Non chiamatelo librogame
Ken Follett’s The Pillars of the Earth è ormai disponibile per due terzi. L’intera “serie” è infatti divisa in tre “libri”, ognuno a sua volta diviso in capitoli. Interessante, innanzitutto, la scelta di usare la terminologia libraria per l’adattamento del bestseller di Ken Follett, che riesce a mutare in avventura grafica senza perdere il suo fascino da letteratura avvolgente.
Il romanzo, e di conseguenza anche il gioco, racconta della lotta intestina e civile tra nobiltà, clero e la nuova e dirompente borghesia, nel mondo vecchio e sofferente dell’Inghilterra feudale del XII secolo dopo Cristo. Le vicende si intrecciano a partire da diversi personaggi, inizialmente separati, destinati poi a conoscersi e, lentamente, assumere le reciproche redini di un destino comune. È una grossa sfida, questa, per una software house, persino scegliendo la forma più consona a questo tipo di operazione, un’avventura grafica ad altissima componente narrativa. Ma le scelte di Daedalic Entertainment, pur basate su, immaginiamo, un budget non altissimo, non sono tutte tra le più scontate.
La direzione artistica, composta delle due colonne di grafica e sonoro, è la prima bella sorpresa. Le musiche d’atmosfera accompagnano sempre efficacemente le scene che si susseguono a schermo, sia che si tratti di turning point, sia che si dialoghi semplicemente con uno dei tanti NPC in giro per villaggi e foreste. La grafica, certo, non è all’avanguardia, ma colpisce comunque l’occhio grazie a un cel-shading acceso, vibrante, ispirato, che risalta su sfondi pre-calcolati molto curati. Saltuariamente, forse un po’ troppo, si pone l’accento su primi piani e inquadrature ad hoc, durante brevi filmati o battute particolarmente importanti. Altre volte, invece, si lascia respirare l’ambientazione con totali e panoramiche, ampie e affollate ma non per questo confuse.
I controlli e la chiarezza delle diverse dinamiche di gioco volgono poi a favore del giocatore, e anzi vi consiglieremmo, specie a chi conosce almeno blandamente questo tipo di videogame, di saltare a piè pari il tutorial, perché non necessario. Muovendo con uno stick analogico il personaggio controllato, peraltro variante di capitolo in capitolo, con l’altro scorreremo gli oggetti dell’inventario. Tra quest’ultimi, oltre agli oggetti veri e propri, potremo trovare anche informazioni chiave, raccolte esplorando o chiacchierando, da riutilizzare per sbloccare conversazioni o enigmi ambientali. Anche questi non vi terranno mai impegnati sopra la soglia della frustrazione, anzi, non vi si avvicineranno mai, permettendo però a una vicenda dai ritmi non sempre adrenalinici di scorrere comunque fluidamente e, lo ammettiamo, in maniera appassionante. Chiudono il quadro le immancabili decisioni da prendere, che influiranno sulla trama “lavorandola ai fianchi”.
Cosa intendiamo con ciò? Che, come al solito, non vi è libertà di scelta che abbia ripercussioni trascendentali sulla storia. Ma è naturale, anche per il banale motivo che sarebbe titanico, se non impossibile, strutturare un gioco con bivi troppo radicali. Eppure alcune decisioni comportano, o almeno promettono, cambiamenti di status, relativi soprattutto a relazioni tra personaggi e assenze/presenze dei medesimi. Il giudizio è temporaneamente sospeso, in attesa del terzo e ultimo libro, in uscita il prossimo maggio 2018, ma ci spingiamo a dire che, sul modello più di Telltale Games che di Dontnod (ci riferiamo ovviamente a Life is Strange), il risultato raggiunto è già più che dignitoso, specialmente se consideriamo quanto delicato possa essere trattare un romanzo letto da milioni e milioni di lettori, dovendo appassionare un nuovo target senza stravolgere la fonte. Ancora non ci quadra molto l’obbligo di acquistare in un solo pacchetto i tre libri, non tanto perché non ne valga la pena, quanto perché tale non appartiene al genere delle avventure narrative seriali, tra le quali questo pittoresco I Pilastri della Terra di Ken Follett si inserisce a sorpresa con estro e capacità.
Verdetto
Libro 1 e Libro 2 convincono con un’avventura interattiva, seppur a ritmo non altissimo, appassionante e ben raccontata, anche e forse soprattutto per chi non ha letto il romanzo omonimo. Più personaggi si muovono lungo i fili dell’intricata ragnatela tessuta dal romanzo di Ken Follett, qui e là approfondita, altrove lasciata più in disparte. Daedalic Entertainment sembra saper trattare la materia con rispetto e, allo stesso tempo, restituire un certo senso di novità, impreziosito da una direzione artistica pregevole, con musiche d’atmosfera e un cel-shading da ammirare. Non resta che aspettare il Libro 3 e la conclusione della vicenda, prima del quale è impossibile promuovere del tutto un lavoro comunque distinto, sperando che le aspettative prospettate da tutte le scelte compiute sinora trovino una fragorosa risoluzione.