà. L’illustratore spagnolo, senza mezzi termini, porta con i suoi lavori degli spaccati di vita che ci sembrano immensamente lontani da noi per la gravità delle situazioni coinvolte, ma che invece ci sono straordinariamente vicini. Riflette sullo stato delle cose in un’epoca di apparenza e sentimentalismi finti dando ai suoi personaggi un’emozione unica, quel sorriso stralunato e folle di chi ormai è talmente disperato da non avere altre alternative se non ridere di sé e di quel che lo circonda.
Il mio consiglio, per concludere, è quello di recuperare i suoi libri e seguirlo quotidianamente sul suo profilo instagram.