I kami giapponesi sono divinità molto simili a quelle di altre culture
Li abbiamo incrociati spesso in anime, manga, videogiochi e anche nei nostri articoli sarà capitato di citarne almeno uno o due: i kami giapponesi sono tanti e in quanto divinità hanno influenzato praticamente da sempre la vita e la cultura giapponese, ancora prima dell’arrivo del Buddhismo nel Paese avvenuto nel VI secolo.
Ci si rivolgeva e ancora oggi si inviano preghiere ai kami giapponesi in numerose occasioni per avere il favore delle divinità, soprattutto in occasione delle festività che scandiscono l’anno giapponese: ad esempio per capodanno, lo Shōgatsu, tra le varie attività vi sono lo Hatsumōde (cioè la prima visita dell’anno al santuario) oppure l’offerta dei tipici kagami mochi sull’altare shintō allestito appositamente per le divinità.
Proprio lo Shintō è la religione cui appartengono i kami giapponesi, che si distingue dal Buddhismo per non avere un fondatore, un’unica divinità, dottrine specifiche o testi sacri. Invece sono giunti fino a noi scritti storici commissionati dall’Imperatore per legittimare la sua posizione di sovrano attraverso la narrazione della sua discendenza divina: prima il Kojiki nel 712, poi il Nihon Shoki nel 720, che raccolgono numerosi miti legati agli dei primordiali.
Le divinità da cui nasce il Giappone
Il mito della nascita del Giappone è uno dei primi raccontati in questi testi e vede protagonisti i due kami giapponesi Izanami e Izanagi, divinità ancestrali, rispettivamente femminile e maschile, da cui si è originata ogni cosa. Insieme, infatti, fecero sorgere dalle acque dell’oceano le terre con cui formarono poi il Giappone, allora chiamato Yamato, per poi stabilirvisi abbandonando il Regno dei Cieli.
In seguito al loro accoppiamento nacquero divinità di ogni tipo, kami a cui i giapponesi ricollegano gli elementi naturali del vento, degli alberi e delle montagne. L’ultimo figlio fu il kami del fuoco, che in quanto tale bruciò a morte Izanami e per questo venne ucciso subito dal padre. Come Orfeo con Euridice, Izanagi tentò allora di riportare indietro la compagna, che però aveva già mangiato il cibo degli inferi. Guardandola pur avendo promesso di non farlo, Izanagi scopre che Izanami è ormai un demone in putrefazione e questa, offesa e irata, gli scaglia contro le creature degli inferi per scacciarlo.
Una volta tornato in superficie, Izanagi sigilla l’ingresso del mondo dei morti, dividendolo per sempre da quello dei vivi, ed effettua il bagno di purificazione, dal quale nascono altri kami giapponesi, tra questi la divinità da cui poi si pensa discenda l’Imperatore: Amaterasu Oomikami è la dea del sole; poi vi sono Tsukuyomi no Mikoto il dio della luna e infine Susanoo no Mikoto, dio del mare e delle tempeste.
In particolare saranno Amaterasu e Susanoo al centro di ulteriori leggende, che spiegheranno fenomeni natuarali come le eclissi o avvenimenti dell’antichità che porteranno infine alla formazione del regno di Yamato. Al nipote Ninigi no Mikoto, infatti, la dea affida i tre tesori sacri simbolo delle origini divine dell’Imperatore: la spada Kusanagi no Tsurugi, la gemma Magatama e lo specchio Yata no Kagami.
I kami giapponesi, divinità tradizionali e pop
Queste citate sono solo alcune delle tante divinità che fanno parte dell’enorme cerchia di kami giapponesi, e sono sicuramente le prime da conoscere per saperle individuare anche durante la lettura o la visione dei nostri manga e anime preferiti. Lo Shintoismo influenza, infatti, la vita quotidiana giapponese ancora oggi sotto ogni aspetto, quello tradizionale come anche il lato più pop: Amaterasu, Tsukuyomi e Susanoo, ad esempio, sono i nomi delle tecniche oculari dello Sharingan in Naruto, ma la dea del sole appare anche nel gioco Oomikami in forma di lupo, mentre il dio delle tempeste compare anche in opere quali Inferno e Paradiso di Oh!Great o Orion di Masamune Shirow; Izanagi invece lo possiamo trovare, tra gli altri, in Persona 4 come persona del protagonista.
Ma la peculiarità di una religione come lo Shintoismo è di non impedire la presenza di altre fedi e culti ma, anzi, di permettere la convivenza piuttosto armoniosa di diversi credi, che in qualche modo hanno finito per mescolarsi tra loro, creando nuove correnti e sette ma anche nuove abitudini nella vita del popolo giapponese.
Una buona parte dei giapponesi, comunque, si mostra più o meno indifferente alla religione e compie gesti e rituali in quanto semplicemente radicati nel comportamento generale delle persone. E se ci fate caso, questo si riflette abbastanza in diverse opere che uniscono leggende autoctone, riferimenti biblici e precetti buddhisti. Un connubio possibile, a nostro parere, proprio grazie alle origini del Paese, in cui i kami giapponesi, qualsiasi essi siano, permeano tutte le cose permettendo l’inclusione di nuove forme di pensiero, fede e divinità senza giudizi.